Partiamo dalla fine, o quasi. Un uomo solo al comando, luci soffuse, chitarra e microfono a spillo. E’ quel che resta degli Angra nel 2016: le note sono quelle di “Deep Blue”, la sua voce mi fa salire i brividi e non me lo aspettavo. Ladies and Gentlemen Rafael Bittencourt cantando e suonando da Dio in tre minuti tre ha giustificato in pieno il costo del biglietto della serata e questi tre minuti resteranno per sempre con me.
E potrei chiudere il report qui perché questa era la sua serata, gli Angra 2016 sono lui. Ma non sarebbe giusto nei confronti della band carioca, della formazione attuale e di quella di vent’anni fa che scrisse “Holy Land”. Già, “Holy Land”, uno degli album più belli ed innovativi degli anni ’90, il disco che ha spalancato le porte dell’intero globo ai ragazzi sbarbatelli di San Paolo. Tour mondiali e picchi di popolarità vastissima, poi il controverso “Fireworks”, lo split dolorosissimo da Matos, la rinascita, le conferme, un nuovo split e il ritorno in pompa magna col nostro Fabio Lione. Alti e bassi ci portano al 2016; quale migliore occasione per un tour celebrativo per i vent’anni di Holy Land? Bene, non potevo mancare! Li vidi dal vivo al Gods Of Metal 1999 e da allora, come detto, ne è passata di acqua sotto i ponti. Per mia natura non sono il tipo di fan che “se vabbe’ senza X alla voce non sono più loro”.
Provo sempre un enorme rispetto per i frontman che hanno un’eredità pesante alle spalle, li trovo coraggiosi e per questo godono della mia stima; certo la formazione è stravolta ed effettivamente la band di “Holy Land” non esiste più (solo Rafael e Kiko ma quest’ultimo stasera era assente!) ma gli Angra del 2016 non potevano avere una line-up migliore. Testimonianza: il live al Traffic di Roma. Locale praticamente sold out, giovani fans incontrano i vecchi fans (sono tra questi…sigh!) le band di spalla scaldano l’atmosfera nel migliore dei modi e gli Angra? Ci sono, eccome se ci sono! E ci danno dentro come forsennati. “Newborn Me” apre le danze e dopo un paio di pezzi in cui il suono si stabilizza ecco che finalmente parte l’intera esecuzione di “Holy Land”.
Ed è qui che purtroppo ti accorgi di qualche piccola differenza col passato; nonostante la grande prova di Lione ormai perfettamente a suo agio nel ruolo di cantante dei carioca, nonostante la presenza del funambolo percussionista Dedè Reis, nonostante Marcelo Barbosa non faccia rimpiangere Loureiro alla chitarra resta a mio avviso insostituibile quello che era il vero motore live degli Angra old-school, il duo Mariutti-Confessori. Quella sezione ritmica da paura, precisa, tecnica e potete manca. Non è una critica, gli anni passano e i membri cambiano ma è comunque un dato di fatto.
Tuttavia il concerto è coinvolgente e godibilissimo: il pubblico partecipa (tranne quei 30/40 che si divertono con gli onnipresenti smartphone facendo le dirette su Facebook…e pensare che io mi diverto ancora a scapocciare e a calare birra! La chiudo qui, contenti loro) e canta a squarciagola “Nothing to say”, “Silence and distance” e a ruota il capolavoro “Carolina IV”. Anche io l’ho cantata a squarciagola, spero che nessuno vicino a me abbia sentito il mio patetico e malriuscito falsetto!
Apoteosi del suono etnico e progressive con le successive “Holy Land” e “Shaman”, toccante come sempre “Make Believe” e travolgente il superclassico “Z.I.T.O”.
Poi arriva quel momento che non mi aspettavo e mi rendo conto in soli tre minuti, quei famosi tre minuti, di come è stato bello aver vissuto un ventennio e più di metal. I tuoi idoli, chi più chi meno, sono ancora sopra un palco e hanno ancora la capacità di emozionarti, di farti salire quel brivido lungo la schiena.
“Holy Land” finisce, spazio ancora per qualche classico, “Time” (sempre bellissima) e “Nova Era”, poi si chiude il sipario. Esco, ennesima birretta, due chiacchiere con i compagni di avventura (Silvia e Stefano… Metal In Italy al completo!) e foto d’obbligo con l’eroe della mia serata romana, Rafael Bittencourt. Direi che posso ritenermi soddisfatto.
Ancora oggi, dopo 20 anni Obrigado Angra!
La gallery a cura di Stefano Mastronicola:
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