Il progetto Alchimia nasce nel 2015 dalla voglia di Emanuele Tito di far confluire nel Metal le sonorità mediterranee, quelle della sua terra. Da qui prende forma “Musa”, primo album per il quale Emanuele si è servito di musicisti di spicco del panorama italiano per registrarne le tracce. Lo abbiamo intervistato per approfondire i tratti della one man band e del suo primo capitolo discografico.
Ciao Emanuele, benvenuto sulle pagine di Metal In Italy. Prima di iniziare a parlare di “Musa”, disco d’esordio della tua creatura Alchimia, vorrei che mi parlassi di questo progetto. Quali i primi passi e soprattutto le motivazioni che ti hanno spinto a dargli vita?
Ciao Stefano, grazie a te e a Metal in Italy!
Il progetto nacque nell’estate del 2015 e in pochi mesi riuscì a delineare quelle che sarebbero state le tracce definitive di ‘’Musa’’. Ciò che mi ha spinto a realizzare questo disco è stata la mia necessità di sviluppare un suono che ricordasse particolarmente le sonorità mediterranee allo scopo di onorarle, inserirle in un contento metal e comunicare delle tematiche a me care, che sono quelle che poi ho inserito nei testi e che fanno parte del concept.
Perché hai scelto il nome Alchimia? Potrebbe essere, in qualche modo, riconducibile anche alle sonorità che proponi? Mi riferisco alla commistione di generi, che spaziano dal Death a parti più atmosferiche, dal Gothic al Folk.
Quello che “Alchimia” significa per me è molto ampio da spiegare e articolare in una sola intervista, quindi mi limito a dire che per me questa parola rappresenta un viaggio metaforico dell’anima.
Tu sei l’unica mente dietro la composizione, ma ti sei avvalso di musicisti di spicco del panorama italiano. Puoi raccontarci com’è nata la collaborazione con loro e perché li hai scelti?
Necessitavo di musicisti molto capaci, che riuscissero a suonare e arricchire le parti che avevo scritto per basso e batteria. Così mi sono rivolto a David Folchitto e Fabio Fraschini, direi che è stata una scelta ottima. Non solo hanno soddisfatto appieno tutte le aspettative, sono andati anche oltre ciò, sorprendendomi di traccia in traccia!
Il processo compositivo è già di per sé molto articolato, trasferire in note le proprie idee non è facile, come sei riuscito a farle recepire ai musicisti che hanno collaborato con te? Sono riusciti ad entrare nel mood di “Musa”?
Assolutamente sì. Ho prima avuto un approccio personale con ognuno di essi, dove abbiamo discusso a lungo di varie idee e, in seguito, ho indirizzato il loro lavoro fornendo dei riferimenti adeguati.
Per realizzare l’album la tua scelta è ricaduta sul PlayRec studio di Roma. C’è una motivazione ben precisa?
Oltre ad essere uno studio che ha già lavorato a progetti che seguivo e apprezzavo da tempo, ho avuto modo di lavorare negli anni passati con il mio caro amico e collega Gianluca Divirgilio, fondatore degli Arctic Plateau, il quale mi ha messo in contatto con Fabio Fraschini e da lì è nata la collaborazione.
Dal punto di vista lirico quali sono le tematiche che hai affrontato? C’è un filo conduttore che lega i brani tra loro?
C’è un collegamento fra un brano e l’altro, una sorta di concept alquanto criptico. Ho affrontato diverse tematiche, principalmente legate alla mia sfera emotiva, alle mie percezioni e sensazioni legate ad un periodo particolare.
Un artista è sempre legato a tutte le sue composizioni, ma c’è qualche brano che ritieni possa rappresentare al meglio l’essenza di Alchimia?
Mh, direi che mi è impossibile scegliere un brano in particolare, in quanto il disco è una sorta di sentiero che conduce in un punto in particolare. E ovviamente non posso sottrarre una parte del sentiero, altrimenti non si giunge a destinazione.
A luglio si è tenuto il release party di “Musa”. Quali sono state le emozioni di quella sera? Come sono stati accolti i brani che hai portato sul palco?
È stata una serata stupenda. Ero molto emozionato, ma assolutamente sicuro di me stesso: avevo lavorato molto alle prove, ovviamente, ma soprattutto ho cercato di controllare le mie emozioni e sono riuscito a farle esplodere nei momenti giusti. Il pubblico ha risposto alla grande, c’è stata una buona affluenza. Direi che non poteva esserci inizio migliore!
Tra il processo compositivo e la dimensione live, in quale delle tue ti trovi più a tuo agio? Credi che in Italia il pubblico sia ricettivo nei confronti del genere che proponi?
Direi che dipende un po’ da cosa provo in quel momento. Quando compongo è un po’ come se volessi mettermi in contatto con un qualcosa che giace dentro di me, nel profondo, mentre quando sono dal vivo è un po’ come se desiderassi condividere tale processo. A seconda di cosa sento, delle mie esigenze, mi trovo a mio agio in una delle due situazioni. È comunque estremamente soddisfacente sia il processo compositivo che l’andare sul palco. In Italia? Assolutamente sì! Quello che propongo io è una riscoperta delle nostre radici, ovviamente non solo al pubblico italiano. D’altronde anche dall’estero ho ricevuto molti apprezzamenti, le culture diverse affascinano sempre moltissimo.
Prima di concludere l’intervista la domanda è d’obbligo: cosa c’è nel futuro di Alchimia? Ci sono degli obiettivi che vorresti raggiungere?
Sono sempre stato una persona molto ambiziosa e credo che questa ambizione mi spingerà a fare sempre di meglio, accontentandomi molto difficilmente. Al momento sono impegnato nella promozione del disco e a breve porterò il mio progetto dal vivo in tutta Italia e anche all’estero.
Bene Emanuele, a te l’ultima parola…lascia un messaggio ai nostri lettori. A presto!
Confido nel pubblico italiano, vedo molta gente disposta a sostenere le band emergenti e tutto ciò è estremamente piacevole ed appagante e non posso far altro che ringraziare suddetto pubblico del supporto, che si tratti di venire ai live, di acquistare il merchandise o anche solo di una condivisione su Facebook!
Non lasciatevi sfuggire “Musa” e seguite il progetto Alchimia, ne vedrete delle belle, promesso!