Desecrate, stiamo parlando di una band che ha alle spalle una carriera ventennale e che, dopo una lunga pausa, torna sulle scene, nel 2012, con l’album “XIII, The Death”, lavoro che li porta, successivamente, ad un’attività live promozionale molto intensa. I nostri possono vantare, al riguardo, di aver aperto ai Dark Tranquillity, in occasione della loro data italiana nel 2013. Sembra una fatalità, ma ascoltando il loro nuovo “Orpheus”, si possono riscontrare alcuni spunti che ricordano l’operato della band svedese, udibile in alcuni frangenti in cui, alla brutalità espressiva, condita da tecniche strumentali ben fatte, si insinuano intarsi di piano e parti cantate in chiaro. In sostanza, questo disco è un insieme di cattiveria e superba maestrìa tecnica e propositiva.
Già a partire dall’ introduzione “Muse”, che fa da ponte alla prima vera traccia del lavoro “Tears Of Blood And Sand”, possiamo avvertire ciò che sarà il filo conduttore espressivo di questo “Orpheus”. Come detto, fin dal primo pezzo, si evince che la spina dorsale delle composizioni è rappresentata da riffs massicci, accompagnati da sottofondi di piano, i quali intermezzano strofe e ritornelli in chiaro stile melodic death di stampo scandinavo. Un basso effettato introduce la track “Fifteen Million Merits”, all’ interno della quale è maggiormente riscontrabile, per quanto concerne le parti strumentali, un’approccio sperimentale. In tale brano assistiamo anche ad un intermezzo acustico, cantato sia in chiaro che in growl, le cui fattezze sono a dir poco malinconiche, oltre che molto valide dal punto di vista tecnico.
“To The Hades And Back” è un brano sorprendente, poichè presenta una partenza tinta da sonorità ammiccanti e dai risvolti tecnico-strumentali validi, che vedono la presenza di riffs cattivi e varietà ritmiche. La traccia in questione, oltre a presentare l’alternarsi delle parti sopra citate, racchiude sonorità acustiche, intervallate a loro volta, da accelerazioni di scuola death metal classico, il tutto condito da arrangiamenti strumentali di tutto rispetto. Ma le buone sorprese presenti in questo disco continuano e si snodano attraverso le note della straziante “Elements”, composizione in cui alle varianti tecniche, rappresentate da parti ritmiche e strumentali, spiccano sottofondi solisti di pianoforte. Pianoforte che diviene protagonista sin da principio, nella sontuosa “The Grecian Urn”, pezzo che successivamente si evolve, assumendo caratteristiche più spiccatamente death metal, seppur condite da alcune varianti melodiche e da altre potenti, e per nulla scontate, le quali ricordano vagamente sonorità appartenenti agli scandinavi In Flames.
Con “Blood Prison” possiamo assistere ad un intro dall’appeal sperimentale, in cui piano e campionature fungono da apri pista ad un pezzo veloce e lineare. Qui anche le ritmiche sono suddivise tra quattro quarti classici ed accelerazioni, sulle quali si ergono massicce parti strumentali. Nel pezzo “Nevermore” troviamo tutti gli elementi di proprietà di questa band. Infatti, alle malinconiche parti di piano, si aggiungono linee melodiche di carattere soft, prontamente smentite da riffs e ritmiche potenti e rocciose, così come lo sono sempre le parti vocali. Tali strutture compositive le possiamo ascoltare anche nella convincente “Chaos And A Dancing Star”, mentre la song che chiude l’album, dal titolo “I’m Working On It”, pur mantenendo le fattezze riportate un po’ in tutte le tracce del lavoro, contiene spunti maggiormente classic death metal. Spunti prontamente arricchiti da variazioni di carattere melodico, in cui le sperimentazioni strumentali, guidate, neanche a dirlo, dal piano, completano un brano che è già di per sè un magnifico risultato.
Anche la produzione si confà all’alto livello che plasma questo “Orpheus”; qui, ogni parte strumentale ed ogni virgola, sono ben udibili e giungono nitidamente all’orecchio, in maniera da risultare riscontrabili a tal punto da essere apprezzate in ogni sfumatura. Non a caso la scuola di provenienza e l’esperienza del combo genovese si evincono chiaramente, sia nella struttura dei brani, quanto nella proposizione strumenti alla mano. Non c’è nulla da eccepire in questo lavoro, il cui risultato complessivo è molto buono e rappresentato da un melodic death metal proposto con caratteristiche mature, naturale sintomo di una chiara impronta personale da parte di questi musicisti.