Una prova sicuramente convincente quella dei Burn The Ocean, i quali con “Come Clean” ci offrono sette brani pienamente godibili che attingono da sonorità (Nu) Metal, Grunge ed Alternative.
Tra le loro infulenze ci sono sicuramente Alice In Chains, Queens Of The Stone Age, Soundgarden et similia, ma ciò non significa che la band genovese non abbia personalità, perché questa emerge in più frangenti. I brani proposti scorrono via velocemente e soprattutto piacevolmente, grazie anche ad un dosaggio di cattiveria e melodia ben calibrato, arrangiamenti ben curati e soluzioni di impatto.
Probabilmente un piglio più deciso sarebbe preferibile, perché in qualche frangente sembra quasi che i brani facciano fatica ad esplodere, mentre nelle parti più ragionate ed intime, “Land Of Mud” su tutte, appaiono decisamente a loro agio.
Si respira aria a stelle e strisce lungo tutta la durata dell’album, segno che i Burn The Ocean hanno appreso la lezione impartita dai mostri sacri del genere e sono in grado di riproporla, ma è necessaria una più marcata personalizzazione della proposta. Le soluzioni compositive presentano una certa continuità, per questo è difficile individuare le tracce migliori del lotto. Sicuramente bisogna menzionare la cover dei Led Zeppelin “Black Dog”, riproposta in modo personale pur rimanendo fedeli alla versione originale.
Allo stesso modo la conclusiva “Gone Away” ci propone una versione acustica dei Burn The Ocean che funziona, peccato che il brano non presenti parti cantate, perché sarebbe stata davvero un’ottima occasione per dimostrare quanto la band sia versatile e dotata di idee vincenti.
“Come Clean”, nonostante le derivazioni citate in precedenza, rimane comunque una release piacevole che lascia ben sperare per il futuro, a patto che il gruppo genovese lavori ancor di più per far emergere la propria identità.