Una data “cotta e magnata”, come si suol dire, in Indonesia ha aperto gli occhi su quelle che sono le possibilità che ci sono all’estero, ma soprattutto su quello che manca in Italia.
Per i deathsters di Roma il viaggio di un mese fa ha rappresentato l’apertura verso una porzione di mondo che ha trattato la musica e l’underground come un qualcosa di prezioso e di irrinunciabile.
Vero… I contesti sono diversi, ma il chitarrista Mario Di Giambattista sottolinea che il loro modo di trattare da rockstar chi invece in Italia non riesce a riempire le sale sia una grave pecca per l’Italia, dovuta a molteplici fattori.
L’intervista:
Ciao Mario, benvenuto sulle pagine di Metal In Italy. Ci sono tante novità in casa Devangelic, ma prima di parlare del futuro, vorrei approfondire il vostro viaggio in Indonesia. Avete supportato i Dying Fetus all’Hellprint, che esperienza è stata? Che accoglienza vi è stata riservata dal popolo indonesiano?
Ciao Stefano è sempre un piacere ritrovarci su Metal In Italy! Siamo tornati a casa da pochi giorni dopo un lungo viaggio che ci ha visti impegnati in un concerto nella lontana Indonesia di supporto ai Dying Fetus. Che dire è stato il nostro concerto più grande da quando è nata la band nel 2012 ed è stata sicuramente una esperienza che ricorderemo per sempre. L’accoglienza è stata incredibile sia da parte degli organizzatori sia da parte del pubblico; ci hanno trattato veramente alla grande, come vere “rockstar” e non abbiamo fatto altro che suonare al meglio per ringraziarli.
Sul palco ben 23 bands, avete avuto modo di confrontarvi con tante realtà diverse, l’organizzazione dell’evento è stata impeccabile o avete riscontrato qualche criticità nel gestire tanti gruppi?
Con così tante bands gli orari di esibizione sono un pochino slittati ma succede ovunque. Unica nota negativa che l’inglese non era parlato da tutti, quindi soprattutto in fase di soundcheck, abbiamo avuto piccoli problemi di comunicazioni ma nonostante questo dettaglio è andato tutto al meglio e l’organizzazione è stata ottima
Un festival estremo in un Paese tanto lontano dall’Italia, c’è una particolare affezione nei confronti di Death/Brutal e generi affini in Indonesia?
Negli ultimi anni l’Indonesia è diventata forse la nuova patria del metal estremo, principalmente brutal/death/grind, ma c’è una concezione diversa della musica in generale. Ci sono centinaia di gruppi, labels, distribuzioni che fanno girare quanta più roba possibile. C’è un gusto estremo nel ricercare la band più underground possibile e questo si rispecchia anche sugli eventi che organizzano. Ci sono tantissimi eventi che vengono proposti da quelle parti e non parlo di eventi in locali con 100 persone; la maggior parte sono eventi annuali open air come appunto l’Hellprint Day, dove ci siamo esibiti con i Devangelic, l’Hammersonic, il Bandung Sonic Fair (dove la settimana prima di noi si erano esibiti i Fleshgod Apocalypse) ecc, festival in cui ci sono più di 5.000 persone e ogni volta sono sempre stracolmi di persone. Ultimamente hanno aperto il mercato musicale anche a gruppi esteri, infatti sono sempre di più i gruppi stranieri che vanno nel sud-est asiatico per suonare e questo ovviamente per loro è molto importante poiché creano interesse anche per le loro realtà musicali; parlando principalmente del genere brutal death ci sono tanti gruppi indonesiani, thailandesi ecc che oggi vengono messi sotto contratto da etichette americane ed europee, cosa che fino a qualche anno fa era molto raro.
Credo che loro in questo momento stiano vivendo quello che per noi sono stati gli anni 90 del death metal; è tutta una scoperta nuova e credo che questo movimento crescerà sempre di più da quelle parti.
Non voglio alzare un polverone, ma ho notato dal tuo profilo Facebook che hai gradito particolarmente questo live, tanto da affermare che preferisci 20 ore di volo e suonare davanti a 5.000 persone che ti rispettano per quello che fai, senza le gelosie tipicamente italiane. Cosa succede nel nostro Paese sul fronte live? E soprattutto…c’è davvero tanta gelosia tra le band?
Domanda spigolosa ma che ovviamente ho piacere di rispondere.
Si, quanto ho scritto sul mio profilo personale è prettamente veritiero. Ho avuto la fortuna di suonare in tanti bei posti e bei festival negli Stati Uniti, in Europa ed ora anche in Asia e mi sono sempre trovato meglio a suonare fuori dal nostro Paese per pubblico, accoglienza, calore e supporto. Non dico che in Italia è tutto uno schifo, ho suonato anche in festival dove ci hanno trattato veramente bene, ma le organizzazioni qui da noi sono spesso grossolane, concerti con 4-5 gruppi che terminano alle 5 di mattina, backline impresentabile, fonici non all’altezza del genere che sbuffano quando gli chiedi di alzarti uno strumento nei monitor (poiché chi suona metal, secondo loro, non capisce nulla di musica), stanno li solo perché devono lavorare e perché vengono pagati (e non meriterebbero neanche quello), tendenza da parte dei gestori/organizzatori a voler solo ed esclusivamente guadagnare dalla serata senza offrire un minimo di comfort sia alla band che allo spettatore.
Mettiamoci anche il discorso del pubblico che si lamenta sempre sui social per i pochi concerti ma che poi non si muove mai o si muove solo ed esclusivamente per il gruppo big di turno, che per carità ci può stare come discorso, ma facendo così ne risente tutte la “scena”. E’ un circolo vizioso in cui le persone non vanno ai concerti, i concerti sono sempre di meno e quelli che ci sono tendono ad essere organizzati non al meglio poiché si vuole guadagnare e poi ci si lamenta. Credo che qui da noi non ci sia un vero e proprio interesse nello scoprire gruppi nuovi, ci basiamo solo su quello che ascoltiamo da anni; sono rari i casi in cui il pubblico va ai concerti poiché vuole scoprire un gruppo underground che non ha mai ascoltato e questo lo troviamo poi rappresentato dalle 20 persone di turno (amici e parenti) che ci sono spesso nei concerti appunto underground.
Una tendenza sbagliata che abbiamo qui da noi è ad esempio che, quando finisce l’esibizione del proprio gruppo, si prende la propria roba e si va via dal concerto (magari devono suonare ancora 2 gruppi dopo di noi), questo mi dimostra chiaramente un menefreghismo e poco rispetto verso gli altri come a dire “io il mio l’ho fatto, degli altri chissenefrega” e non ci si comporta così (per rispetto verso tutti i musicisti e pubblico presente).
Gelosia tra le bands? Sicuramente non sempre ma (almeno per esperienze personali) credo ce ne siano abbastanza. Chiaramente non posso fare di tutta l’erba un fascio però posso dirti che, passando molto tempo sui social per promuovere i miei gruppi, noto tanti comportamenti che mi fanno riflettere e pensare che alcune bands siano “scomode” ad altre. Noto un certo trend di alcuni gruppi che “supportano” solo ed esclusivamente bands estere oppure che di torna conto possono portare qualcosa al proprio gruppo (magari gruppi che hanno all’interno un membro che organizza concerti o magari ha agganci con etichette e promozioni ecc), questo a casa mia non è supporto sano ma è supporto d’interesse.
Io non supporto un gruppo italiano poiché quella band toglie interesse e visibilità alla mia? Niente di più sbagliato. Tutto questo in finale che vantaggio crea a chi si comporta così? Nessuno!
I vari commenti “grandi, bellissimo, da paura, orgoglio” chissà in che percentuale siano realmente sinceri. Spero ovviamente di sbagliarmi con quanto detto e di cambiare opinione col passare del tempo.
Avete avuto modo di interagire con i Dying Fetus, trascorrere con loro anche momenti di relax. Che persone sono? Da un punto di vista prettamente musicale cosa ci hanno trasmesso?
Sicuramente è stata per noi una grande emozione ed una bella esperienza. I Dying Fetus si sono dimostrate persone eccezionali (oltre che animali da palco). Ma non dimentichiamoci che sono persone normali come tutti noi. Quando abbiamo a che fare con un gruppo “big” tendiamo sempre a comportarci come se davanti avessimo dei super eroi. Sicuramente sono persone che meritano rispetto per quello che hanno creato e per il loro contributo musicale ma, in questi giorni trascorsi con loro abbiamo imparato (e ci hanno fatto capire) che, almeno loro, vogliono essere trattati come persone normali; abbiamo chiacchierato di tante cose, delle nostre vite personali, dei loro lavori (ebbene si anche loro hanno dei lavori extra musicali), dei loro hobbies, di come si coordinano tra loro prima dei tour ecc e ovviamente abbiamo fatto tesoro di tutte le informazioni e dei loro consigli su come portare avanti al meglio una band.
I Devangelic hanno più seguito in Italia o all’estero?
In parte mi spiace dirlo ma credo principalmente all’estero, almeno da quanto riscontro vedo sui social. La maggior parte di chi ci scrive, acquista merchandise, condivide i nostri post vengono principalmente dall’estero e questo mi fa pensare tante cose (mi ricollego facilmente alla domanda 4)
Parliamo del vostro futuro: state ultimando il nuovo album, ci sono due appuntamenti, ad ottobre uscirà un nuovo brano…quali sono le altre novità?
Si siamo in fase conclusiva delle pre produzioni; 9 brani sono pronti, ne manca 1 per terminare il songwriting ed arrivare ai 10 pezzi totali che comporranno il prossimo lavoro. Verso la fine di Settembre inizierò inoltre a fare la spola tra Roma e Cagliari, dove vive il nostro batterista Marco, con cui inizieremo a definire tutti gli ultimi dettagli strumentali; rispetto al debutto i tempi di composizione e arrangiamento sono stati decisamente più lunghi (considerando anche il fatto che viviamo in differenti regioni d’Italia) ma nonostante tutto siamo perfettamente nei tempi che ci eravamo prefissati. Siamo molto fiduciosi di avere tra le mani un ottimo prodotto (e speriamo lo sia anche per il nostro pubblico).
Per ripagare la lunga attesa rilasceremo nel mese di Ottobre un nuovo brano, registrato principalmente per presentare la nuova formazione. Sarà ovviamente una versione demo, nell’album verrà ri-registrata con i nuovi arrangiamenti.
Il brano sarà disponibile gratuitamente attraverso le nostre pagine; saranno stampate anche delle copie fisiche che regaleremo ai nostri prossimi concerti ed invieremo gratuitamente insieme a tutti gli ordini di merchandise che ci arriveranno da Ottobre in poi.
Mario ti ringrazio per la disponibilità, lascio a te le ultime parole, lascia un messaggio ai nostri lettori. A presto!
Grazie a voi di Metal In Italy per la gentilezza, la disponibilità e l’ottimo lavoro che portate avanti.
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