Il debutto discografico degli Eleventh Hour, ovvero “Memory Of A Lifetime Journey” (la recensione), è un album di pregevole fattura, che fa delle melodie, delle orchestrazioni, ma anche di parti più rabbiose, gli elementi fondamentali e caratterizzanti. Per parlare di questo lavoro, fortemente ispirato da una componente nostalgica, abbiamo rivolto alcune domande ad Aldo Turini, chitarrista e produttore, ed Alessandro Del Vecchio, cantante.
Ciao ragazzi, benvenuti sulle pagine di Metal In Italy! Come nascono gli Eleventh Hour e quali sono le tappe fondamentali della vostra carriera?
AT: Ciao Stefano e grazie per averci dedicato questo spazio su Metal In Italy, il progetto Eleventh Hour nasce da me e dal mio bisogno di concretizzare dei brani scritti in passato cercando di dargli un sapore “originale”.
Tra l’altro siete al debutto discografico, ma la band è costituita da musicisti navigati. Da quali esperienze provenite?
AT: Beh si, i musicisti che affiancano questo progetto sono tutti musicisti professionisti provenienti da generi e stili musicali diversi, io sono cresciuto con i pilastri del metal come Maiden, Metallica, Helloween, Dream Theater e molti altri gruppi che caratterizzato il mio modo di pensare e scrivere musica.
ADV : Io ci metterei tanto a scendere nei particolari! Posso semplicemente dire che in questo disco penso si senta tutta la mia esperienza sia come cantante ma soprattutto come autore. L’aver scritto e prodotto così tanti dischi mi ha aiutato ad affinare i miei talenti e penso che ne abbia giovato il disco e la band.
Parliamo di “Memory Of A Lifetime”, immagino che siate soddisfatti per il risultato finale. Non solo i fans, ma anche la critica e diversi colleghi musicisti hanno apprezzato la release. Quali sono i pregi rilevati da chi ha ascoltato l’album?
AT: Il riscontro è stato sopra le mie aspettative sopratutto dalle persone non avvezze al genere che si sono innamorati di queste canzoni e il cd è ormai è in continuo loop nei loro lettori. Il punto di forza è che non è un classico album metal sinfonico o prog o folk o power…c’è una miscela e una influenza di tutti questi generi che ha caratterizzato ogni singola canzone, tenendo sempre un filo conduttore nel sound e nelle scelte orchestrali.
Io lo trovo completo sotto ogni punto di vista: ci sono parti rabbiose, tanta melodia, passaggi introspettivi, come “Here Alone”, una track list molto dinamica. Ma qual è la dimensione nella quale vi sentite maggiormente a vostro agio?
AT: Io personalmente mi sono avvicinato molto al progressive in questi ultimo 10 anni, però mi piace dare sempre un sapore piacevole a tutti quei contro tempi… “Requiem From a Prison“ è l’esempio perfetto, così maledettamente bella, perché è una vagonata tra i denti che trova sollievo nel ritornello e nello special di organo!
ADV: Io di certo le ballad, proprio tipo “Here Alone” e “Back To You”. Il motivo per cui ho deciso di cantare su un disco metal è proprio perché Aldo mi ha presentato delle ballad a dir poco eccellenti. Normalmente non sarei propenso a cantare metal perché vengo dall’AOR, ma ancora di più vengo dal blues, quindi cantare power metal sinfonico mi attrae poco perché non mi sento molto adatto alla cosa. Ma quando ho sentito i brani di Aldo son rimasto di stucco e mi son detto “Ok non so se posso farlo, ma devo farlo!”
Tra l’altro proprio in “Here Alone” e “Sleeping In My Dreams” vi siete avvalsi anche della collaborazione della soprano Susanna Carboni. Come mai questa scelta stilistica e perché la scelta è ricaduta su questa artista?
AT: Susanna Carboni è una grande artista, un grande Soprano di Coloratura che arriva dai teatri, quindi dalle Opere e Operette, oltretutto è anche mia moglie, riuscendo a convincerla a dare il suo contributo per questo disco…se lei non fosse entrata nella mia vita, non avrei mai scritto “ Sleeping In My Dreams” appunto dedicata a lei.
Ho apprezzato moltissimo anche le parti orchestrali, si tratta di elementi fondamentali nell’economia del vostro sound. In alcuni passaggi emerge una vera e propria ambientazione cinematografica. Come avete realizzato queste orchestrazioni?
AT: La mia stima infinita all’arrangiatore Pino Carella che ha collaborato con me negli arrangiamenti orchestrali di tutti i brani, abbiamo lavorato molto in sincronia…io gli passai il brano grezzo con batteria, basso, chitarre, qualche parte di violino o flauto e linea vocale, lui sviluppò le sue idee di arrangiamento cercando di far vivere e fondere l’orchestra dentro al brano. Direi che ha centrato in pieno l’obiettivo, dando un sapore diverso ai brani, anche perché lui, arrivando dalla musica pop e dalla musica per film, ha esperienze musicali lontano dal metal, ed è stato proprio questo il connubio perfetto.
Ogni brano riesce a rimanere ben impresso nella mente, grazie ad arrangiamenti ben curati, soluzioni diverse tra loro che conferiscono dinamicità a tutto l’album. C’è una traccia che secondo voi rappresenta al meglio gli Eleventh Hour?
AT: “Memory Of A Lifetime Journey” è un album in cui il tema conduttore nei testi è quello del viaggio, inteso nelle sue varie forme, la copertina parla da sola! Vivendo ormai da 15 anni in Lombardia ho potuto tastare con mano la nostalgia dalle mie radici, dalla mia famiglia ai miei affetti ai miei amici, dalla mia Sardegna, tutte queste sensazioni, stati d’animo ed emozioni, sono racchiuse e ben custodite dentro questi 10 brani passando da “Long Road Home”, “Here Alone”, “Back To You”, “ Island In The Sun” e molti altri dedicati alla lei. Poi come ti dicevo prima, personalmente la canzone che sento più viva è “Sleeping In My Dreams“, perché oltre ad averla scritta per mia moglie Susanna, l’arrangiatore Pino Carella me la consegnò proprio la notte della nascita di nostro figlio Alessandro…scrivendomi questa frase “Ti ho fatto una sorpresa”. Sentimmo la canzone nella sala parto con un auricolare a testa, un emozione indescrivibile…poi capì cosa volesse dire Pino con quella frase.
Quali sono i vostri progetti futuri? Ci sono delle novità in arrivo per i prossimi mesi?
AT: Un nostro progetto è sicuramente riuscire a portare questo disco “Live”, vediamo cosa ci riserva il futuro.
A giudicare dalla qualità messa in campo, mi viene da pensare che in Italia ci siano tante band in grado di competere a livello internazionale con altri acts più blasonati. Perché il nostro Paese non riesce a valorizzare al meglio i propri musicisti?
ADV: Il discorso è molto lungo e difficile da affrontare. Io conosco tantissimi musicisti italiani incredibili, talentuosi e molto umili, ma di contro ne conosco tantissimi di spocchiosi, invidiosi e neanche delle cime in quel che vorrebbero fare. Penso che la vera rovina della scena italia sia dovuta anche a questa attitudine sbagliata che logora l’amore per la musica. E poi, veniamo da anni in cui i nostri dischi erano un pò bassini di livello e magari con l’inglese inventato e disastri di questo tipo, il che ha mostrato un lato molto amatoriale del nostro metal. Per fortuna poi band come Lacuna Coil, Labyrinth, Rhapsody e altri hanno alzato l’asta per tutti e ognuno ha fatto i conti con un vicinato con molto più valore.
Bene ragazzi, siamo giunti al termine dell’intervista. Lascio a voi il compito di concluderla nel migliore dei modi. A presto!
AT: Stefano ringrazio a te e tutto lo staff di Metal In Italy. Se volete seguirci e sapere le news andate nel nostro sito e iscrivetevi al nostro canale Facebook, Twitter e YouTube! Spero che il nostro Cd e la nostra musica possa entrare nelle case di ognuno di voi, farvi emozionare e poter trasmettervi quelle emozioni che solo la musica sa dare.
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