“Vanità” è un termine che ai giorni nostri aderisce pienamente all’edonismo, al voler apparire ad ogni costo, al “vendere” la propria anima pur di essere protagonisti, un viaggio negli inferi andata e ritorno, che viene descritto dai Requiem nel loro secondo album.
Stilisticamente i Nostri propongono un Horror Punk a forti tinte Rock, sempre energico ed arrembante, votato più all’aggressione che alla tecnica, fatto che si traduce in brani dalla struttura semplice, ma di grande efficacia e mordente. Dopo l’intro iniziale, con la title track “Vanità”, “La Setta” e la successiva “Marcia Funebre” inizia il viaggio attraverso un mondo marcio, una decadenza esistenziale che si traduce in autodistruzione fortemente voluta al solo fine di essere protagonisti di un mondo malato di carnalità e materialismo.
Le linee vocali di Rob Vizio, che si occupa anche della chitarra ritmica, sono sempre catarrose ed incisive, ogni singola parola viene scagliata come un anatema nei confronti di chi si abbandona ai vizi della società moderna. La sezione ritmica è sempre martellante, il drumming di Alvarez è possente e sottolinea la venatura Punk del songwriting dei Requiem, alla quale contribuiscono anche il basso di Armand Jesus, sempre presente e distinguibile, così come le parti soliste di Loray.
Come nella migliore tradizione infernale, è “Caronte” che traghetta verso la fine l’incauto viaggiatore, il signore del male si palesa con “L’Ombra Del Diavolo” e con egli viene firmato “Il Patto” con il sangue. Attraverso la consapevolezza ci si accorge che il viaggio ha comunque un lieto fine, “L’Alba Che Verrà”, ma non è un happy ending perché si tratta di un’alba di sangue, le ferite sono ancora lì e sanguinano. La discesa agli inferi, con la successiva risalita, si concludono con “Finché Morte Non Ci Separi”, ci si giura amore eterno, fino all’inferno, il tema della dannazione eterna torna così a giocare un ruolo da protagonista.
Cantare in italiano è per i Requiem un’ottima scelta, dal momento che le liriche dai toni forti riescono a fare maggiormente presa sull’ascoltatore, il tutto supportato dal resto degli strumenti che creano la giusta atmosfera di imperiosa epicità, come giusto che sia per i temi trattati.
“Vanità” è un album che verrà sicuramente gradito dagli amanti del genere, un disco ben realizzato e completamente autoprodotto dalla band.