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Hellucination: “Katabasis” – Recensione

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Debutto sulla lunga distanza per i capitolini Hellucination, “Katabasis” elargisce bastonate dalla prima all’ultima nota, senza alcun compromesso.

Il sound dei Nostri può essere inquadrato tra Death, Deathcore e Melodic Death, con soluzioni che catturano sicuramente l’attenzione dell’ascoltatore. In primo piano c’è il lavoro svolto dalle chitarre, sempre taglienti e dalle distorsioni raggelanti; i due axemen riescono ad alternare passaggi veloci ed articolati ad altri più cadenzati, leggasi breakdown. Le ritmiche quadrate rappresentano un punto di forza del songwriting, perché inseriscono nel tessuto musicale quella variazione necessaria per non risultare troppo monolitici.

La voce di Francesco Xella, che tra l’altro imbraccia anche la chitarra, è sempre cavernicola e rabbiosa, in alcuni frangenti potrebbe risultare leggermente monocorde, ma ciò rientra nello stile della band. Ciò che non convince pienamente è il suono della batteria, troppo asettico e quasi slegato dal resto degli strumenti, ma questo non va ad inficiare la prova del drummer Andrea Scimò, sempre preciso e martellante.

Gli Hellucination hanno dalla loro una grossa dose di Groove, che si traduce in ritmiche asfissianti sia quando si tratta di pestare sull’acceleratore, che in caso di rallentamenti. In effetti i cambi di tempo contribuiscono a rendere la proposta musicale più varia e dinamica, non trascurando alcuni passaggi “melodici” delle chitarre, che spezzano il ritmo e dimostrano quanto la band sia in grado di variare sul tema.

“Katabasis” è un lavoro compatto, granitico, che non mancherà di generare headbanging come se non ci fosse un domani; i presupposti per fare bene ci sono, quindi non ci resta che attendere ulteriori sviluppi.