E’ il tripudio dell’elettronica, anche se il lasciarsi prendere troppo la mano può far ottenere un risultato diverso da quello sperato.
“Disturbing the Neighborhood” è il secondo lavoro discografico dei Craving 4 Caffeine, rock metal band formata da Simone “Poca” Matteucci (chitarra e voce) e Francesco “Anzwer” Spaggiari (batteria). I bene informati dicono che il duo stia già lavorando al terzo album, ma è il caso di soffermarsi sulla release numero 2.
Ascoltando le otto tracce che compongono il disco si ha come l’impressione che manchi qualcosa. In verità, il duo è nato come trio, ma “Poca” e “Anzwer” hanno dovuto ben presto fate i conti con lo split del bassista: così, per ovviare all’assenza di una componente dell’ensemble, è stato deciso di puntare sull’elettronica per riempire le frequenze basse. Il risultato è un disco dove ci sono spunti interessanti ma anche poca accuratezza nei dettagli.
L’album si apre con “No Compromise”, brano che parte veloce e gagliardo nella resa strumentale, ma che avrebbe avuto bisogno di un parallelo vocale altrettanto efficace, perché c’è il rischio che risulti monotono.
Perché, Craving?
Perché non puntare di più sui colori della voce?
L’impressione è che “Poca” si trovi molto di più a suo agio nel ruolo di chitarrista piuttosto che di cantante, perché sotto l’aspetto del “musicista” risulta essere convincente ed impeccabile. Ed anche la chimica con “Anzwer” è notevole, specie in brani come “Say Goodbye”: traccia che se fosse stata sporcata da una voce più cupa ed aggressiva, sarebbe stata un pezzone.
C’è del buono però in “Disturbing the Neighborhood”. Penso a “Portrait”, brano introspettivo con il giusto equilibrio tra il più generico metal, anche se di stampo moderno e la componente elettronica.
Ma la vera sorpresa è “Love Killer”: un mood da nenia malefica, caratterizzata da un’inquietante chitarra che solo nella parte dell’assolo regala sprazzi di vita, in quanto il tutto risulta meravigliosamente angosciante.
Segnalo anche l’ultima traccia “Elecrt_1”: il titolo dice già tutto… Sembra di essere all’interno di una navicella spaziale e di pigiare bottoni a caso, ognuno dei quali però regala distorsioni elettroniche da “disturbavicini”, tanto per richiamare il titolo dell’album. Il pezzo è un brano “strumentale”, anche se di strumenti veri e propri non è che ce ne siano. I Chemical Brothers lo adorerebbero…
C’è un po’ di strada da fare. Ma la buona notizia è che si è in discesa.