Gli W.A.S.P. avevano un amico di nome Curt che proveniva da una famiglia benestante. Suo padre era un cardiologo. Aveva quindi a disposizione un’enorme garage a La Cañada dove ci stavano fino a sei auto e tutta un’altra parte che il gruppo usava per assemblare tutto ciò che serviva on stage. È quello il luogo dove Blackie Lawless end Co. prepararono il famoso logo che prendeva fuoco, la scatola per la carne cruda e lo strumento di tortura dove legavano una donna (quasi) nuda.
Quel rack per le torture fu preso paro paro da The Road Warrior (Mad Max 2). Laura Reinjohn, una sceneggiatrice di Los Angeles, racconta così: «Blackie Lawless un giorno mi si avvicinò in un club e mi disse che stavano preparando uno spettacolo particolare per la band e mi chiese se fossi interessata a farne parte. All’epoca frequentavo la scuola di giornalismo e vivevo ancora con i miei. Comunque, avevano questa ragazza con cui collaboravano, una certa Pam.
Praticamente la mettevano su questa croce ogni sera. Quelle cose alla Marylin Manson, insomma, ma un bel po’ di tempo prima. Era un vero schifo: litri di sangue, molto sangue, quasi splatter. Testi inappropriati. Ma da cosa nasce cosa, finii per accettare e su quella croce ci sono finita anche io. Ero in topless con una cosa di pelle su misura che mi copriva dalla vita in giù. Un tantino misogino, va detto. Blackie simulava di tagliarmi la gola, e c’era quest’aggeggio studiato in modo che, al momento opportuno, io soffiassi attraverso un tubo attaccato a dei sacchetti di sangue finto. Mordevo i sacchetti e il sangue mi scorreva lungo la gola… Era talmente bizzarro che, oh, ma che cazzo?! La musica che proponevano, poi, era veramente veramente pessima e loro ci sguazzavano proprio nell’essere sopra le righe come non mai. Tutt’altro che un concerto glamour, insomma».