Per qualcuno, questo è l’album della maturità. L’impressione che invece ho avuto io è che gli Arthemis siano ringiovaniti. Motivo per cui, parlare di progressione o regressione artistica, in questo caso non ha senso.
“Blood-Fury-Domination” è l’album della consapevolezza. E’ diverso.
In una recente intervista rilasciata a Metal In Italy (qui), il cantante Fabio Dessi ha pronunciato una frase molto interessante mentre spiegava cosa poteva essere considerato “diverso” dal passato: “Chi ci conosce, ci riconosce“. Sembra una banalità, invece gli Arthemis hanno avuto il merito di evolvere il sound rimanendo sul proprio binario, nel senso che l’impronta, il graffio, si riconoscono ma allo stesso tempo si avverte che qualcosa è cambiato.
C’è un brio particolare. In “Blistering Eyes”, ad esempio, la band si concede il lusso di un taglio sulla propria carta d’identità e s’immerge in un “vortex” di giovinezza che tiene conto anche della contemporaneità musicale globale.
Il “chi ci conosce, ci riconosce” lo troviamo anche “Into The Arena”, ma di fatto in quasi tutti i brani: una sorta di evoluzione pulita e non invasiva di quello che da sempre è stato il trademark della band.
Passionale la velocità di Tresca alla batteria in “Dark Fire” (pezzo che al modern thrash aggiunge anche dosi di epic), immensi i giochi alle corde di Terenziani e Martongelli: quest’ultimo alle prese con gli immancabili virtuosisimi che conferiscono nobiltà all’intero lavoro, come se fosse un testo da consegnare agli allievi che vogliono imparare a suonare la chitarra.
E’ probabile che se dovessimo chiedere ad ognuno di loro quale tra questi è il brano che preferiscono, avremmo quattro risposte diverse. Segno questo di un amalgama di quattro teste pensanti che, in base alla loro formazione ed al proprio gusto personale, hanno saputo navigare comunque nella direzione della band, restando coerenti con se stessi.
Innegabile ed unanime invece è il giudizio su un pezzo in particolare: “If I Fall”, che si scrive così ma si legge “Brividi”. Non è la solita ballad, è un manifesto.
L’intro ricorda un po’ “Influence Of A Drowsy God” degli Stone Sour, ma qui siamo su un altro pianeta. Siamo nella posizione di essere dei privilegiati, perchè Fabio Dessi ha voluto condividere questo nero su bianco, quest’unione tra voce e melodia, con chi almeno una volta nella vita si è sentito più in basso del fondo, con chi ha cercato di guardarsi attorno per rialzarsi. Tutti. E allora, gli Arthemis ci scuseranno se diciamo che, per quanto sia così intimista, “If I Fall” è di tutti e da sola vale l’intero album.