Non si finisce mai di imparare. E quando trovi una band che ti stupisce, inizi a coniare anche neologismi musicali.
E’ il caso degli OneLegMan che con il loro lavoro “Do You Really Think This World Was Made for You?” hanno creato, e forse non lo sanno ancora, un nuovo genere: il Prog-Core!
Se la terminologia può sembrare tanto esagerata, quanto incomprensibile, c’è assolutamente da prendere l’intero disco ed ascoltarlo.
Il punto è che non appena “the record is on”, già spunta il primo sorriso: basta una manciata di note per capire che l’album piacerà.
Il Prog-Core nasce dall’evidente tappeto metalcore sul quale si adagia gentilmente un cantato in stile progressive, che all’occorrenza si aggrappa allo screaming per conferire più incisività al pezzo.
“Do You Really Think This World Was Made for You?” è un lavoro elegante. Conserva quello charme nonostante in “OneLegDance” ci si abbandoni a sonorità da Freak Show. La differenza la fa il refrain che, come in questo caso, offre un crescendo vocale e musicale e dove la melodia recita il ruolo da protagonista.
Per certi versi, soprattutto per le creazioni iniziali di atmosfera, non credo di cadere in errore se cito le classiche intro alla Lacuna Coil. Un esempio è dato da “Bricks and Concrete”, singolo di punta dell’album e del quale adoro la batteria di Riccardo Pinotti, vero e proprio direttore d’orchestra, anche quando si tratta di accompagnare il breve assolo di un altrettanto bravo Riccardo Sassi alla chitarra.
Il punto di forza della band è racchiuso senz’altro nelle soluzioni vocali adottate dal cantante Cristian Ceccardi: in quasi tutti i pezzi la soluzione scelta è quella della doppia voce, in modo tale da non regalare un senso unico alla canzone, ma che appunto può spaziare su diverse linee.
Giusto rendere onore anche al lavoro al basso di Luca Bertani: incisivo in tutti i pezzi e conferisce loro la giusta profondità.
Gli OneLegMan sono una band esperta e questo lavoro risulta fin troppo serioso. Gli emiliani hanno fatto della precisione e della meticolosità nei dettagli la loro ragione di vita, per cui l’album manca di quella “sporcizia” che lo renderebbe memorabile. Chiaramente, questo è il loro stile e volerli vedere sotto un’altra veste significherebbe snaturarli, ma allo stesso tempo sono convinta che un approccio più grezzo ad una musica che non è nè soft e nè estremamente hard, possa essere un’ulteriore passo verso la perfezione.
“Obey” è infatti il brano dove meglio vengono evidenziate le potenzialità ancora da sfruttare: mi riferisco ad una maggiore cattiveria nella resa vocale, perchè qui c’è davvero tutto, quel Prog-Core a cui si faceva riferimento ed anche quell’inconfondibile matrice rock che scorre nelle vene dei nostri.
La track di chiusura “This Is Not The End” è quasi commovente. E’ uno sprone. E’ un invito a continuare. E allora, OneLegMan, continuate che la strada tracciata è davvero molto valida.