Dopo il debutto sulla lunga distanza avvenuto con “The Fifth Season”, gli Artaius giungono con “Torn Banners” alla seconda release e dimostrano di aver compiuto un deciso passo in avanti verso la maturazione artistica.
Il genere proposto dai nostri è un Metal sinfonico a forti tinte folk, convincente nelle parti più tirate e ben orchestrato con l’uso di strumenti quali il violino e tastiere/synth. Il punto di forza risiede sicuramente nella capacità di combinare riff di chitarra dal groove molto accentuato uniti a passaggi melodici e più riflessivi; a ciò va aggiunto il dualismo che si crea tra la voce melodica e suadente di Sara Cucci e le screaming vocals di Francesco Leone.
Le soluzioni adottate riescono a far sì che i vari episodi rimangano ben impressi nella mente, sebbene rimangano comunque nel solco della continuità compositiva, generando così un filo conduttore che accomuna le undici composizioni. Ascoltando attentamente i brani emerge la volontà dei nostri di non voler rimanere confinati in un genere ben preciso, occupando così una posizione in equilibrio tra il Metal sinfonico ed il Folk.
Tutti i tratti distintivi degli Artaius emergono chiaramente sin dalle prime note dell’opener “Seven Months”: l’incipit Folk lascia ben presto il posto ad un passaggio dal sapore progressive, che a sua volta viene raso al suolo da battute veloci, efferate, che segnano l’ingresso in campo della voce aggressiva del già citato Francesco Leone. Associare le parti più veloci alla voce maschile, lasciando invece a Sara il compito di addolcire i passaggi più distensivi è una caratteristica che ritroviamo anche nella seguente “Daphne”. In “Leviathan” viene introdotto invece il tema Modern Metal, per lo meno nelle prime battute, salvo poi serrare i ranghi e tornare in quelli che sono i canoni stilistici messi in campo sino a questo momento. Con “The Pictures Of Light” assistiamo invece ad una performance decisamente più intima e pacata, chitarra acustica e voce rivestono un ruolo da protagonista. Da menzionare anche “Dualità”, brano cantato in italiano, e la title track conclusiva “Torn Banners” con la quale si chiude il cerchio di questo viaggio.
La produzione dell’album molto curata è sicuramente un punto a favore di questa release, i suoni sono dotati della giusta aggressività e non ci sono elementi che prevalgono, riuscendo così a creare il giusto tappeto musicale a supporto delle voci. Forse sarebbe auspicabile contenere la lunghezza dei brani, la cui durata media si attesta intorno ai cinque minuti, al fine di rendere ogni episodio più concentrato ed evitare lungaggini che possono creare cali di tensione.
In generale “Torn Banners” è un album piacevole, che verrà certamente apprezzato dagli amanti del genere; auspichiamo comunque una maggiore personalità in fase compositiva, osare non guasta, dal momento che il panorama musicale nel quale si collocano gli Artaius è molto affollato e richiede elementi distintivi per emergere e distinguersi.