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Infall: “Nitecomes” – Recensione

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“Il problema non è la caduta ma l’atterraggio”.
Questione di “opening” per gli Infall, Post Hardcore band di Arona, alle prese con la prima uscita discografica.
Ecco “Nitecomes“, ecco l’EP che invece dell’ascesa celebra la caduta, ma d’altronde si sa: per raggiungere le vette più alte, c’è bisogno di partire dal basso ed avere la consapevolezza di sapersi rialzare quando il momento lo richiede.
L’album degli Infall è una vita frenetica che scorre dinanzi agli occhi e che attinge ai ritmi ossessivi del Post Hardcore per scandire i giorni.
Perchè questione di “opening”? Perchè la intro di “Nitecomes” è composta dalla frase d’apertura del film “L’odio” (1995) ed il plot diventa il pretesto per comporre una sorta di Acab in musica, per la violenza, non tanto dei testi, quanto della carica musicale che viene sparata in faccia senza ritegno.
Gli Infall sono incazzati ed il Post Hardcore ha trovato pane per i suoi denti. Ma la band non si limita solo a vomitare odio. Sarebbe troppo facile e forse lo sapremmo fare tutti. I piemontesi vogliono far capire che dietro ad ogni singola nota o frase o giro di basso c’è un “perchè”, condito da ricerche anche stilistiche che non fanno di un pezzo “un urlo e basta”.

In “Nitecomes” c’è la fase bolide, quella potente di “Hail Everyone” o “Primary Motor Cortex”; c’è la fase riflessiva di “The Fall”, pezzo strumentale, lento e cadenzato che regala l’esatta sensazione della caduta libera mentre passi in rassegna i vari piani di un grattacielo ed hai la vita che ti scorre davanti; e c’è anche la fase della ricerca e della completezza di “Spitfire”, una track che inizia con atmosfere dark per poi sfociare nel crudo Hardcore, e di “Banally”, brano che addirittura contiene una citazione di Felliniana memoria (“Adesso c’è soltanto il sentimento di un buio in cui stiamo sprofondando”).
“Nitecomes” si chiude con “The Fib”, traccia ben strutturata seppur di breve durata, una sorta di concentrato di stili che non disdegna piccoli richiami al Thrash e dove la chitarra di Miky si pone al pari del rullante impazzito del drummer e l’intera band regala un prodotto d’insieme di stampo moderno ed accattivante, pura energia da riversare assolutamente sul palco in sede live.
Eccovi servito il biglietto da visita degli Infall. E se pensiamo che la band ha un anno e mezzo di vita (febbraio 2014) non possiamo che commentare (ritornando alla frase completa dell’opening): “Fin qui tutto bene”.