Gli Ibridoma si apprestano a registrare il loro quarto album, ma noi non abbiamo voluto perdere l’occasione di recensire “Goodbye Nation” risalente al 2014, perché si tratta di una release interessante.
Il genere proposto dai Nostri attinge a piene mani dal Metal classico di Judas Priest et similia, ma con suoni e soluzioni decisamente moderne. Non è quindi l’originalità il punto forte della band marchigiana, ma senza dubbio lo sono le soluzioni adottate e le composizioni dotate di personalità, che rimangono ben impresse nella mente. Punto forte è sicuramente la voce di Chriastian Bartolacci che unita al riffing tagliente di Marco Vitali e Sebastiano Ciccalé, al drumming possente di Alessandro Morroni ed al basso di Leonardo Ciccarelli, costituiscono un insieme piacevole e coinvolgente.
Nell’album ci sono anche alcune guest di tutto rispetto: stiamo parlando di Fabio Lione in “Land Of Illusion”, Paolo Ojetti in “Goodbye Nation” e Ralph Scheepers in “My Dying Queen”. L’opener “City Of Madness” inizia subito con il piglio giusto, le ritmiche sono serrate ed imperiose. Con la già citata “Land Of Illusion” gli Ibridoma assestano un altro duro colpo, anche qui il ruolo fondamentale è giocato dalle chitarre, che inducono ad un headbanging sfrenato, mentre il chorus richiama alla mente gli Alter Bridge e merita di essere cantato a squarciagola, suona familiare sin dal primo ascolto. Stesso discorso per “Goodbye Nation”, azzeccati in questo caso sia la strofa che il ritornello, dimostrando che la band è in grado di dar vita a composizioni davvero coinvolgenti. Con “Anja” i toni si placano, si fanno più dilatati ed ancora una volta le linee melodiche del singer Chriastian Bartolacci sono ben congegnate, così come le chitarre ariose che fanno da supporto.
“Dreans Of The Dreams” torna a pestare duro, anche se in questo caso i tempi sono ancora una volta dilatati, distesi e decisamente easy listening; mentre con la seguente “My Dying Queen” si riaccendono. Menzione particolare merita “Arcobaleno”, brano che vede nella chitarra acustica l’elemento fondamentale e caratterizzante, oltre al cantato in italiano che calza alla perfezione per questa traccia. Maggiormente proiettata verso soluzioni più moderne è “My Star”, soprattutto nel riff portante e nel drumming arrembante. Con “You Are A Liar” si chiude “Goodbye Nation”, un album convincente e ben fatto, che ci consegna una band consapevole dei propri mezzi e dalla quale è lecito aspettarsi grandi cose.
Come detto in precedenza, la proposta musicale non fa leva sull’originalità del genere, ma questo non è un peccato, perché non è facile riprendere gli stilemi classici di un genere, riproponendoli in una nuova veste senza risultare stucchevoli o ripetendo pedissequamente quanto fatto in passato. Attendiamo il quarto album, che non tarderà molto ad arrivare.