I Soul Rape con “Endless Reign” confezionano un disco che miscela il tipico assalto brutale del death metal a soluzioni più melodiche e ricercate, in alcuni casi ai limiti della sperimentazione, influendo così sull’impatto sonoro del lavoro in questione. La title track è un esempio di tutto ciò: partenza arpeggiata, riff pesanti, assolo di chitarra variegato e una melodia di fondo dal retrogusto orientaleggiante.
Potenza sì, ma ben controllata e strutturata. ”Like the serpent’s tongue”, invece, è meno ragionata, più aggressiva, e alterna classiche vocals al vetriolo a un cantato leggermente filtrato, soprattutto nella parte iniziale; in realtà questo pezzo non propone spunti particolarmente interessanti, se non nell’assolo centrale, ancora una volta melodico e dalle vaghe reminiscenze neoclassiche. “Illusions and sufference” deve molto al death melodico di matrice svedese e presenta un inizio incentrato su un lavoro chitarristico molto malinconico per poi sfociare in una ridda di riff vorticosi, ritmiche serrate e atmosfere oscure e rallentate, mentre la successiva “Gargoyles” è una buona cavalcata in salsa At the gates, costruita su classici riff ribassati, consueti assoli molto melodici, parti vocali minacciose e ritmi variegati utili per scatenarsi dal vivo. La seconda parte del disco è aperta da “With my fingers i’ve touched death” e anche questa volta, a mio avviso, non siamo di fronte a un brano epocale, pur essendo la canzone interessante, con una sezione centrale “jazzata” e atmosferica che, se da una parte cattura l’attenzione, dall’altra fa perdere il filo conduttore e la direzione musicale del pezzo. “Saudade de morte” ha un incipit spagnoleggiante che sfocia nella classica sfuriata death, per poi terminare in maniera straniante, con un coro femminile a mio avviso fuori contesto. La penultima traccia è “Soul Rape”, song cadenzata, molto atmosferica e con delle vocal pulite alternate al classico cantato estremo. Il punto di forza della canzone è secondo me la sezione ritmica, davvero quadrata e martellante, cosa che incrementa l’impatto sonoro della band.
Il finale è affidato a “Primordial Paradox”, che rappresenta anche la vetta dell’album: chitarre stentoree, vocals molto aggressive, doppia cassa in evidenza, vocals lancinanti e immediatezza, una qualità che a volte manca in alcune canzoni del disco.
Considero “Endless Reign” interessante nell’insieme ma non sempre ben calibrato e “a fuoco”; alcune soluzioni, a parer mio, non si sposano bene con la matrice del sound dei Soul Rape, vale a dire il death metal made in Goteborg, tanto che in più di un’ occasione l’ascolto diventa difficoltoso e faticoso. La mia, naturalmente, è solo un’opinione ma, in virtù di tutto questo, non posso promuovere l’album a pieni voti e attendo con curiosità la prossima fatica della band.