Potrei aprire e chiudere questa recensione con cinque sole parole: Thrash Metal old school devastante. Tutto qui. Gli Acidity, dalla provincia di Torino, pubblicano il loro album di debutto, “Into The Lies” per la Nightbreaker Productions e sfornano un lavoro compatto, violento, veloce e trascinante, totalmente devoto, sia nello stile sia nella produzione, al vecchio thrash anni Ottanta, quello, per intenderci, di Metallica, Exodus, Anthrax, Forbidden e compagnia martellando.
E’ tutto racchiuso in queste fulminanti dieci tracce: riff veloci e vorticosi, basso martellante, ritmiche quasi sempre sostenutissime, voce acida e con sfumature acute lancinanti e cori a più voci “effetto stadio”, che recuperano dagli abissi della memoria le meraviglie di “Spreading The Disease” e “Among the living”. Altro punto di forza dell’album è la scelta dei suoni, soprattutto per quanto concerne le chitarre, affilatissime e taglienti, sia nelle parti ritmiche sia nelle sezioni solistiche. Il basso e la batteria, inoltre, hanno un sound corposo, pieno e potente, cosa che rende l’ascolto ancora più coinvolgente, consentendoci di godere totalmente dell’impatto e della resa del combo piemontese. Le prime tre canzoni (“Into The Lies…They Were Denied”, “Murder” e “Nowhere To Hide”) mettono subito le cose in chiaro, catapultandoci direttamente nell’atmosfera del disco: assalto totale, senza se e senza ma! “To The Night (Breaker)”, invece, parte con un mid tempo schiacciasassi per poi accelerare a ridosso del fulmineo assolo ed è impreziosita da un cantato quasi sempre su tonalità più profonde del solito, cosa che conferisce alla track maggiore potenza. “Disorder, No Order” è una delle perle di “Into The Lies”, una cavalcata rocciosa e dirompente, dal tiro live indiscutibile, con una meravigliosa sezione centrale arpeggiata che introduce uno splendido solo dal fascinoso retrogusto melodico e che si conclude con un’accelerazione da brividi.
Dopo “Interstellar Defiance”, sicuramente il pezzo più veloce del lotto, con degli ottimi acuti del singer, arriva “Call To Infinity”, totalmente strumentale, che si apre con un arpeggio atmosferico per poi sfociare in un susseguirsi di riffoni affilati come rasoi e rallentamenti melodici che sfumano in una bellissima melodia di chitarra acustica. Non solo aggressività, dunque, ma anche aperture soffuse e rarefatte che contribuiscono a variegare il mood dell’album.
Si ritorna a pestare duro con le successive “Conjuring Death” e “The Fall” (non lasciatevi ingannare dall’intro oscura e melodica), che ristabiliscono le coordinate sonore parzialmente attenuate poco prima. Chiude questo splendido lavoro “Spreading The Terror”, sorretta da un riff martellante, pesantissimo e vorticoso e impreziosita dal ruggito famelico del cantante e da una sezione centrale in controtempo davvero trascinante!
Il disco finisce qui, purtroppo, e io non posso fare altro che complimentarmi con gli Acidity e consigliarvi di procurarvelo al più presto. Grande album, c’è poco altro da aggiungere.