Il 21 ottobre esce “A Means To No End“, l’atteso album dei Destrage. Perchè atteso? Perchè il precedente “Are You Kiddin’Me? No.” aveva di fatto lanciato la band milanese nell’olimpo delle speranze nostrane del genere. Motivo per cui, le aspettative erano e sono forti.
L’attesa è finita perchè “A Means To No End” è pronto per essere sottoposto al giudizio del pubblico che, in realtà, già si è espresso dopo la pubblicazione dei due singoli estratti.
Dalle “voci” in internet, per quanto “Symphony Of The Ego” (il primo singolo) sia stato accolto con favore, abbiamo capito che una frangia si aspettava altro. Tutti i dubbi sono stati poi allontanati dal secondo singolo, “Don’t Stare at the Edge“, che ha messo tutti d’accordo:
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Il prossimo 28 ottobre, presso il Circolo Magnolia di Segrate (MI), si terrà il Release Party. Tra i protagonisti troverete un biondo niente male… Parliamo di Ralph Salati, campano nel cuore, milanese d’adozione, che si racconta in questa intervista.
Ciao man, andiamo subito al sodo. Come sarà questo “A Means To No End”?
Ciao Silvia. “ A Means To No End” sarà a mio avviso il disco più Destrage che abbiamo mai scritto. Una fotografia che racchiude l’ultimo anno della band trascorso tra jam, sessioni di scrittura, tour, sala prove, concerti e vissuto di noi cinque.
Ne viene fuori quindi un disco decisamente intimo, compatto e dalle sfumature un po’ più scure rispetto ai precedenti.
Chi ha scelto il titolo e cosa sta a significare?
L’idea del titolo è stata di Mat, che è anche coautore dei testi insieme a Paolo, ed è stato poi ampiamente condiviso da tutti noi. Il titolo è un gioco di parole che parte dal modo di dire “a means to an end” che significa un mezzo per un fine.
Non tutto deve essere necessariamente giustificato da un fine, ci si può concentrare anche solo sulla bellezza del vettore che ci porta a una meta. Inoltre, scindere il mezzo dal fine permette anche di rivalutare l’importanza di esso.
Il titolo mi suscita un’immagine di caos posto come fine e lo trovo in qualche modo un trait d’union con il concetto di caos-ordinato di “Kidding”.
Siete contenti dei feedback di queste settimane dopo l’uscita del singolo “Symphony Of The Ego”?
Moltissimo. Non ci aspettavamo un’accoglienza così calorosa da parte dei nostri fan sui social.
In effetti avevamo un po’ il timore che questo nostro nuovo capitolo potesse non essere condiviso e apprezzato da tanti.
Sentivate la pressione dell’aspettativa da parte dei fan?
Credo sia normale che chi fa musica si chieda poi se il suo lavoro possa piacere o meno, ma non parlerei di pressione. Cerco di viverla in modo sereno, concentrandomi su ciò che mi emoziona positivamente della nostra musica provando a proiettarlo sugli altri.
Parlando di te, ad un certo punto sei impazzito e ti sei fatto biondo. Perchè???
Perché no? 🙂 …volevo tributare due miei idoli: John 5 ed Enzo Paolo Turchi. 😀
Ti hanno paragonato ad Owen Wilson, Kurt Cobain ed altri personaggi. Qual è stato l’accostamento che più ti ha fatto ridere?
Quello con Raffaella Carrà mi ha spezzato. 😀
Qualche mese fa ci siamo occupati di una tua creatura, musicalmente parlando: i Diffracture. Com’è il Ralph Salati “produttore”?
Direi che sono un produttore in erba a cui piace sperimentare e lavorare a stretto contatto con le band e gli artisti che si affidano al mio know-how. Lavorare con persone diverse mi permette di mettere in gioco la mia creatività e affinare le mie capacità di stesura e arrangiamento. Addirittura certe volte mi trovo costretto a un cambio di prospettiva, per comprendere quelli che sono i differenti approcci a questi processi.
Oltre ai Diffracture, sto per chiudere la produzione del primo disco dei Got No Ego e a novembre comincerò una collaborazione interessante che mi permetterà di sperimentare su un genere per me in parte nuovo, ma non posso ancora dire nulla a riguardo, è tutto top secret. 😉
Interessante anche il Ralph Salati insegnante. Raccontami della NAM e come ti senti nella veste di prof.
Sono sicuramente onorato di far parte di una scuola di musica storica in italia (pensa che ha la mia stessa età) e sono felicissimo di contribuire alla sua crescita e al suo rinnovo da ormai 2 anni.
Mi piace pensare a me stesso non solo come musicista, ma anche come didatta. Penso che le due cose siano distinte e spesso non vadano di pari passo. Reputo di essere piuttosto fortunato perché l’insegnamento a qualsiasi livello è uno degli aspetti del mio lavoro che più mi piace, non è semplicemente un impegno collaterale all’essere musicista, ma è anzi una delle mie attività principali.
Qual è il primo consiglio che dai ai tuoi adepti?
Non mi sento di elargire grosse perle di saggezza, però sicuramente tendo a suggerire loro che una volta scelte le cose su cui focalizzarsi, di lavorarci al massimo delle proprie possibilità e rimanere sempre piuttosto open-minded, perché qualunque tipo di chiusura mentale e atteggiamento purista si riflette poi sulla sfera dell’apprendimento. Accade anche a me.
Mentre in ambito prettamente musicale, il mio leitmotiv è “sbaglia a tempo”, per me è fondamentale.
Sei in giro anche per clinic e showcase varie. Quali sono i prossimi appuntamenti?
Ora ci stiamo concentrando solo sul Release Party (Circolo Magnolia, 28/10) e sulla prima parte del tour italiano. Stiamo però lavorando in collaborazione con Bode Music Gear, distributore per le corde D’Addario, a una clinic in tandem con Mat, incentrata sul nostro approccio alla scrittura in cui suoneremo brani estratti sia da Means che da Kidding. Inoltre sarò disponibile anche per delle lezioni on tour durante le prossime date italiane che partiranno dal Revolver di San Donà di Piave il 12 novembre.
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Ultima domanda: tra te e Matteo Di Gioia chi è er mejo?
Ahahahahaha, assolutamente nessuno dei due, siamo due chitarristi talmente diversi, sia a livello artistico che tecnico, da essere complementari. Per assurdo nei Destrage è quasi come se suonassimo due strumenti differenti.
E poi lo invidio perché lui sa usare lo slide e un sacco di altri marchingegni strani sui quali io mi spazientisco nel momento stesso in cui decido di provarli ahahah.