Home Interviste Acidity: “Volevamo fare metal nella maniera più ignorante possibile”

Acidity: “Volevamo fare metal nella maniera più ignorante possibile”

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Il loro album ci è piaciuto molto. Gli Acidity sono piombati sulla scena con l’album “Into The Lies” (la recensione) che ha soddisfatto anche i più nostalgici del metallo pesante, a dispetto tra l’altro di una freschezza anagrafica che avrebbe potuto tranquillamente farli dirottare su generi, per così dire, più “teen”.
Noi di Metal In Italy abbiamo voluto approfondire la conoscenza. Ed eccovi servita l’intervista alla band!

Benvenuti agli Acidity su Metal in Italy! Allora, ragazzi, cominciamo con il presentare la band ai nostri utenti: vi siete formati nel 2010, avete pubblicato due demo e poi il vostro debutto sulla lunga distanza, “Into the lies”, lo scorso anno. Vi va di raccontarci la storia dei vostri esordi e di descriverci i vostri due demo?

Siamo nati come un gruppo di amici con la voglia di suonare e fare metal, nella maniera più ignorante possibile. I primi concerti infatti sono stati disastrosi, ma carichi di alcool e passione! Pian piano le cose si sono fatte più serie, il primo demo rispecchiava lo spirito disastroso dei primi tempi, con l’ep “Hidden Oppression” abbiamo dato maggiore identità agli Acidity, e nel full lenght abbiamo affinato la tecnica e il suono per arrivare a ciò che gli Acidity sono adesso, ma in fondo lo spirito marcio dei primi tempi rivive sempre in noi.

La band, nel corso del tempo, ha subito alcuni cambiamenti; infatti, avete iniziato con il monicker Parasite e avete sostituito il vostro primo batterista. Cosa vi ha spinto ad effettuare queste modifiche? C’erano divergenze artistiche e/o di carattere personale con il precedente drummer?

Il vecchio batterista non era più appassionato alla musica quanto lo eravamo noi, perciò il cambio di lineup è venuto piuttosto naturale, ma per fortuna ne abbiamo trovato subito un altro, Simone Cibrario, ora colonna portante della band!

Ho notato che avete deciso di passare dalla soluzione a due chitarre alla scelta di un chitarrista unico. Quali sono le ragioni di questa decisione? Il risultato finale dell’album dimostra che in studio non c’è alcun tipo di problema, anzi! Potrebbero, invece, sorgere delle difficoltà in sede live, soprattutto in termini di compattezza sonora. Dal vivo vi avvalete dell’aiuto di un secondo chitarrista oppure una sola chitarra basta e avanza?

Al momento andiamo avanti con una sola chitarra, e basta e avanza! Siamo arrivati a ciò poiché Matti, che prima suonava e cantava, non riusciva a fare entrambe le cose in maniera soddisfacente, perciò ha preferito concentrarsi sulla voce.

Passiamo all’analisi di “Into the lies”: io credo che il disco sia davvero eccellente, sia dal punto di vista tecnico/compositivo sia per quanto riguarda la produzione. Come sono nate le canzoni? Avete un songwriter abituale oppure collaborate tutti al processo di elaborazione e creazione?

Grazie mille! Le canzoni sono nate tutte piuttosto spontaneamente nel corso di un anno. Steeler o Casta (rispettivamente chitarrista e bassista) propongono un riff o un pezzo completo e tutti assieme si lavora per affinarlo. Ciascuno, col proprio orecchio e con le proprie influenze (che sono molto varie tra di noi), mette il suo, ed il risultato è il sound Acidity!

Secondo me la produzione è ottima, perché valorizza tutti i componenti della band e rende il sound potente, compatto e corposo. Il suono delle chitarre, poi, rimanda direttamente al Thrash degli anni Ottanta, essendo piacevolmente “scuro”, tagliente e affilato, come il maestro Rasmussen insegna. Chi ha prodotto l’album? Siete soddisfatti del risultato finale o cambiereste qualcosa?

L’album è stato prodotto dalla Nightbreaker Productions di Alex Panza (ex Walpurgis Night, Endovein) e Marco “Swolley” Panzanaro (ex Endovein) presso i loro Nebula Studio. Sono nostri cari amici e il nostro album è stato il primo progetto dell’etichetta, il tutto è perciò stato fatto piacevolmente in famiglia lungo numerosi weekend. Noi siamo soddisfatti al 100% del lavoro svolto e dell’esperienza di registrazione, che seppur stancante (probabilmente più per quel santo di Swolley che per noi) ci ha donato un sacco di momenti degni di essere ricordati!

I testi delle canzoni sono legati tra loro? C’è un concept alla base del disco oppure no? Vi andrebbe di raccontarci gli argomenti delle varie canzoni e di spiegarci quali sono le fonti d’ispirazione dalle quali prendete spunto per le vostre lyrics?

Le canzoni non hanno un filo conduttore, i testi vengono fuori dall’ispirazione del momento, molto spesso da un libro o da un’esperienza personale. Per esempio “Into the Lies”, la title track, parla delle vicende trattate nel libro “Cinque Anarchici del Sud” di Fabio Cuzzola, che parla dell’omicidio di stato ai danni di appunto cinque giovani anarchici in viaggio a Roma, per rivelare la corruzione nelle istituzioni. “To the Nightbreaker” parla invece di una serata al “White Lion” (locale ormai chiuso nel torinese che per un anno ha fatto venire nella nostra città grandi band della scena Heavy e Thrash) durante la quale era presente una nebbia particolarmente suggestiva nel tragitto per raggiungerlo, e l’immaginazione ha cominciato a volare, anche aiutata da qualche birra di troppo ahahah!

La vostra casa discografica è la Nightbreaker Productions. Siete soddisfatti del supporto che vi fornisce e della promozione del disco? Come siete entrati in contatto con questa label? Il vostro sodalizio proseguirà anche in futuro o state vagliando altre ipotesi?

Come ho già spiegato prima per noi la Nightbreaker e come una famiglia, e siamo più che soddisfatti del lavoro che sta svolgendo e del supporto che ci sta dando!

Ho notato che avete un’intensa attività live alle spalle. Ci sono date programmate nel prossimo futuro? Quali sono i festival e gli eventi ai quali parteciperete nei prossimi mesi e in estate?

Date in programma ne abbiamo parecchie, ma purtroppo molte sono ancora da confermare. Se non volete perderci potete venire al Fistfull of Thrash Fest al “The One” di Cassano d’Adda il 16 maggio, dove suoneremo con i nostri amici Ural, Agitator, Blake’s Vengeance e Hand of God. Per le altre date presto ci saranno altre conferme e quest’estate per la prima volta andremo a suonare fuori dall’ Italia!

Mi ha colpito molto il fatto che avete supportato gli Heathen dal vivo. Io credo che per una band giovane sia fondamentale confrontarsi con i maestri per crescere e migliorare, magari acquisendo qualche “trucco del mestiere” da sfruttare sia dal vivo sia in studio. Come è stata l’esperienza con gli Heathen? In generale, le grandi band sono disponibili nei confronti di quelle giovani o sono veri quei pettegolezzi che descrivono i grossi poco propensi a lasciare spazio e scena ai debuttanti?

In generale il concerto con gli Heathen è stata una di quelle esperienze che ricordi per tutta la tua vita: il Blue Rose era pieno, la gente presa bene, e loro incredibili e super disponibili. David White e Lee Altus sono delle persone umili e favolose con le quali è stato un onore condividere il palco! Purtroppo non tutti i musicisti hanno la stessa umiltà, e ci è capitato di incontrare persone che ricadono nello stereotipo della Rockstar primadonna, ma non è assolutamente il loro caso!

Grazie per la disponibilità, ragazzi! Prima di lasciarvi vorrei che indicaste ai nostri lettori i vostri contatti. Alla prossima!

Potete trovarci su Facebook semplicemente cercando “Acidity” o potete contattarci sulla nostra Email aciditythrash@hotmail.it
Grazie mille per l’intervista!