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Metal Story: Paul, un ragazzo pericoloso

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Inauguriamo oggi la rubrica Metal Story, che tratterà aneddoti, bizzarrie, cose poco note. Sfateremo miti e leggende metropolitane, scruteremo dietro le quinte, ricostruiremo fatti ed eventi.

Insomma, tutte cose che mi stanno particolarmente a cuore. Avrà un nome semplice semplice, Metal Story, e spero vi piaccia almeno quanto piace a me sfogliare libri e quotidiani alla ricerca delle verità quanto di gustoso gossip dal sapore ferroso.

Ringrazio di cuore Stefano Mastronicola che ha apprezzato l’idea e ha accettato la mia proposta. Cose queste che nascono davanti birre e concerti live. Ci divertiremo…
E cominciamo con il botto. Signori e Signore, prego, godetevi sua Maestà Paul Di Anno

«Ero un ragazzino abbastanza scapestrato. East London era il mio territorio e con i miei amici lo mettevamo a ferro e fuoco, immaginatevi una roba tipo Mad Max. Quando sei ragazzino il tuo valore come persona si calcola sulla base di quanto sei bravo a fare a botte. Se te la sai cavare in una rissa sei un tipo a posto, la gente ti rispetta.

Quando ero giovane, nelle strade dell’Est End valeva la legge della giungla, di questo si trovano testimonianze in ogni angolo. Da adulti non è che le cose cambiano poi molto: se ti comporti da zerbino gli altri ti camminano sopra! Vent’anni dopo mi sono attenuto scrupolosamente a questa regola mentre ero rinchiuso nelle viscere della prigione di Stato di L.A., California, dopo un diverbio con la polizia.

Ero in compagnia di alcuni bastardi più duri e cattivi d’America: sicari di Cosa Nostra, membri delle gang di Crips e Bloods, mafia messicana, spacciatori colombiani e i soliti fuori di testa. Di sicuro non ero il più tosto là dentro ma riuscivo a dare l’impressione che se qualcuno mi avesse provocato sarei andato fino in fondo. A qualunque costo. Fai lo stronzo con me e ti ammazzo! Fammi girare i coglioni e ti pianto una pallottola in testa!»


Paul Di Anno