I sardi For Different Ways hanno pubblicato “Scars” EP, una raccolta di brani massicci, esplosivi, che risentono nella loro nascita di ascolti ed influenze variegate, pur posizionandosi come prodotto finito nel filone metal/hardcore. Abbiamo voluto approfondire con un’intervista esclusiva per Metal in Italy i risvolti, la nascita e i significati profondi di un lavoro che non si pone solo come una raccolta di canzoni “heavy”, ma una vera e propria dichiarazione di intenti e un grido che si alza nella piatteza di contenuti che la società moderna propone in maniera sempre più pressante.
Si potrebbe dire che “Scars” rappresenta un’evoluzione nel vostro sound, con una miscela di sonorità hardcore, punk ed elementi più moderni. Come è nato questo EP e cosa volete che rimanga in testa e nel cuore di chi lo ascolta?
Assolutamente, e questo ci fa molto piacere. Questo processo è avvenuto in maniera fluida già da “Awareness”. Sicuramente con l’arrivo di Nat alla seconda chitarra abbiamo cambiato parecchio, e con l’innesto nella line-up di Roberto al basso, a fine 2022 abbiamo trovato il giusto equilibrio.
Non ci siamo fossilizzati sull’idea di stare dentro ad un genere. In “Scars” abbiamo lavorato sodo sugli arrangiamenti delle chitarre e le dinamiche della sezione ritmica, spesso singolarmente, creando diverse versioni di ogni traccia per poi portarle in sala, registrare delle versioni demo e dopo diversi ascolti scegliere cosa tenere. Aldilà del messaggio, quello che resta all’ascoltatore è sempre soggettivo. L’importante è che ogni traccia generi empatia, lasciando un segno in chi ascolta.
C’è un filo rosso che connette tutti i brani?
Volevamo un sound che legasse bene ai testi e fosse diretto. I brani sono tutti ispirati ad eventi reali. In ogni traccia c’è un o una protagonista che lotta e affronta le battaglie della vita. Questa lotta lascerà un segno indelebile e una lezione importante ad ognuno di loro.
Come avete integrato le varie influenze (avete anche fatto riferimento ad elementi hip hop, oltre che hardcore punk e metal) nella vostra musica e come hanno contribuito a definire il vostro sound unico in “Scars”? Cosa rende riconoscibili i vostri pezzi secondo voi?
Per noi la musica è un linguaggio universale ed è inclusiva, non esclusiva. Le tracce dell’EP suonano familiari ai Metalheads come ai B Boy… Se funziona per noi, è motivo di grande soddisfazione. Abbiamo sempre puntato a comporre pezzi che fossero replicabili al 100% dal vivo, senza complicarci la vita, che suonassero meglio in live che su disco. Come dicevamo prima, la ricetta è un approccio diretto e dai contenuti genuini, che impatti concretamente sull’ascoltatore.
“Awareness” sembrava essere il punto di partenza di questo viaggio musicale, mentre “Scars” sembra avere una propria identità distintiva. Cosa differenzia “Scars” dal vostro precedente lavoro?
È andata così, mentre lavoravamo su “Awareness”, tipo fine 2019, ad un certo punto, ci siamo ritrovati in 3 a comporre. Abbiamo cambiato 3 chitarristi in 10 mesi, stavamo partendo con un mini-tour ed è arrivata la pandemia. Subito dopo, il bassista era fuori per lavoro. È stato lungo e complicato, lo abbiamo chiuso dopo 2 anni.
“Scars” è frutto del lavoro della nuova line-up al completo. 5 teste, cuore e sudore a Tana delle Tigri!! Ci sono idee nuove, tante contaminazioni, il risultato è un suono molto personale e maturo.
Nel vostro commento sull’EP, parlate delle esperienze che lasciano segni e della loro trasformazione in qualcosa di prezioso. Come queste esperienze personali hanno influenzato la creazione di “Scars” e come avete tradotto queste emozioni nell’EP?
Non siamo più ragazzini, ci siamo rotti le ossa e ne portiamo i segni. Volevamo che “Scars” lanciasse un messaggio chiaro: Non esistono i surrogati. Nessuno decide per te.
Tutte le esperienze, specie quelle traumatiche, vanno vissute, accolte; non esistono scorciatoie. La vita è dura e ci si fa male, ci vorrà del tempo per metabolizzare ogni cosa e rimarranno le cicatrici. Queste emozioni tendiamo a reprimerle, nasconderle, ed alla fine diventano ingombranti patologie.
Abbiamo provato a fare un lavoro di introspezione e parlarne tra noi affrontando argomenti scomodi apertamente, senza filtri.
Abbiamo scritto 5 tracce, 5 storie, 5 stati d’animo. Così è nato l’EP, ci ha fatto bene. Speriamo faccia lo stesso effetto anche a chi lo ascolta.
La scena musicale underground in Sardegna sta emergendo sempre di più. Come pensate che la vostra musica e il vostro percorso abbiano contribuito a plasmare o influenzare questa scena e quali sono le sfide principali che affrontate come band emergente in questo contesto?
La scena è in fermento e per fortuna ci sono band validissime e tanti artisti emergenti. Ad oggi noi non riteniamo di essere particolarmente influenti da avere un peso specifico nella scena. Facciamo il possibile per supportarla, questo è il nostro contributo. Le sfide per chi vive in un’isola stupenda come la nostra riguardano principalmente la mancanza di spazi dove organizzare concerti e l’aspetto logistico. Fare un tour e varcare il mare nel 2024 è sempre più complicato e questo non riguarda solo i musicisti e un freno a mano per tutta la nostra economia: questo è inaccettabile.
“Scars” è un lavoro profondo che va oltre la mera produzione musicale, portando con sé riflessioni e critiche. C’è qualche brano in particolare dell’EP che sentite rappresenti meglio questa profondità e che ha un significato particolare per voi come band?
Il singolo “Adversus” parla chiaro. Esprime il nostro punto di vista sui tentativi di distrazione di massa messi in atto dalla regia che controlla e decide che l’1% determini la vita e la sofferenza del 99% della società in cui viviamo. Non ci adegueremo, non siamo prodotti, non smetteremo di sabotare l’ingranaggio del sistema.
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