Vittorio Sabelli è uno che le promesse le mantiene e, soprattutto, rispetta le scadenze costi quel che costi! Puntuale come un orologio svizzero arriva il suo personalissimo botto di Capodanno a firma Dawn Of A Dark Age. Siamo al quarto capitolo della saga dedicata ai sei elementi e questa volta si parla di Aria.
Anno nuovo “aria” nuova è proprio il caso di dirlo e con mio sommo gaudio l’unica mancanza che avevo riscontrato nel disco precedente è stata finalmente colmata: Dawn Of A Dark Age è un progetto estremamente umorale e, come tale, era un peccato “raffreddare” il tutto con l’uso della drum-machine; Vittorio Sabelli è un musicista scaltro oltre che estremamente preparato e dunque ha dato il benvenuto ad un veterano del metal estremo come Diego Tasciotti (Handful of Hate, Stigmhate ecc..) dietro le pelli ed il risultato ne risente eccome!
Ma non è l’unica novità: anche il vocalist Lys è nuovo e, nonostante avesse un compito non facile vista l’ottima performance di Raato nell’album precedente, è riuscito ottimamente a non far rimpiangere il suo predecessore.
Ovviamente il mastermind è sempre lui, VK Sabelli che ci dona come suo solito composizioni difficili, contorte, lunghe ed intense.
Se avete voglia di ascoltare un album ed arroventarvi il cervello allora “The Six Elements Vol. IV Air” fa al caso vostro. Io ci ironizzo su perché credetemi non è un album semplice ma ascoltandolo, tutto ti strappa tranne che un sorriso. “Air” è un disco oscuro e sinistro come tradizione Black Metal vuole e nonostante le molteplici “aperture” che Sabelli inserisce (presenti come al solito, pianoforte, clarinetto e sax) e le concessioni melodico/strumentali siano parecchie, ho avuto il piacere di ascoltare nelle parti puramente estreme un interessante ritorno all’essenza del vero Black Metal: quello malato, ossessivo, primitivo e non per forza sparato alla velocità della luce! E qui si ritorna al discorso iniziale: il batterista in carne ed ossa fa tanto, dona un tocco (in)umano alle composizioni. E come non parlare di Lys, un vocalist estremamente duttile: nel corso dell’album ho ascoltato almeno 4-5 tipi di scream diversi e in alcuni casi del growl possente (ascoltate la parte centrale di Argon Van Beethoven). Poi ovviamente c’è tutto il genio di Vittorio Sabelli ma ormai per gli amanti del genere non è più una sorpresa: provate ad ascoltare le chitarre tipiche del black metal che duettano col clarinetto in “Children Of The Wind” (trattandosi di aria questo pezzo è un inno ai venti che vengono nominati tutti nella canzone). “Darkthrone In The Sky” come facilmente si può intuire dal titolo è un tributo esplicito alla band norvegese. Il testo è formato dai titoli delle canzoni dei Darkthrone stessi e la canzone è un crescendo di malignità che abbraccia (o cerca di farlo) tutte le sfaccettature della band nordica senza mai dimenticare il trademark Dawn of a dark age, quindi intermezzi acustici e fiati sempre presenti.
Nota di merito alla conclusiva (escludendo l’outro) “Jukai”, a giudizio di chi vi scrive il pezzo migliore; black cadenzato che esplode in blast feroci che hanno il pianoforte in sottofondo, gli immancabili fiati ed una performance vocale davvero paurosa, dove si alternano cori epici e scream marci che riportano alla mente i deliri canori di Attila Csihar e Dead quando cantarono per i Mayhem.
Ho ascoltato questo disco 4 volte di fila e sono stremato; si, stremato!
E ne sono contento perchè sapevo che andavo incontro a questo e non sono stato deluso. Ora ho solo sei mesi per riprendermi perché il quinto elemento sta già nascendo e so che mi tormenterà l’estate!