Trame oscure ed impalpabili, atmosfere dilatate cariche di angoscia, ma in grado di aprirsi come un raggio di sole che squarcia un cielo plumbeo, così si presentano gli A Violet Pine con il secondo album “Turtles”.
La band ci propone un Post Rock intriso di elettronica, il cui punto forte è da ricercare negli arrangiamenti curati, ricercati, che disegnano melodie romantiche e foriere di malinconica introspezione. Attraverso le nove tracce che compongono la tracklist si compie un viaggio interiore, fatto di chitarre semidistorte che accompagnano linee vocali suadenti ed eteree, il tutto sostenuto da una sezione ritmica mai invadente e soluzioni elettroniche che rappresentano uno dei punti cardine del sound della band.
Inutile citare i brani migliori del lotto, perché ogni episodio è una storia a sé, che si inerisce tuttavia all’interno di un disegno comune, quello definito dagli A Violet Pine. Non è facile inquadrare il sound di questi tre ragazzi, ma in fondo non è nemmeno necessario, dal momento che a parlare per loro è sicuramente la musica.
Sin dall’opener “The Game” appare chiaro che “Turtles” è un album ben fatto, decisamente sopra la media, che nasconde (mica tanto) una ricerca sonora minuziosa. È facile tenere ben a mente le linee melodiche disegnate dalla voce di Giuseppe Procida, il quale si occupa anche delle parti di chitarra e synth. Proprio questa triplice veste fa in modo che i tre strumenti seguano una linea ben definita e si completino a vicenda, ben sostenuti da Pasquale Ragnatela al basso, dotato di un sound molto corposo, e dalla batteria di Paolo Ormas, il quale non eccede mai nella veemenza pur essendo incisivo quando necessario.
Se siete amanti di sonorità che miscelano tra loro Rock, Elettronica, New Wave, prendendo a piene mani dagli anni ’80, “Turtles” è un album che fa al caso vostro, una release di ampio respiro che merita attenzione.