Home Recensioni Dormin – “To Foreign Skies” – Recensione

Dormin – “To Foreign Skies” – Recensione

SHARE

Per un gusto strettamente personale, quando ascolto musica ho piacere ad ascoltare anche la voce e come questa riesce a mescolarsi ed emergere tra il tripudio degli strumenti.
Nel caso dei Dormin la voce sembra essere un optional e “To Foreign Skies” tende più ad essere un album strumentale. Ed è un peccato perchè onestamente quando la band decide di affidarsi alla violenza vocale fa decisamente un passo in più.
Sta di fatto che l’intero album è stato concepito come un viaggio introspettivo sotto l’egida del modern doom nella sua quasi totalità, con qualche agente esterno (il rumore del temporale in “A Warm Place” o le sirene della polizia in “Liar” o ancora il pianto di un neonato in “The Rose And The Wind Walker”) a stemperare l’imposizione del leitmotiv del “tripudio sempre e comunque”.

I primi due brani “A Cloud Of Echo” e “A Warm Place” (e la titletrack che chiude la release) sono brevi composizioni strumentali dal sapore senz’altro evocativo, ma prive di significato se non ne si conosce il contesto. Addirittura nella seconda, lo zampillare della tastiera ricorda le tracce musicali di film d’annata… Ma anche in “Stasis” si possono trovare appigli a colonne sonore di B-movies, seppur onesti, negli anni 80, salvo poi colpire l’ascoltatore con pugni di un death metal che rimane comunque leggero e d’atmosfera.
Le potenzialità a mio avviso ci sono. Resta da capire come e dove intervenire.
Prendete “Never Again“: pezzo energico, dove backing vocals e cori primeggiano rispetto al costrutto musicale e questa volta è la voce a dettare legge (e la band lo sa, altrimenti non avrebbe scelto proprio questo brano come primo singolo). E’ chiaro che concepire un intero album in questa maniera o comunque con un’unica formula diverrebbe poi noioso e bene hanno fatto i Dormin a voler sperimentare.
Adoro “The Rose and The Wind Walker”: adoro le sottili note del piano che aprono il pezzo lentamente, così come si accarezzerebbe un prato fiorito. L’intero brano è avvolto da un vento nostalgico che ti lascia un magone in gola perchè se è vero che le melodie dominano su tutto il resto anche a discapito del cantato, è anche vero che l’intento dei Dormin è quello di creare scompensi da un punto di vista prettamente emotivo.
Se questa era la “mission” iniziale, beh… i nostri ci sono riusciti. Ma la strada che porta alla memorabilità è ancora lunga da percorrere. Potrebbe essere un inizio concentrarsi sulla riuscita di pezzi come “Therein”, il brano migliore a mio avviso, o comunque quello che racchiude meglio la fantasia artistica di chi decide di dedicarsi al doomgaze. E se questo è il futuro dei Dormin, allora tutti gli altri orpelli non servono.