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Sailing To Nowhere: “To The Unkown” – Recensione

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E’ una proposta interessante quella che arriva dai Sailing To Nowhere. Una combinazione di voci e atmosfere, esibizioni coriacee che hanno la facoltà di riportarci indietro nel tempo, di farci salpare su una “Perla Nera” immaginaria, inseguendo l’orizzonte, senza sapere dove andare.
Essendo un lavoro d’insieme, “To The Unknown” sembra essere un album concepito per essere inteso nella sua interezza delle parti. Mi spiego: la voce di Marco Palazzi, seppur intensa, non può prescindere dall’aggiunta di quella di Veronica Bultrini (che personalmente adoro, a mio avviso tra le migliori nel panorama rosa del metal italiano). E viceversa.
Stesso discorso vale per gli strumenti che si combinano alla perfezione, in un vortice di tecnica e di ricerca, ma non si può pensare che, ad esempio, chitarra e basso possano viaggiare sole senza l’apporto ritmico ed illuminante della batteria.
Insomma, “To The Unknown”, al di là dei gusti personali, rispecchia in pieno la dicitura “lavoro di squadra”, rendendo l’album un prodotto compatto, senza particolari difetti. In realtà questo album ha qualcosa
di estremamente accattivante che non mi riesco a spiegare.
Non vi è nulla di innovativo, ma quello che c’è, è stato fatto bene. E’ quasi ipnotico perchè è capace di catturarti pur nelle sue imperfezioni stilistiche. Prendiamo ad esempio la voce della già citata Veronica: un timbro interessante, non è la solita gothica che ci si potrebbe aspettare da un lavoro del genere, perchè ha quel retrogusto di dirty rock che andrebbe lasciato così com’è, senza effetti. O anche la scelta di optare per un back beat prima dell’assolo di “Fallen Angel” non credo sia propriamente azzeccata, ma dal punto di vista tecnico non gli si può dire niente.

Sono diversi i brani meritevoli di menzione: c’è ad esempio “Big Fire” che si profila essere il brano di punta per il suo refrain di facile memorizzazione e presa, anche se il manifesto dell’album potrebbe essere tranquillamente la track d’apertura, ovvero “No Dreams In My Night”, pezzo di forte intensità emotiva che lascia alla mente la libertà di immaginarsi l’oceano, le sue onde e la costa sulla quale andranno ad infrangersi. Belli anche i richiami esotici in “You Won’t Dare” e la chitarra protagonista nell’assolo della track omonima “Sailing To Nowhere”.
Avendo un debole per le melodie lente ed espressive, ho trovato “Sweet Rain” uno specchio per l’anima, un piccolo gioiello che illumina il fondale marino al passaggio della nave dei Sailing.
Chiude “To The Unknown” un’improbabile cover: “Left Outside Alone” di Anastacia, pezzo chiaramente rivisitato in chiave heavy, ma pur amando questa canzone e la voce di Veronica, non ho ben capito la sua collocazione all’interno di un album che pare voglia celebrare la solitudine dell’uomo in mezzo agli elementi, piuttosto che quella generata tra persone. Ma forse, anche questo è un “trucco da marinaio”!