Sono musicisti che provengono da altre esperienze, ma amici da tanto tempo, i bolognesi Hell Obelisco puntano molto sull’alchimia all’interno della band, tanto che la decisione di fare a meno del basso in parte è dovuta anche alla volontà di mantenere intatto l’equilibrio. Sludge, Metal, Death, Grunge, tante le influenze, ma di base c’è la volontà di annichilire l’ascoltatore con riff violenti. Ne abbiamo parlato con Daniele “Doc”, chitarrista “6 corde” della band, perché Fraz preferisce la “7 corde”, con il quale abbiamo anche approfondito la conoscenza dell’album “Swamp Wizard Rises”, della situazione dei locali e delle nuove generazioni di musicisti.
Ciao Doc, iniziamo a parlare di questo progetto: da quanto siete attivi?
Siamo nati alla fine del 2015, tra ottobre e novembre. Eravamo tutti amici, ci siamo sentiti in estate e ad Andrea, il cantante è venuta l’idea. A settembre\ottobre abbiamo fatto la prima prova e abbiamo deciso di imbarcarci in questo progetto.
La formazione è rimasta sempre la stessa?
Si si, siamo nati così e finiremo così: io alla sei corde, Fraz alla sette corde, Albero alla batteria e Andrea alla voce.
È il vostro progetto principale o ognuno di voi ha altri progetti paralleli?
Andrea si dedica completamente agli Hell Obelisco, io e Fraz abbiamo gli Evilgroove, Albero il batterista suona anche con Tying Tiffany. Ad ogni modo portiamo avanti tutti i nostri progetti con la stessa intensità e partecipazione.
Venite tutti dallo stesso background?
Siamo tutti figli della musica degli anni ’80-’90, soprattutto ’90, ma abbiamo tutti influenze diverse: chi più stoner, chi più grunge, chi più death… ad esempio Andrea, ex Addiction, ha un background death metal abbastanza importante, Albero è legato molto alla musica Rock, il mondo Motley Crue ad esempio. Cerchiamo di mischiarci un po’ tutti, ognuno dà il suo contributo con il suo background e le sue influenze.
Riuscite a far convivere tutte queste diverse anime?
Quando si crea un gruppo, si tende sempre a tirare fuori un gruppo di riferimento: dai facciamo un gruppo tipo quelli, tipo questi… in realtà quando siamo arrivati li, ognuno ha messo il suo, non c’è stato un riferimento esterno, ognuno suonava alla sua maniera, abbiamo visto che funzionava e siamo andati avanti.
Infatti siete difficilmente etichettabili… diciamo una sorta di sludge\metal, se proprio vogliamo tirare un po’ le somme…
Si, diciamo che siamo molto violenti, però se uno togliesse tutta questa violenza, in realtà sotto c’è molto grunge, molto stoner, la batteria tira col 4 sempre rock ‘n roll, la voce death. Più che sul genere, ci siamo concentrati sul sound, abbiamo cercato di trovare una sonorità che avesse un impatto molto violento.
Ed è per questo motivo che non avete un basso in formazione?
Non abbiamo voluto un basso perché Fraz arriva e fa: “perché non proviamo a suonare ancora più bassi di quello che siamo abituati a fare?” e quindi ci siamo accordati in Sol# e quando abbiamo iniziato a suonare abbiamo detto: “beh, il basso adesso non è necessario”. Con il tempo i dubbi ci sono venuti in realtà, però l’alchimia che si è creata tra i 4 è così perfetta che non abbiamo voluto rischiare di comprometterla inserendo un quinto componente. Ormai siamo abituati a lavorare così, in registrazione poi il basso l’abbiamo messo, perché magari il fonico ha bisogno di quelle frequenze per creare un sound buono. In live Fraz fa i suoi giochini con un octaver sulla 7 corde per cui quelle frequenze le ributtiamo sul pubblico… e andiamo avanti così.
Vista l’alchimia tra i componenti, il songwriting come avviene? C’è qualcuno che se ne occupa regolarmente, i brani nascono dalle jam in saletta, o che altro?
Diciamo che il flusso compositivo è abbastanza standard: le chitarre sono quelle che portano gli elementi principali, arriva il riff, poi da li si parte. Chiaro che se, ad esempio, ad Andrea arriva l’idea, si parte da li, ma generalmente si segue il percorso standard: chitarre, batteria e melodia vocale. Poi ci sono quelle volte che arrivi in saletta, attacchi l’ampli, cominci a provare il suono, qualcuno ti viene dietro e per magia arriva il pezzo.
Veniamo alle note di colore: il nome del gruppo, da dove nasce?
Hell Obelisco… l’origine è meno esoterica e misteriosa di quanto si possa immaginare: l’idea è venuta ad Andrea, partendo da una serie TV, True Detective… c’è una città che si chiama El Obelisco, da li si è arrivati a Hell Obelisco che è piaciuto subito a tutti.
L’album, Swamp Wizard Rises, che vede la partecipazione di Tony J.J. dei Trasport League e Carmelo Orlando dei Novembre, è un concept? C’è un filo conduttore che lega i brani?
Non c’è proprio un filo conduttore; c’è più che altro un tema ricorrente: si parla sempre di natura (siamo un gruppo che ha a cuore le tematiche ambientali) in diversi modi. Se proprio vogliamo, il filo conduttore è che c’è sempre qualcuno che muore o una devastazione, sempre qualcosa di molto brutale, orrorifico. Dovrebbe risponderti Andrea che ha scritto tutti i testi, comunque tutto nasce da questo mago che sorge dalle paludi (Swamp wizard rises) e cerca di mettere in ordine la terra, ma crea un sacco di disastri.
Come sta andando?
L’album è molto giovane, è uscito a fine marzo, adesso bisogna trovare il modo di girare più dal vivo e fare più promozione. Siamo seguiti dalla Nee-Cee Agency, siamo contenti e piano piano bisogna che ingrani. Chiaramente non è un album pop, che la gente ascolta una volta e se ne innamora subito. Quando lo presentiamo dal vivo, comunque, la risposta c’è, si vede che piace… chiaramente quando il pubblico c’è, perché, come sai benissimo, l’affluenza non è altissima nel nostro mondo. Ad ogni modo riesci sempre a vendere qualcosina al merchandising, cosa assolutamente non scontata.
A questo punto, visto che l’argomento è venuto fuori anche dalle tue parole, non può mancare una domanda sull’argomento principe dell’ultimo annetto: la scarsa affluenza agli eventi. Secondo te qual è il motivo? La proposta non di livello dei gruppi, i locali che propongono format non accattivanti, la gente che non è più interessata al genere?
La risposta è quella più banale possibile: un po’ di tutto. Di band valide ce ne sono tante e, secondo me, vale la pena andare in giro a sentire quello che viene proposto nei locali e negli eventi.
Ti fermo subito: ci sono tante band valide oppure tanti bravi musicisti? Perché le due cose non sempre vanno di pari passo: l’essere dei bravi musicisti, non sempre sfocia in una proposta interessante.
È vero ci sono tanti bravi musicisti ma la proposta musicale non è sempre così valida, però, almeno io, da musicista, il piacere di andare vedere uno bravo che suona, anche se non fa cose che mi interessano particolarmente, non me lo voglio far mancare.
Pensi sia anche una questione generazionale? Alla fine siamo sempre noi tardo trentenni\quarantenni…
È vero, giovani ce n’è pochissimi. Qualche bella realtà però sta venendo fuori, c’è qualche locale che si è creato il suo pubblico. Per dirtene uno, a Imola c’è Ca’ Vaina che è un posto che quando propone la serata metal, 30-40 persone le attira, e non sono poche, in questo periodo… si vede che ormai gli imolesi sanno che lì si fanno le serate metal. Nel bolognese c’è stato proprio un buco, dal 2000 fino a pochi anni fa: non c’era proprio nessun posto dove andare a suonare, mentre adesso di posti carini, come Alchemica, Freakout tanto per citarne due. Certo il pubblico è ancora pochino, ma sono fiducioso in una ripresa. Uscendo un po’ ci sono anche dei gruppi giovani, ma veramente giovani, che suonano bene: mi vengono in mente i Prospective che fanno metalcore, di Casalecchio. Sono giovanissimi, sono bravissimi, hanno un seguito giovane… dai, c’è speranza.
LINE-UP
Doc – six sludge strings
Alex – behin the skins
Andrew – front row mammoth
Fraz – seven doomed and lowered strings
Discografia
Swamp Wizard Rises LP (2018, Argonauta Records)