E’ una di quelle date che fissi nella testa e restano indelebili nella storia, come tutti gli accadimenti importanti. Da quelli belli a quelli brutti.
24 novembre, anno 1991. Alle 18:48 moriva Freddie Mercury, nato Farrokh Bulsara, leader dei Queen, ucciso da una broncopolmonite aggravata dalle conseguenze del contagio fatale del virus dell’HIV.
Venticinque anni fa veniva a mancare un’icona, un uomo che è diventato leggenda prima ancora di sparire da questo mondo. Ha consegnato alla storia alcune delle canzoni più belle di sempre, pioniere di quel modo sfrontato e al tempo stesso così naturale di stare sul palco, autore di inni che sono la colonna sonora dei momenti più importanti della nostra vita.
Nessuno come lui. Nessuno mai.
Oltre 100 le statue sparse per il mondo e lui dedicate, con le più famose che si trovano a Montreux, in Svizzera e presso il Dominion Theatre di Londra.
A lui è dedicato un asteroide scoperto nel 1991, a lui è stato dedicato il più grande tributo della storia.
A lui si deve un primo sguardo indiscreto del mondo sulla piaga dell’AIDS e nel 1996, la ricerca riuscì ad introdurre sul mercato medicinali che ne arrestassero gli effetti mortali.
Scalzo e in mutande (Montreal 24 novembre 1981), in giacca gialla o con la corona (Wembley, luglio 1986), Freddie Mercury resta il più grande di sempre. Fonte d’ispirazione per la musica tutta. Imitato da molti, odiato da pochi, replicabile da nessuno.
