Dopo essersi affacciati sulla scena con l’ EP del 2012 ed aver fatto palestra da palco per qualche anno, gli umbri True Lie danno alla luce il loro primo full length “At the first glare of a colder sky”, sotto la To React Records.
Il risultato è un poderoso connubio sonoro tra elementi metalcore e thrash, che a tratti colpisce per gli azzeccati innesti melodici. Non mi piace fare paragoni, ma è innegabile, all’ascolto di alcuni brani, non far riaffiorare alla mente sonorità collegabili a band del calibro dei Machine Head e Lamb Of God, ad esempio. Di contro balza all’orecchio una chiara personalità compositiva, il tutto assemblato da una produzione ottima, che in questo genere spesso risulta assai impegnativa, a causa della complessità delle parti a carico dei vari strumenti.
Ad aprire l’album è “As The Dawn Broke” che subito cattura e lascia sospesi con la melodia del suo intro, per poi subire una decisa sterzata, che definisce l’impronta del pezzo, con un impatto potente e veloce. Come accennato, non mancano le melodie, che danno come una boccata d’ossigeno, alla quale segue sempre una nuova, prorompente, violenza sonora. E’ questa la struttura fulcro di tutti i brani presenti in questo lavoro ed è proprio in questo ottimo mix stilistico che si forma il marchio distintivo dei True Lie. Va sottolineata la valida track “Will I (The Day I Stood Still)” in cui oltre alle ritmiche, possiamo restare abbondantemente soddisfatti dal lavoro delle chitarre, anche in ottica solista; lavoro solista che trova compimento soprattutto nell’assolo di “To Embers And Ashes”, pezzo quest’ultimo, che lascia una vago e amaro sentore di malinconia tra le linee vocali del ritornello.
Attraversando ottime composizioni, giungiamo all’ultimo atto di questo poderoso lavoro, rappresentato da “Mark Of Cain” in cui, alla velocità ed agli intarsi melodici di chitarre sempre originali e perfette, ancora una volta è la voce in pulito a rendere completa l’essenza della composizione. Album d’esordio molto valido in cui nulla è lasciato al caso, brani strutturati in maniera ricca sia nelle ritmiche, che nelle parti soliste. Non ultimo, meritevole di un elogio, è senza dubbio il lavoro vocale di Carlo Stefanucci, il quale ha saputo ben articolarsi tra growl e melodico.
Che dire? Siamo di fronte a tanto talento ed idee molto buone di una band, che anche se inserita nel contesto “Modern Metal”, sembra aver ben presenti quali sono le qualità del buon vecchio metal.