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Inverted: “The Age Of Harvest” – Recensione

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Questo nuovo lavoro in studio degli Inverted, “The Age Of Harvest”, arriva a 4 anni di distanza dal debut “Point Of Crossing”.
Il quintetto, per questa nuova uscita targata Grindhouse Music, sfodera tutta la sua malvagità e brutalità in circa mezzora di durata di tutto il platter.
I pezzi si lasciano ascoltare, riff taglienti, melodie curate e parti estreme supportate da una doppia cassa sempre presente che scandisce il ritmo ossessivo e mai confuso di ogni pezzo.

Gli Inverted hanno saputo mettere insieme, con esperienza, le loro influenze senza mai andare a copiare
dai loro idoli, ricercando invece un loro stile personale.
I brani si susseguono uno più malvagio dell’altro.
Da citare anche alcuni passaggi con arpeggi e parti melodiche molto intriganti e piacevoli, eseguiti quasi a voler far riposare gli ascoltatori prima di un altro pugno in faccia. La sezione ritmica qui fa un lavoro estremamente rilevante, la batteria scandisce il tempo, arrangiata con gusto e senza mai eccedere, una prova del tutto all’altezza con gli standard del disco.

Le vocals si intrecciano in maniera inteligente per rinforzare la devastazione dei pezzi più estremi e soddisfare i palati di chi ascolta questo genere.
Durante l’ascolto le canzoni scivolano via in maniera fluida, alcuni passaggi di pregio possono essere ricordati, ma nel complesso questo disco risulta avere una dose di buone idee, personalità e anche il livello di composizione è sopra la media.
La produzione risulta essere curata nei minimi dettagli ed i suoni scorrono puliti e taglienti. Ogni cosa è amalgamata con gusto.
“The Age Of Harvest” si attesta a buoni livelli. Forse la durata e le poche parti ariose e melodiche, che fanno riconoscere le potenzialità del quintento sono ridotte al minimo. Il disco risulta forse troppo omogeneo è manca di quello step che fa la differenza.

Raccomandato a chi segue il Death metal classico e vuole ampliare i propri ascolti.