Un lungo viaggio da Memphis a Los Angeles, con una chitarra sulle spalle e la voglia di cercare fortuna con la musica, così i ragazzi del KLEe Project ci raccontano l’album “The Long Way”. Rock, Southern, Metal ed Alternative, come far convivere queste “anime” e generare qualcosa di accattivante, perché come affermano loro “Le belle canzoni non moriranno mai”.
Ciao ragazzi, benvenuti sulle pagine di Metal In Italy. Il Klee Project è nato da poco, ma voi avete già tanta esperienza. Potreste presentarci il vostro progetto? Come nasce e rappresenta il monicker?
Ciao Stefano, innanzitutto grazie per lo spazio che ci hai concesso. Il riferimento sul monicker va chiaramente a Paul Klee, pittore che ha dato il maggior contributo a un nuovo stile con una personalità artistica ricca e multiforme, nonché eccellente violinista e amante della musica classica.
Rock, Metal, Southern ed Alternative, nella proposta musicale ci sono tanti elementi caratterizzanti, come siete giunti alla formulazione del sound del Klee Project?
Ci fa davvero piacere che tu abbia colto in maniera così precisa lo spirito del disco. Citando nuovamente Paul Klee, siamo rimasti affascinati dal suo dipinto “Eros” per l’accostamento cromatico tra i colori freddi e caldi e per l’intenso dinamismo. Ci siamo resi conto che tutto ciò si sposava perfettamente con la musica che stavamo scrivendo: un sound che racchiudeva le nostre varie influenze, atmosfere multiforme e un viaggio musicale ben preciso.
“The Long Way” è la prima release, sia dal punto di vista sonoro che lirico avete reso bene l’idea del viaggio. Cosa esprime la vostra musica? Quale storia raccontate?
Tutto nasce dalla volontà di esprimere qualcosa che ci rappresentasse dal punto di vista musicale ma anche da quello personale, che portasse in musica una serie di sensazioni ed esperienze senza l’obbligo di seguire alcun cliché o influenze di mercato. Dal punto di vista lirico ci siamo accorti, a metà lavoro, che involontariamente stavamo seguendo una strada ben precisa, stava nascendo un concept album e abbiamo deciso di ultimare la storia con questa idea. E’ la storia tra presente, passato e futuro di un giovane musicista, che parte da Memphis con la sua chitarra percorrendo la vecchia Route 66 direzione L.A. per cercare fortuna con la sua musica. Il desiderio di realizzare il suo sogno ad ogni costo, una storia d’amicizia, vendetta, di compromessi, di successo, quel successo che una volta raggiunto porta a perdersi per poi fuggire e ricominciare tutto da zero, con la passione della prima volta. E a fare da contorno al tutto, c’è una bella storia d’amore, tra passione, desiderio, unione e distacco, fino a ritrovarsi l’uno per l’altra attraverso una nuova vita che nasce e completa il viaggio del protagonista. E’ un po’ la storia di tutti coloro che vogliono lasciare un segno con la loro musica.
Per la realizzazione dell’album vi siete avvalsi di collaborazioni importanti. Chi ha partecipato alle registrazioni? Perché la scelta è ricaduta proprio su questi musicisti?
Le nostre esperienze artistiche a livello professionale maturate negli anni, ci hanno permesso di coinvolgere una serie di amici che eravamo sicuri potessero definire in maniera inconfondibile il sound del progetto: Marco Sfogli (Pfm, James La Brie) alle chitarre, Lorenzo Poli (Vasco Rossi, Nek) al basso e Antonio Aronne (Pavic, Figure Of Six) alla batteria, nonché una vera orchestra sinfonica diretta ed arrangiata dal Maestro Francesco Santucci, che ci ha deliziato con un solo di sax sulle chitarre di Massimo Alviti nella reprise di “Lucrezia’s Night”. Inoltre abbiamo avuto il contributo di Tina Guo (Foo Fighters, Cirque Du Soleil, John Legend), che ha arrangiato magistralmente il violoncello su “Hereafter”. L’ album è stato registrato al Memphis Recording Studio di Roma da Gabriele Ravaglia che ha lasciato il suo Fear Studio con una station wagon carica di amplificatori e chitarre! Volevamo solo il meglio in circolazione!
La musica che proponete è sicuramente carica di emozioni, ma ci sono anche tanti spunti più aggressivi. Come si è sviluppata la fase di scrittura dei brani?
E’ stato tutto molto spontaneo, visto che la composizione dei brani ha richiesto soltanto un mese di lavorazione serrata in studio. Altresì è vero che per la realizzazione del progetto, sono stati necessari ben quattro anni di lavoro perché non volevamo lasciare nulla al caso. Curare gli arrangiamenti e i suoni nella maniera più dettagliata possibile è stata una nostra priorità. La musica doveva seguire perfettamente quello che noi avevamo dentro ma doveva anche personificare i sentimenti del nostro protagonista.
Tra tutte le tracce ce n’è qualcuna a cui vi sentite particolarmente legati? O che ritenete possa rappresentare al meglio l’essenza del Klee Project?
“Everybody Knows”, “If You Want”, “The Long Way” e “Southern Boy”, rappresentano la sintesi perfetta del sound del Klee Project. Un suono diretto a tratti aggressivo, dove la melodia la fa da padrone e che spazia dagli interventi orchestrali alla musica elettronica, elemento distintivo della band.
“The Long Way” è un album molto curato, denota una particolare attenzione per i particolari, la produzione è ottima, si tratta insomma di un prodotto che ha tutte le carte in regola per ottenere grandi consensi. Quali credete siano le qualità della vostra proposta musicale?
Grazie ancora per i complimenti e la tua analisi puntuale. In effetti non era facile produrre un album così ricco di elementi e sonorità. Spesso abbiamo dovuto fare delle scelte e togliere degli arrangiamenti a cui eravamo legati in fase di preproduzione, per creare i giusti piani sonori e far arrivare la nostra musica “In faccia”. Per questo ci siamo affidati per il mix a Francesco Altare, che ha saputo valorizzare le composizioni in maniera eccellente dandogli il giusto “punch”. Per il mastering non potevamo non affidarci a Riccardo Parenti, col quale collaboriamo da anni, che nel suo Elephant Mastering ha dato alla grande quel vibe analogico, ma cristallino che desideravamo. Tra l’altro abbiamo realizzato anche un master per vinile e quindi…
Spesso si sente dire “nella musica è stato già inventato tutto”, per sottolineare il fatto che è impossibile creare qualcosa di nuovo. Siete d’accordo con questo punto di vista? O si può comunque dar vita a qualcosa di eccezionale riproponendo un sound ben rodato?
E’ normale che come nella moda anche nella musica ci sia una ciclicità ed un riproporsi di vari elementi a volte anche mischiati tra di loro. Comunque anche riproponendo quel “messaggio” l’importante è evolversi elaborando un nuovo stile, ma soprattutto un sound che sia al passo con i tempi. Quello che crediamo fortemente è che i dischi siano scritti per un pubblico che non sia solo fruitore della musica, ma anche protagonista della stessa. Melodie che le persone possano apprezzare e cantare a squarciagola anche dal vivo! In ogni caso indipendentemente dallo stile proposto, le belle canzoni non moriranno mai!
Quali sono i programmi per il Klee Project nei prossimi mesi? Ci sono degli obiettivi che vi siete prefissati?
Abbiamo girato il videoclip del primo singolo “Everybody Knows”, con la regia di Carlo Roberti di Solobuio Visual Factory. Inoltre siamo in contatto con varie etichette discografiche per la release dell’album. Ci stiamo prendendo i nostri tempi per fare la scelta migliore. Non vediamo l’ora che il pubblico possa ascoltare “The Long Way” e soprattutto venirlo a cantare con noi durante i nostri live show.
Grazie ragazzi per il tempo che mi avete concesso, a voi il compito di concludere l’intervista lasciando un messaggio ai nostri lettori. A presto!
Grazie a te Stefano per questa bell’intervista e a tutti gli amanti del Rock/Metal moderno, aspettate ancora un poco e vi assicuriamo che impazzirete per il Klee Project! Un saluto da Roberto ed Erk… Rock On!