Non occorre parlare di sorprese, tanto meno di conferme: i Doomraiser sono ormai garanzia di qualità e con il quarto album “Reverse (Passaggio Inverso)” affondano un nuovo duro colpo, come era lecito aspettarsi dal combo capitolino.
Sei tracce di putrido e sulfureo doom avvolte da passaggi stoner e sludge che rendono il tutto ancora più dannatamente affascinante e lancinante allo stesso tempo. Impossibile citare una traccia piuttosto che un’altra, sono tutte di alto livello e di pari intensità, macigni dal peso imponderabile che colpiscono l’ascoltatore dalla prima all’ultima nota. Inutile e superfluo fare paragoni con acts appartenenti allo stesso genere, perché i Doomraiser hanno una loro identità, un’anima oscura e catarrosa che prende forma dal riffing abrasivo di Montagna e Serpico, i quali sono capaci di creare un wall of sound insormontabile ed impenetrabile, così come la sezione ritmica che vede BJ al basso e Pinna alla batteria che scandiscono ritmiche cadenzate e pachidermiche. La voce di Cynar è superlativa: il singer alterna sapientemente parti recitate ad altre cavernose ed oscure, dà vita a melodie estranianti che gettano nell’oscurità più fitta chi intraprende il viaggio di “Reverse (Passaggio Inverso)”
Ad aprire le danze ci pensa “Addiction”, una traccia che inizia in sordina disegnando atmosfere impalpabili che si alternano a passaggi dall’incedere monolitico e parentesi che vedono accelerazioni che conferiscono dinamicità al brano. Con l’incipit di “Mirror Of Pain” viene introdotta la prima guest appearance, ovvero il violino di Valentina Rocchi, la quale riesce con poche note a creare una melodia sinistra e stridente, è il preludio ad un nuovo capitolo oscuro e sofferente. La forma canzone si ripete: l’alternanza tra passaggi ritmati e parentesi cadenzate costituisce l’ossatura del songwriting dei Doomraiser. I growlings imponenti nella parte conclusiva della traccia sembrano provenire direttamente dagli inferi, dando vita a trame dai toni oscuri. Nella successiva “Ascension: 6 to 7” abbiamo il secondo ospite: Labes C. Necrothytus (Abysmal Grief) che pone la sua firma con il clavicembalo. Ci troviamo dinanzi al pezzo più lungo dell’album, ben undici minuti, ma ciò non causa cali di tensione perché le soluzioni sono comunque interessanti. Gli accordi dal sustain infinito dei primi minuti lasciano spazio ad una ritmica ben più sostenuta, ma nel mezzo della traccia assistiamo ad un passaggio quasi psichedelico, dalla progressione che trova nella ripetizione ossessiva di pochi accordi la fierezza e l’imponenza tipica della band e del genere in questione.
Labes C. Necrothytus lo ritroviamo anche nell’organo presente nella successiva “Apophis”, il brano più veloce tra tutti, che si discosta sensibilmente dalle atmosfere cupe ed oppressive dei precedenti episodi, mantenendo comunque ben presente e vivo lo spirito dei Doomraiser. Con “In Winter” si ritorna a sprofondare nella disperazione più assoluta, l’anima sembra contorcersi ed avvolgersi intorno alle soluzioni armoniche delle chitarre ed ai toni sofferenti del singer Cynar, in questo frangente si ha realmente la sensazione di essere colpiti da folate di vento gelido. A concludere l’opera ci pensa “Dio Inverso (Reverse)” ed al termine dei suoi quasi dieci minuti sia ha la sensazione di aver concluso un viaggio, un peregrinare attraverso lande oscure e tenebrose, gelide e sinistre, con la consapevolezza di aver preso parte ad un cammino interiore che esplora i meandri più nascosti dell’animo umano.
L’album è stato registrato presso i Kick Recording Studio sotto l’egida di Marco “Cinghio” Mastrobuono, missato e masterizzato da Billy Anderson, il quale ha lavorato per band del calibro di Brutal Truth, Cathedral, Cattle Decapitation, Eyehategod, Neurosis, solo per citarne alcune.
Superfluo affermare che “Reverse (Passaggio Inverso)” è un album consigliatissimo, da avere assolutamente.