L’idea alla base del progetto Scuorn è quella di coniugare il Black Metal con la tradizione partenopea, non soltanto dal punto di vista musicale, con l’uso di strumenti che appartengono ad essa, ma anche sotto il profilo lirico, con testi che affondano le proprie radici nei miti e nelle leggende di questa terra. Giulian, mente della band, ha condotto studi in tal senso, anni trascorsi ad approfondirli, culminati con la pubblicazione del primo album “Parthenope” (la recensione). Terminato il tour italiano nei mesi scorsi, partirà a novembre il “Parthenope European Tour 2017”, in compagnia dei Pàrodos.
Ciao Giulian, benvenuto sulle pagine di Metal In Italy. Lo scorso Marzo si è concluso il “Parthenope Italian Tour 2017”, al termine di questa esperienza ti ritieni soddisfatto per l’accoglienza del pubblico?
È stato un tour davvero fantastico, il primo per Scuorn a livello nazionale. L’accoglienza del pubblico è stata grandiosa al Sud come al Nord, grande partecipazione durante gli show e tantissimi feedback positivi dopo le nostre esibizioni. Non potremmo esserne più soddisfatti.
Hai avuto modo di farti conoscere tanto al Sud quanto al Nord, hai notato delle differenze? Mi riferisco al fatto che nel primo caso si ha sicuramente più familiarità con le sonorità della tradizione partenopea…
Da questo punto di vista, sia al Nord Italia che al Sud, ho avuto modo di riscontrare con enorme piacere una grande curiosità non solo intorno al progetto Scuorn, ma anche rispetto alle tematiche trattate dal concept di “Parthenope”. Per chi aveva già sentito parlare delle diverse leggende presenti nei brani dell’album, è stata un’ottima occasione per andare ad approfondirle e riscoprirle sotto una nuova luce, mentre per chi si trovava per la prima volta a contatto con la cultura partenopea, un modo diverso di ampliare la propria conoscenza in materia.
Avrai sicuramente raccolto dei pareri in merito al debut album “Parthenope”, qual è stato quello che ti ha maggiormente colpito?
I pareri raccolti sono stati molteplici e da ciascuno di essi ho cercato di imparare qualcosa, soffermandomi non solo sugli aspetti positivi evidenziati, ma sopratutto su quello che può essere migliorato. Il feedback generale sull’album, sia in Italia che all’estero, è stato eccezionale, superiore a qualunque aspettativa, sia in riferimento alle recensioni degli addetti ai lavori che alle parole di chi ha ascoltato l’album. E ne sono davvero fiero.
Noi ci siamo visti per la data romana, il pubblico era numeroso, ma dalle foto ho notato che anche negli altri casi il successo è stato grande. Secondo te dipende dalla particolarità della tua proposta o, più in generale, ritieni che se una band è valida, il problema della scarsa affluenza ai live venga superato facilmente?
A prescindere dall’affluenza live, quello che conta è che chi venga al concerto, tanti o pochi che siano, dedichi attenzione alla proposta della band che si sta esibendo (evitando di passare l’intera serata fuori il locale a bere e fumare), e se ne ha la possibilità, se di suo gradimento, la supporti acquistandone il merch. Personalmente non mi interessa suonare davanti a centinaia di persone, ma piuttosto la mia priorità è trasmettere qualcosa a quei pochi che sono li ad ascoltarti con attenzione e partecipazione durante lo show, e che magari hanno fatto tanti chilometri per venire. La più grande soddisfazione durante questo “Parthenope Italian Tour 2017” è stata proprio la partecipazione di chi era li sotto il palco a sentirci, in tanti sono venuti a salutarci dopo il live e a supportarci acquistando l’album, segno che evidentemente il concerto gli è piaciuto e che siamo riusciti a trasmettergli qualcosa.
In due occasioni hai condiviso il palco con i Rotting Christ, hai avuto modo di confrontarti con loro o magari hanno espresso un parere sulla musica che proponi?
Siamo riusciti a scambiare un saluto veloce ed una foto con Sakis e i suoi solo dopo i due live di Bari e Roma, incontrandoci quasi per caso in autogrill sulla strada per la nostra data di Padova, mentre loro erano diretti a Bologna. Si sono dimostrati molto disponibili, dal vivo poi sono una vera macchina da guerra, è stato un onore poter condividere il palco con una band leggendaria come i Rotting Christ.
Veniamo al tuo album: in “Parthenope” hai unito Black Metal, elementi folkloristici, strumenti tradizionali, miti e leggende appartenenti alla tradizione della tua terra. Come sei giunto a questa formula?
L’idea nasce dal voler rappresentare la storia e la cultura partenopea in chiave black metal, attingendo da svariate influenze parte del mio background che vanno dal folk, al symphonic o alla Canzone Classica Napoletana, cercando di proporre un progetto ed un album che avesse un sound quanto più unico e distinguibile possibile. Da questo punto di vista, tutto viene creato mantenendo una linea guida univoca che sia quanto più coerente possibile con quanto appena detto, curando nei minimi dettagli la composizione, il visual, le tematiche dei testi ed il sound affinchè il tutto sia omogeneo e quanto più distintivo possibile, nel tentativo di rappresentare in maniera puntuale e dignitosa il folklore della nostra magnifica città.
Personalmente sono convinto che la tua proposta sia validissima, ma voglio fare l’avvocato del diavolo: hai mai pensato che il legame così stretto alla cultura partenopea possa rappresentare un limite per Scuorn?
Sinceramente più che rappresentare per me un limite, lo trovo un elemento a favore. Se parliamo di Italia all’estero, fatta eccezione per tutto ciò che è legato all’Impero Romano e alla storia di Roma, l’Italia viene molto spesso collegata o rappresentata con elementi presi in prestito dal folklore partenopeo, senza contare che la Canzone Napoletana è famosa in tutto il mondo da secoli ormai. In campo metal poi, grandi bands quali Negura Bunget o Taake sono un precedente importante a conferma del fatto che se il progetto è valido, non esiste barriera culturale o linguistica che tenga. Spero sia lo stesso anche per Scuorn. Con l’uscita di “Parthenope” ho ricevuto ordini da paesi come Russia, Chile, Australia, China, Giappone, U.S.A, è stata davvero una grande soddisfazione.
Che tipo studi e ricerche hai condotto in questi anni per approfondire sonorità tradizionali e testi con riferimenti leggendari?
Il lavoro di ricerca è durato alcuni anni, ho acquistato diversi libri sulle origini e la storia di Napoli in epoca greco-romana, approfondendo le tematiche che reputavo adatte all’album con ulteriori ricerche on-line. L’approfondimento di ciascuna leggenda non è stato semplicissimo, spesso il materiale bibliografico a riguardo risultava scarno o difficile da reperire. Ma con pazienza sono riuscito a raggiungere il livello di approfondimento che reputavo necessario per poter rappresentare ciascun soggetto e leggenda in maniera soddisfacente e puntuale.
Sia in fase di registrazione, sia in occasione dei live, ti sei avvalso della collaborazione di ottimi musicisti. Secondo quali principi li hai scelti?
La componente tecnica è sicuramente un aspetto importante per poter suonare dal vivo rispecchiando quanto fatto su album. Libero Verardi e Marco Gaito dei Disturbia e Francesco Del Vecchio dei Paròdos sono a mio avviso tra i migliori musicisti metal in Campania. David Folchitto poi non ha bisogno di presentazioni, è una leggenda del metal italiano ed uno dei migliori batteristi in circolazione. Tuttavia, la sola tecnica non basta. In tour si passa molto tempo insieme e la componente umana e caratteriale è fondamentale quanto se non più di quella tecnica. Siamo molto amici e ci divertiamo da matti quando siamo insieme. Questa è la cosa più bella a mio avviso.
In studio, per le parti narrate relative ai diversi personaggi del concept di “Parthenope”, ho avuto l’onore di collaborare con Daniele “Ogre” Cristiano dei NoFuck, Marco “Wolf” Lauro dei Gort, Diego Laino degli Ade, Tina Gagliotta dei Poemisia e Libero Verardi dei Disturbia. Sono stato estremamente soddisfatto di quanto con il loro talento sono riusciti ad impreziosire l’album. Mentre per quanto riguarda le orchestrazioni, il lavoro svolto da Riccardo Studer degli Stormlord è stato fenomenale. Le atmosfere epiche, e spesso anche drammatiche ricreate dalle varie sezioni orchestrali, riescono a far tornare l’ascoltatore indietro nel tempo, dando all’intero album la connotazione temporale ed emotiva che cercavo.
Quali sono i progetti per il futuro? Ci sono altre iniziative a supporto di “Parthenope”?
A Novembre inizia il “Parthenope European Tour 2017”, finalmente torneremo on the road con i nostri fratelli Pàrodos, per la prima volta all’estero, con 9 date in 8 diversi paesi: Svizzera, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria, Ungheria e Croazia. Sarà un’esperienza grandiosa e non vediamo l’ora di portare Scuorn e “Parthenope” dal vivo anche oltre i confini nazionali.
Queste le date ufficiali del tour:
10/11 – Citrons Masqués – Yverdon-les-Bains (CH)
11/11 – Gleisberg – Löberschütz (DE)
12/11 – Rudeboy – Bielsko-Biała (PL)
14/11 – Blackland – Berlin (DE)
15/11 – Parlament Club – Plzeň (CZ)
16/11 – British Rock Stars – Bratislava (SK)
17/11 – Sub – Wiener Neustadt (AT)
18/11 – Route 66 Baràti Klub – Budapest (HU)
19/11 – Mario Bar – Bjelovar (HR)
Nel 2018 ci aspettano altri live in giro per l’Europa, tra cui la prima data già annunciata all’Eradication Fest di Cardiff a Maggio con Extreme Noise Terror, Avulsed, Blood Red Throne, Fen, Grà e tanti altri.
Grazie Giulian per il tempo che mi hai dedicato..come di consueto su Metal In Italy, l’ultima parola spetta a te, lascia un messaggio ai nostri lettori. A presto!
Un saluto a te Stefano, a tutto lo staff di Metal In Italy e a tutti i vostri lettori. A presto.
“Parthenope” è disponibile a questo link.
Photographer: Martina Santoro