Riprendiamo il discorso interrotto nella prima puntata passando alla pedaliera: ci ricolleghiamo al discorso cavi con cui avevamo concluso la prima parte dell’intervista parlando del sistema wireless che utilizzi…
Da qualche anno utilizzo il Shure Model GLXD-1, scoperto circa nel 2018 grazie a Mariusz dei Riverside, nel periodo in cui ho lavorato con loro (dal 2017 fino al Covid). Oltre alla nota qualità Shure, il vantaggio principale è la durata della batteria: abbiamo fatto dei test, con due ore di concerto a sera ne abbiamo fatti tre prima di arrivare a metà carica. Ha la sua batteria interna, la ricarichi con mini USB, va bene anche l’alimentatore del telefono! Ha anche un raggio d’azione impressionante, senza disturbi o perdite di segnale anche nei palchi più grandi… solo una volta, al Substage a Karlsruhe, di fianco alla stazione, quindi puoi immaginare con quale livello di interferenze, ha avuto un piccolo disturbo di una frazione di secondo: sono salito sul palco, ho schiacciato il tasto dei canali e lui, in meno di due secondi, si è spostato su un canale pulito da disturbi. Altra cosa importantissima, puoi avere non so quanti bodypacks con la stessa base, quindi li puoi montare sui diversi strumenti senza doverlo cambiare quando cambi strumento. Con i Lacuna Coil, ad esempio, Cavallotti ha 3 chitarre, tutte e tre con i loro bodypack, e quando c’è da cambiare, se ne spegne uno, si accende l’altro e sei già pronto. Ultimissima chicca, ha l’accordatore integrato che funziona benissimo, quindi hai un pedale in meno.
All’inizio suonare con il wireless sembrava anche una cosa da “sborone”come si dice da noi, ma poi la comodità vince… quando poi ho cominciato anche a suonare su palchi molto grandi, per non avere 18 metri di cavo e rischiare di inciampare io o far inciampare gli altri, è diventato una necessità.
La pedaliera è alimentata da una powerbar Palmer, marca ottima… Diciamo che il vecchio sistema oldschool con una ciabatta e 25 trasformatori diversi, non è proprio la soluzione ottimale. Questa powerbar ha 3 linee separate, due con lo switch 9-12-18v e 1 splittata in 6 a 9 volt, e ha un sacco di ampere, che è poi una delle cose più importanti.
In sequenza ho il pedale del volume, preso da pochissimo perché ormai il precedente lo avevo da quando avevo 14 anni, un vecchio Dunlop che assomigliava a un wahwah: il suo problema era che non chiudeva più del tutto e non c’era verso di ripararlo, e per me che amo anche fare ambient, drone e simili, risultava molto limitante. Quello attuale è un Morley che ha una feature interessantissima per chi, ad esempio, ha un ampli monocanale e vuole un suono più pulito e uno più distorto: metti il distorto al massimo, poi sul pedale hai un potenziometro che regola la percentuale di segnale che passa, così quando lo attivi è come se avessi un canale in più. L’attivazione è ottica, non ci sono corde di spago, barrette di plastica o cose che si possano rompere quindi anche l’affidabilità e senza dubbio alta: con i Riverside mi è capitato che si rompessero i cordini di ben due pedali e ripararli è stato tutt’altro che agevole… quindi, ottico tutta la vita. Dopo il volume vado dentro al Sansamp: tengo tutti i potenziometri una tacca più indietro della base, tranne i medi: in questo modo sembra non faccia nulla, ma se lo spegni la differenza la senti: con il Sansamp attaccato, esce tutto meglio, le corde sono più bilanciate, ti riempie quelle frequenze che non hai dall’ampli. Poi chiaramente se usi di più i potenziometri, il suo carattere esce fuori, ma d’altra parte, se esageri poi non esci nel mix, il suono peggiora… dipende da cosa ti serve, dal genere che fai e cosa ti piace: ad esempio durante il lockdown ho registrato una cover dei Pantera e li, spingendo un po’ su distorsione e blend, ho tirato fuori il suono che serviva grazie al Sansamp.
Dal Sansamp si entra nell’MXR, altra bass DI: ho suonato con i Riverside per non so quante date entrando direttamente nell’impianto dalla DI dell’MXR; può anche capitare in situazioni normali che un fonico ti dica che, oltre all’ampli, vuole anche il segnale puro e gli dai quello della DI senza alcun problema. Questo pedale me l’ha fatto conoscere il produttore dei Me and That Man quando abbiamo registrato il secondo disco: a quell’epoca avevo dei pedali veramente “brutti”…. ce ne sono alcuni così brutti che a volta fanno il giro completo e diventano belli grazie alla loro bruttezza, o comunque acquistano un “perché”… erano di una marca sempre polacca, Exar, costavano 10-15 € e li ho usati per un sacco di tempo, soprattutto uno, il Tuber che era una sorta di clone del TS8. Ad ogni modo, quando ho attaccato l’MXR me ne sono innamorato e ne ho capito l’importanza: quando usi il basso distorto, devi stare attento che non ti scompaiano alcune frequenze: molte volte ti si assottiglia troppo il suono. La cosa veramente incredibile che adoro di questo maledetto pedale è che quando lo attacchi non cambia niente del suono che hai quindi puoi modulare volume e gain senza perdere in alcun modo presenza.
Dall’MXR si va allo Small Clone Ehx, un chorus che ho da una vita, l’ho comprato con gli At the Soundawn nel 2005-6 ed era già usato. Come tutti gli Ehx che ho avuto, sono pedali con dei suoni fantastici, ma tutte le volte lo attivi fa dei botti impressionanti. Per me rimane il chorus più bello che abbia mai sentito, ma ha questi minus… oltre ai botti, ad esempio, ha lo spinotto dell’alimentazione che è un minijack, quindi serve un adattatore.
Poi arrivano dei bei pedali boutique, i Taurus, fatti da gente preparatissima di Danzica, ma anche questi hanno le loro belle particolarità… intanto l’in e l’out sono invertiti: di solito entri a destra ed esci a sinistra, loro invece no… non so se sia stato perché volevano fare gli alternativi o erano sbronzi ma hanno invertito le due uscite, quindi ho sempre avuto delle pedaliere con cavi lunghissimi per arrivare ai loro ingressi… ma non solo, vanno anche a 12volt e, per finire, polarità invertita. Ad ogni modo, dopo un po’ di tempo hanno capito di aver complicato la vita ai musicisti e hanno cominciato a farli uscire a 9V e con in e out giusti. Ho l’Abigar che è un distorsore, meraviglioso con uno switch per sonorità classiche, moderne o un mix delle due, ha una chiarezza di suono impressionante, se non lo spingi al massimo ha un bel crunch intenso, perfetto per del rock. Poi c’è il riverbero che si chiama Zebu, uno dei più belli che abbia mai sentito: in realtà è un riverbero più delay, ma io lo uso solo come riverbero anche se ha il difetto che, una volta spento, la coda si interrompe. Infine un octaver, che è l’ultimo che mi hanno dato, il Dexter. Io ho l’octaver sempre acceso: con il basso un pochino di ottava alta, che come suono si sente pochissimo ma aiuta a riempire quelle frequenze che mancano e uscire meglio nel mix. Anche in questo caso me l’ha fatto scoprire un fonico che me l’aveva fatto mettere apposta per uscire meglio, ed effettivamente è così… poi se metti l’ottava alta al massimo assieme a del riverbero, riesci a tirare fuori quasi un sitar. Il bello di questo pedale, che non tutti gli octaver hanno, è che ogni ottava ha il suo volume separato, quindi puoi miscelare intensità e presenza.
L’ideale sarebbe avere in pedaliera solo pedali true bypass, cosa che non sempre è possibile (ad esempio lo small clone non lo è), perché se un true bypass smette di funzionare, non ti interrompe la catena e in generale secondo me lavorano meglio, avendo la possibilità di miscelare il segnale processato e quello pulito.
La pedaliera si chiude con il Line 6 DL4, dove ho salvato due suoni dal 2003/4, quando sono stato in studio da Riccardo Pasini (Studio 73) durante la registrazione di Shifting degli At the Soundawn, e avevo bisogno di due delay… che sono rimasti gli stessi negli ultimi 20 anni. Lo uso spesso anche come looper ed è molto divertente.
Ho sempre strutturato la pedaliera in modo tale che andasse bene sia per chitarra che per basso… adesso il sansamp e l’mxr sono specifici per basso, ma basta sostituirli con un ts8 e un fuzz, e hai una pedaliera perfetta per chitarra.
Dulcis in fundo, la luce dell’Ikea perché con i Blindead avevamo questa idea di avere sempre poca luce ed essere illuminati dal basso. In realtà viene anche buona per illuminare la pedaliera stessa quando hai poca luce sul palco…
Ok, è giunto il momento di scoprire dove escono tutte queste cose… testata e cassa?
Il mio amplificatore principale è un Ampeg SVT 3 Pro: è stato il mio primo ampli, quello che ho provato più a lungo e quello che uso di più. Ho provato tutti gli SVT: dall’uno all’otto: il 3 e l’8 sono a mio parere i più simili e sono i due che ho. Il 3 rimane il mio preferito: con quello ho lo stesso setup e la stessa equalizzazione dal 2012, ed è lo stesso setup che ho usato per registrare dai Jesus Ain’t in Poland (grindcore), ai Blindead (sludge metal), ai Me and that man (dark folk blues rock). Al massimo è capitato qualche volta che il fonico, visto che la testata ha un eq grafico, mi chiedesse di alzare o abbassare qualche specifica frequenza spesso sulle medio basse, che magari, a seconda di com’è fatto il locale, possono dare fastidio o altro. A livello di aneddoti, la mia eq è la stessa di Mariusz dei Riverside… avevamo fatto una data insieme, mi piaceva un sacco il suono che aveva e ho spudoratamente fatto una foto alle sue impostazioni. Sempre per restare nell’originalità, l’SVT 3 Pro è accoppiato al suo frigorifero, l’Ampeg 8×10, l’acerrimo nemico di tutte le schiene e di tutte le Panda. A proposito, ne approfitto per un appello: Ampeg, se leggete questo, mettete delle maniglie in più nei vostri 8×10: sono pratiche, non costano tanto e tutti vi ringrazieranno! Ci sarebbe anche la 6×10, che ha sempre Mariusz dei Riverside, ma l’8×10 è una di quelle combo che gli è venuta benissimo e suona che è una meraviglia. Ne ho provate altre di 8×10, quella dell’Aguilar, quella dell’Orange, ma a mio parere non suonano altrettanto bene. Poi magari c’è una componente psicologica, probabilmente quel suono l’hai sentito così tante volte e così bene che è diventato il tuo standard. E’ anche vero che con i Me and That Man, su palchi medio grandi, il nostro fonico prende solo la DI… ogni tanto microfona anche la cassa per avere un po’ di segnale da miscelare, ma capita sempre più raramente: infatti, altro plus dell’SVT 3 Pro è che ha la DI migliore che ci sia tra quelle integrate nelle testate, cosa confermata anche da un sacco di fonici. Ad ogni modo, dovendomi spostare molto spesso per suonare, ho strumentazione doppia, quindi la 8×10 la ho qua in Italia, mentre in Polonia ho una cassa in alluminio della Taurus che non pesa nulla, ha un cono da 15, uno da 10 e un tweeter… Per eventi particolari, all’Hellfest, al Grasspop, al Wacken, quando hanno disponibile nella backline l’8×10 ovviamente la uso molto volentieri, ma per fare i tour viaggiare con la cassa leggera in alluminio è tutta un’altra cosa, (e i tuoi tecnici ringraziano) soprattutto se alla fine la usi fondamentalmente solo come monitor sul palco.
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