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Fenisia: “Pensavano che fossimo seguaci del demonio…”

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Sono amici da sempre ed insieme hanno vissuto le esperienze che li hanno portati a scrivere album mai banali ed impegnati.
I Fenisia sono una band che arriva da Albano Laziale ed hanno un non so che di retrò, dentro e fuori.
Interessanti, proprio come l’ultimo disco “Fenisia Cafè” (la recensione).

Ecco a voi l’intervista alla band!

Salve ragazzi e benvenuti sulle pagine di Metal In Italy. Iniziamo come sempre con le presentazioni: i Fenisia vengono da Albano Laziale, con “Fenisia Cafè” siete giunti al secondo album, ma come siete arrivati a questo punto? Come è iniziata l’avventura della band?

Suoniamo insieme sin da ragazzi, tutto è nato tra i banchi nel teatro di scuola dove ci siamo esibiti per la prima volta, da lì è iniziata una fortissima intesa che ci lega tuttora. Questa sinergia che esplode quando siamo sul palco e nutre di fantasia e potenza ogni nostro brano, ci accompagna ormai da tempo e ci ha permesso di portare alla luce due album. E’ cosi che è nata la nostra avventura, siamo praticamente cresciuti assieme, un ingrediente importantissimo per costruire un identità e un carattere ben definito.

Rispetto al primo album “Lucifer” quali sono le principali differenze sia dal punto di vista musicale che stilistico? Perché avete scelto di ispirarvi al Procope Coffee di Parigi? Ha a che fare con l’espressione “Enlightened Metal” che compare sulla vostra pagina Facebook?

Il modus operandi è rimasto lo stesso di “Lucifer”, ma le esperienze maturate tra live, prove e nuovi ascolti che sono seguiti fino alla realizzazione di “Fenisia Cafè”, ci hanno arricchito e mostrato nuove soluzioni nella stesura dei brani. Abbiamo padroneggiato gli arrangiamenti con più maestria e una consapevolezza maggiore dei nostri mezzi. Ci siamo un po’ allontanati dalle nostre radici southern e addentrati in un hard rock dalle sfumature metal. Abbiamo potenziato il muro sonoro delle chitarre e lavorato molto sulle voci e i cori, arricchendoli il più possibile. “Fenisia Cafè” è sicuramente più duro e più tagliente del suo predecessore “Lucifer”.
La mia folle attrazione – condivisa da tutti i Fenisia – per uno dei più importanti e affascinanti movimenti politico/sociale/culturale/filosofico della storia, “L’illuminismo”. Il Procope ne era l’avamposto (Outpost) principale, il centro decisionale di questo movimento. Nel XVIII secolo Voltaire e Rousseau erano degli habitués, Diderot vi scrisse alcuni articoli della celebre Encyclopédie e Benjamin Franklin vi preparò il progetto di alleanza tra Luigi XVI e la neonata repubblica americana. Insomma ne fu la culla e noi lo omaggiamo con “Fenisia Cafè”. Questo ci ha portato alla stesura non di due concept album distinti tra loro ma ben sì a una trilogia che vede “Lucifer” l’inizio, “Fenisia Cafè” la sua maturazione e il prossimo album “The Spectator” il suo culmine. Nel nostro primo lavoro “Lucifer” non siamo stati compresi fino in fondo, in molti hanno ovviamente pensato che fosse l’ennesimo album dedicato al demonio! Non lo è affatto invece. La parola Lucifero dal latino Lux Ferre vuol significare colui che porta la Luce, la conoscenza. Ogni uomo di scienza durante l’oscurantismo fu accusato di essere un seguace di Lucifero. Con la parola lucifero, dunque, si vuole richiamare il sapere e la sua acquisizione, proprio come disse un noto Illuminista “Immanuel Kant”… Sapere Aude.

Chi è la mente creativa del gruppo? I brani dell’album sono nati da una collaborazione tra tutti i membri o c’è qualcuno, immagino i chitarristi, che tirano fuori qualche riff massiccio?

(Nic) Scrivo i riff base e la linea melodica della voce ma il tutto matura quando nella nostra sala prove iniziamo a suonare il pezzo. Un escalation di idee si uniscono tra loro, si amalgamano dando forma al sound. E’ in quel preciso istante che ogni membro della band elabora il proprio arrangiamento e tutti insieme costruiamo e completiamo il brano.

Rimanendo in tema di riff, da dove nasce questa predilezione per progressioni cariche di groove? C’è qualche influenza particolare che influisce sul vostro sound?

Abbiamo avuto diverse influenze nel corso della nostra vita musicale, ovviamente partiamo dalle basi del southern rock e dell’hard rock, tra le tante eccone alcune: Allman Brothers Band, Lynyrd Skynyrd, Black Crowes, Black Sabbath, Deep Purple, Led Zappelin e più di tutti assolutamente i Beatles. Ma anche il presente ci ha regalato molto, gente come Black Label Society, Alter Bridge, Winery Dogs, Metallica, Pantera, Soundgarden, Black Stone Cherry, Ozzy Osbourne e Slash hanno contribuito al nostro percorso musicale.

Vorrei che mi parlaste di “Jaded Days”, unica ballad del lotto. Come è nata l’idea di inserire un brano soft a fare da spartiacque quasi a metà del disco?

Fa parte del nostro DNA, abbiamo il southern rock che ci scorre nelle vene, abbiamo alle spalle molti live in acustico e inoltre le ballad completano il nostro sound rendendolo aperto a 360 gradi senza limitazioni. A giudicare poi dall’andamento su Spotify direi che ci ha dato ragione, in questo momento e tra i primi tre brani dei nostri due album ad avere più ascolti.

Nella recensione ho immaginato che le tracce di “Fenisia Cafè” avranno sicuramente un grande impatto in sede live, è giusta questa mia impressione?

Credo proprio di sì, già in “Lucifer” avevamo lavorato molto sul suono live. Le testate valvolari, i vari effetti comprese le chitarre sono state frutto di una ricerca accurata per giungere al risultato finale che ha dato vita al sound dei Fenisia. Io e Lian Ciaz abbiamo perfettamente i medesimi suoni, questo ci da la possibilità di avere un effetto stereo pulito e ordinato, una stessa energia e potenza dalle ritmiche ai riff fino ai soli.

Com’è il vostro rapporto con i fans e qual è stato il complimento più bello che abbiate mai ricevuto durante o dopo una vostra esibizione?

Più che i complimenti – e quelli fanno sempre piacere naturalmente – la cosa che ci ha gratificato maggiormente finora è stata la richiesta di autografi. Ci è capitato in alcuni live dove eravamo opening-act di nomi importanti. Con i Misfits al Piper di Roma e con Paul Di Anno al Crossroad di Guidonia o al Black Out con i Rezophonic. Sono quei momenti che ti rendono consapevole di aver dato al pubblico uno show importante, che lascia il segno. Non si può chiedere di meglio ad un live dove comunque sai di non esser tu la band principale, eppure quel pubblico che sta aspettando i propri idoli ti ha notato, applaudito e soprattutto si è veramente divertito.

Prima dell’uscita di “Fenisia Cafè” avete pubblicato il video di “Blizzard”, come mai la scelta è ricaduta proprio su questo brano?

Il video di “Blizzard”, girato da Beppe Platania di This Is Core Records è il ponte che unisce “Lucifer” a “Fenisia Cafè”. La chiave di lettura sta nel gioco di colore tra nero e bianco. Siamo legati da corde nel buio, imprigionati dall’oscurantismo, per poi svegliarci da un torpore condizionato dall’ignoranza fino a liberarci per raggiungere la luce, il sapere e la conoscenza lontano da oppressive costrizioni. Abbiamo scelto come titolo “Blizzard” perché è un vento potente e devastante, come devastante fu l’illuminismo e i suoi ideali nel mondo per mezzo della rivoluzione francese e americana.

A Dicembre avete firmato per This Is Core Records, siete soddisfatti dal lavoro svolto da questa etichetta?

Assolutamente sì, l’esperienza di Genova , luogo dove si trova l’etichetta, tra video e live è stata bellissima, sono molto professionali e “Fenisia Cafè” ora è su tutte le piattaforme digitali più importanti. Si è sviluppata un ottima collaborazione e speriamo sia sempre più proficua.

Ragazzi vi ringrazio per il tempo che avete dedicato a Metal In Italy, a voi le ultime parole! Lasciate un messaggio sia ai vostri fans che ai nostri lettori. A presto!

Innanzitutto siamo noi a ringraziarti Stefano, è stata un’intervista piacevole e accurata, ci auguriamo piaccia a tutti coloro che seguono Metal in Italy. Vi aspettiamo numerosi ai nostri live. E sul nostro sito Fenisia.com. Sempre Eadem Sapere Aude!