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Frankenstein Rooster: “The Nerdvrotic Sounds’ Escape” – Recensione

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Frankenstein Rooster artwork

Mettere insieme Rock, Metal, Jazz, Funk e qualche contaminazione elettronica, un po’ come avvenuto per la creatura di Mary Shelley, questo sembra essere l’intento di Raffaello Indri (Elvenking – chitarra, basso e tastiera) e Camillo Colleluori (Hollow Haze – batteria), ovvero le due menti che si nascondono, mica tanto poi, dietro il monicker Frenkenstein Rooster.

Senza voler scendere nel particolare di ogni singola traccia, dal momento che ognuna brilla di luce propria ed è un’entità a sé stante, risulta più giusto dare uno sguardo d’insieme sull’intera produzione: la prima caratteristica che balza all’orecchio è la straordinaria facilità con la quale i nostri passano da un genere all’altro senza che l’ascoltatore avverta il minimo “scalino” dovuto a passaggi forzati.

Dal punto di vista prettamente strumentale, perché ovviamente “The Nerdvrotic Sounds’ Escape” è un album senza liriche, emerge prepotentemente la tecnica cristallina di Raffaello, il quale non si limita solo a sciorinare solos alla velocità della luce, ma con sapienza riesce a creare passaggi intricati ed intriganti, il tutto condito da ritmiche che alternano progressioni semplici ad altre molto ricercate. Ovviamente in questo quadro va inserito anche l’apporto di Camillo, sempre preciso e pronto a seguire le evoluzioni funamboliche dell’axeman.

Impossibile non trovare qualche richiamo a guitar heroes del calibro di Steve Vai e Joe Satriani, con quest’ultimo a giocare un ruolo fondamentale, come non avvertirne la presenza in “Beastly Dancing”? Proprio questa traccia contiene una delle citazioni cinematografiche che maggiormente ho apprezzato: stiamo parlando di Lino Banfi e Paolo Villaggio in “Fracchia – La Belva Umana”, anche se non è questo l’aspetto più interessante di un brano che colpisce invece per le ritmiche rock cadenzate, per le aperture fusion ed alcune accelerazioni fulminanti.

Cosa rimane all’ascoltatore al termine dei brani? Sicuramente tanta soddisfazione, per aver ascoltato un album decisamente dinamico, che non lascia spazio alla noia, che non si abbandona a semplici dimostrazioni tecniche, ma che cerca di creare qualcosa che rimanga ben impresso nella mente, come non ricordare il “ritornello” della titletrack, o la linea melodica di “The Spirit Of Shawn”, dedicata al chitarrista Shawn Lane. Questi sono solo alcuni episodi, ma ogni traccia racchiude in sé qualcosa che la fa rimanere ben impressa nella mente.

“The Nerdvrotic Sounds’ Escape”, che giunge a sei anni dall’esordio avvenuto con “The Mutant Tractor”, è un ottimo esempio di come si possa fare musica strumentale complessa, ragionata, ma allo stesso tempo impulsiva e che si prende poco sul serio, senza per questo svilire l’elevato contenuto tecnico dei brani.