Lo avevano ampiamente annunciato Cristina Scabbia e soci, “Delirium” sarebbe stato l’album più oscuro e pesante della discografia dei Lacuna Coil, effettivamente la sensazione è proprio quella di trovarsi dinanzi ad un lavoro dalla vena profondamente gotica, ma che sferra al contempo bordate violente.
All’interno della band ci sono stati diversi cambi di line-up, che vedono adesso Ryan Blake Folden sedere dietro le pelli e Diego Cavallotti alla chitarra, questi almeno per il tour di supporto all’album, ma non sono sicuramente queste le motivazioni principali del “cambio”, parziale, di direzione, dal momento che i compositori della band sono rimasti invariati. In “Delirium” c’è una precisa volontà di rinnovamento, rimanendo però al contempo ben ancorati alla tradizione sonora: largo spazio quindi alla melodia, creata da chitarre, synth e soprattutto dalla voce di Cristina. L’aspetto vocale gioca un ruolo molto importante, perché da un lato Andrea Ferrò si concede qualche growl in più, assolutamente gradito, mentre la female vocalist predilige una timbrica decisamente più acuta.
Il lavoro delle chitarre ha subito un netto miglioramento, non solo a livello di resa sonora, ricordiamo che l’album è stato registrato ai BRX studio di Milano, con l’intervento in fase di mixing di Marco Barusso, ma anche per quanto concerne le soluzioni adottate. È così che al fianco delle progressioni di accordi distese, che in qualche caso mi hanno richiamato alla mente i Bring Me The Horizon, come in “Ghost In The Mist” e “Claustrophobia”, ci sono passaggi più quadrati e dal sapore quasi Djent. Il drumming di Ryan ha contribuito a rendere il sound più aggressivo, forte anche di una produzione cristallina e potente, al pari delle basso che trova il giusto spazio e gioca un ruolo da protagonista nell’economia della band.
Ad aprire le danze ci pensa “The House Of Shame”, da cui è stato tratto anche un lyric video, e si ha subito la sensazione di trovarsi all’interno di sanatorio: le atmosfere sono cupe, il synth iniziale introduce l’ascoltatore in un ambiente sinistro e malefico, sottolineato dalla voce di Andrea che sembra provenire direttamente dagli inferi. Solo in seconda battuta fa il suo ingresso Cristina Scabbia, con la sua voce distende l’atmosfera, creando così una dicotomia tra aggressività e melodia. Segue “Broken Things”, che stempera i toni e schiarisce in parte le tenebre nelle quali eravamo stati calati dall’opener, in questo caso nel riff più aggressivo troviamo qualche somiglianza con la traccia precedente, ma ci pensa comunque il refrain a colpire e rimanere ben impresso. La titletrack “Delirium” è sicuramente quella in cui il tema principale dell’album trova la sua massima espressione, in questo caso i ritmi sono più contenuti e dilatati, mentre i toni rimangono grigi e sinistri. “Blood, Tears, Dust” torna a colpire duro, anche qui sul cantato di Andrea troviamo qualche richiamo, in termini di riff di chitarra, ai primi due brani, una sorta di tema ricorrente che viene poi impreziosito, ancora una volta, dai passaggi della voce femminile e da una massiccia presenza di synth. Da sottolineare la parte solista di chitarra affidata a Mark Vollelunga dei Nothing More.
Rimanendo in tema collaborazioni, in “Downfall” troviamo anche Myles Kennedy, che interviene per lasciare la sua firma su una traccia di spessore, ma leggermente meno incisiva rispetto alle altre, forse perché votata maggiormente alla melodia ed a ritmi più pacati. Con una filastrocca sinistra irrompe invece “Take Me Home”, che viene successivamente ripresa da Cristina nel corso del brano, in questo caso fa bella mostra di sé il basso, in particolar modo sulle parti cantate da Andrea Ferro. Seguono “You Love Me ‘Cause I Hate You”, altra parentesi votata all’atmosfera più che all’aggressività, “Ghost In The Mist”, in cui la band torna a picchiare duro ed a rinforzare il concetto di album “Heavy”, “My Demons” che ci riporta invece in ambienti ai quali i Lacuna Coil ci hanno abituati nelle precedenti release, ovvero quelli melodici e meno belligeranti, qui è proprio Diego Cavallotti ad intervenire con la sua chitarra, così come “Claustrophobia” ha qualche elemento in comune con i già citati Bring Me The Horizon di “Can You Feel My Heart” e vede la partecipazione alla chitarra di Alessandro La Porta. Chiude la tracklist “Ultima Ratio”, composizione che, partendo da un incipit aggressivo, si sviluppa poi attraverso sentieri più agevoli.
I Lacuna Coil con “Delirium” sono riusciti a dimostrare ancora una volta il loro valore, hanno avuto la forza di cambiare, pur mantenendo in evidenza quelli che sono i tratti fondamentali del loro sound. Un bel salto di qualità, in termini di songwriting e di resa sonora, che contribuirà a portare in alto i colori del made in Italy all’estero.