Home Recensioni Novembre: “Ursa” – Recensione

Novembre: “Ursa” – Recensione

SHARE

Era il 1996 ed il sottoscritto aveva 15 anni. Affamato di tutto ciò che era metal facevo scorpacciate di riviste specializzate. Erano gli anni in cui stava per tornare in pompa magna il power metal, spadoni e borchie ovunque, cavalieri e dragoni spadroneggiavano insieme alle notizie delle prime scarcerazioni di vari musicisti black metal. Da vero appassionato della scena gothic ero molto incuriosito dai big europei del genere: Moonspell, Paradise Lost, Tiamat.
Ma del 1996 appunto, ricordo perfettamente le recensioni entusiaste di una nuova realtà tutta italiana che tanto piaceva anche all’estero, i romani Novembre. “Arte Novecento” aveva fatto parlare parecchio in primis per i suoi standard qualitativi molto alti ma anche per la produzione di un guru dei suoni oscuri, tale Dan Swano che fu un pioniere con Edge of Sanity e Nightingale di sonorità estreme unite a melodie oscure e passaggi progressive.
E di queste esperienze i Novembre ne fecero tesoro, evolvendosi e diventando negli anni la vera punta di diamante italiana ed internazionale di un certo modo di intendere ed interpretare il metal.
Il resto è storia che conosciamo tutti, “Classica”, “Novembrine Waltz”, “Materia”; successo e tour europei con i big del genere (Katatonia, Opeth ecc…).
La favola si interrompe però nel 2008 quando dopo il tour di supporto a “The Blue” la band si prende una pausa. Nel 2015 addirittura Giuseppe Orlando (batterista e membro fondatore, nonchè fratello di Carmelo) lascia la band e le speranze di riascoltare un nuovo disco a firma Novembre sembrano svanire. Finchè l’annuncio ufficiale verso la fine dello stesso anno che qualcosa si stava muovendo e che la band stava tornando con un album nuovo di zecca.

Nove anni di silenzio discografico sono tanti e questo Carmelo Orlando lo sa benissimo, per questo “Ursa” non poteva e non doveva essere un disco qualsiasi. Ed infatti (non ne avevo dubbi) l’ultima fatica dei Novembre ripaga in pieno l’ascoltatore. Il viaggio dei capitolini finalmente tocca la summa, le composizioni sono una vera e propria goduria, tutti gli angoli sono stati smussati e tutto scorre a meraviglia. Gli elementi del classico sound della band ci sono tutti, canzoni lunghe, melodie sognanti e strutture molto intricate. L’opener “Australis” fa capire a cosa stiamo andando incontro, un viaggio sonoro bellissimo e coinvolgente. Piene di elementi progressive sono “The Rose, “Umana” e “Easter” mentre ospite d’eccezione in “Annoluce” è Andres Nystrom dei Katatonia.

La melodia la fa da padrone, ma episodi più estremi non mancano, in questa direzione infatti si muovono “Agathae” e “Bremen” che spingono molto sull’acceleratore. Nota di merito per “Oceans Of Afternoon”, una gemma di rara bellezza, un crescendo di emozioni che mi ha colpito nel profondo, con un finale che azzarda addirittura il sassofono.

Esemplare la prova di tutta la band: alla batteria è stata arruolata la macchina da guerra del metal romano, quel David Folchitto che ormai a suon di prove maiuscole è diventato un vero e proprio riferimento per la batteria in Italia e all’estero; non era facile sostituire Giuseppe Orlando, lui ci è riuscito in maniera egregia. Massimiliano Pagliuso e Carmelo Orlando ormai sono rodati, le loro chitarre si intrecciano alla perfezione, la prova vocale di quest’ultimo è estremamente efficace, fa piacere l’uso molto più ampio di clean vocals che ne dimostrano la maturazione. Anche la produzione è eccelsa ed il contributo di Swano (stavolta in fase di masterizzazione) si fa ancora sentire.

Il metal tricolore (ed europeo) aveva bisogno del ritorno dei Novembre, nove anni sono tanti ma “Ursa” si fa perdonare, alla grande!