Uscirà a breve “Wanderers”, il nuovo album dei Visions Of Atlantis, band austriaca che ha scelto Michele Guaitoli, voce italiana, da integrare all’interno della propria line-up. Abbiamo colto l’occasione per parlare con Michele del suo ingresso nella band, dell’integrazione in una realtà già esistente, all’immagine che hanno all’estero dei musicisti italiani, ma anche dei prossimi progetti con i Temperance.
Ciao Michele, bentornato sulle pagine di Metal In Italy. Manca poco all’uscita “Wanderers”, nuovo album dei Visions Of Atlantis, il primo con la tua voce. Cosa dobbiamo aspettarci da questa release?
Ciao Stefano e grazie davvero per lo spazio che ci dedichi! Quello che c’è da aspettarsi è un disco Symphonic Metal molto variegato, con tanta energia positiva e messaggi decisamente profondi. Personalmente sono davvero felicissimo e molto curioso del feedback che riceveremo: i Visions hanno ormai una ventina d’anni di attività e sembra che gli ultimi mesi stiano davvero dando i frutti del lavoro svolto nel tempo: ritrovarmi in questa realtà col motore in piena corsa per me è stato fantastico, ma ho ovviamente anche sentito una grossa responsabilità sulle mie spalle…abbiamo lavorato in maniera assolutamente professionale su ogni aspetto…adesso siamo all’ora della verità!
Hai iniziato il tuo cammino con loro dai live, come è stato il processo di integrazione con il resto della band?
Sono stato accolto davvero a braccia aperte, sia sul lato umano che su quello musicale. Mi è stata da subito data una grandissima fiducia e la band si è dimostrata apertissima anche ad ascoltare i miei punti di vista, senza impormi nulla ma mettendo sempre in discussione da entrambi i lati ogni dettaglio…si è creato così immediatamente un rapporto splendido e solido che credo sia davvero visibile anche sul palco. C’è anche da dire che dal mio ingresso a settembre 2018 ad oggi abbiamo suonato davvero tantissimo, facendo anche diversi tour (Symphonic Metal Nights / Sudamerica / Kamelot) ed ovviamente quando vivi per diverse settimane on the road con le stesse persone inizi inevitabilmente a conoscere i tuoi compagni di viaggio in maniera più profonda ed intima. Oggi come oggi mi sento davvero fortunato ad essermi potuto “imbarcare” in questa avventura.
Quasi sempre i cantanti sono gli elementi più in vista di un gruppo, non a caso si usano i termini frontman, front-woman, come hanno accolto questo cambio i fan della band?
I Visions sono comunque una “female fronted” metal band, per cui a livello prettamente “visivo” c’è da considerare che, seguendo il tuo giusto ragionamento, la figura più in vista è Clementine. Detto questo, durante le Symphonic Metal Nights 2018, in cui io ho suonato anche con i Temperance e Siegfried Samer (ex-VoA) era presente con i suoi Dragony, abbiamo deciso di dividerci la setlist dei Visions, per creare una continuità musicale. È stato anche rilasciato un live album nel quale i primi 7 pezzi sono cantati da Siegi e la seconda metà è cantata da me. Credo che questa situazione abbia reso il passaggio di staffetta decisamente morbido ed efficace. C’è stato modo per chi segue la band di salutare Siegi e “conoscere me” e addirittura di vederci sul palco insieme per qualche brano. Da lì in poi questo aspetto è stato davvero un problema inesistente. Dal vivo il feedback sulla questione è sempre stato molto positivo ed in generale credo che le due vocalità e personalità comunque decisamente differenti abbiano spinto molto poco al paragone diretto. Aggiungici che la band è comunque in crescita e molti stanno scoprendo solo ora i Visions of Atlantis…
Rimanendo in tema, tu condividi il tuo ruolo con Clémentine Delauney, di certo non una novità per te la doppia voce, come ti trovi a lavorare con lei? Come siete riusciti a trovare il giusto feeling?
Clemi è una cantante che miscela il canto moderno col canto lirico, la grossa differenza con le mie esperienze passate è stata decisamente questa. Come sai io adoro le armonie vocali, i duetti e l’interscambio tra più voci, per cui non c’è stata assolutamente nessuna problematica da questo lato. Quello che è stato necessario fare invece è stato il “conoscersi” vocalmente e l’inquadrare la mia voce a fianco della sua sopratutto in quello che concerne i cambi di registro lirico/moderno appunto. Quando due voci cantano assieme è inevitabile che da entrambi i lati si debba trovare un punto di incontro tra le “inflessioni” che ogni vocalist ha. Per quanto riguarda i colori invece, abbiamo fatto delle scelte in funzione dei brani. A volte giochiamo a fare “la bella e la bestia”, in pezzi dove io resto aggressivo ed intenso mentre lei sfrutta il cantato lirico per alleggerire le sue parti, altre volte cerchiamo un’intesa anche a livello timbrico cercando di avvicinarci l’una all’altra. Sono tutti dettagli che le orecchie interessate noteranno in Wanderers.
Tornando al tuo ingresso nella band, ti ricordi il momento in cui hai avuto il primo contatto? C’è stato un provino?
Assolutamente si! È stato proprio Siegfried a chiedermi se ci fosse interesse da parte mia ad entrare nel progetto. Ricordo che la prima cosa che ho fatto è stato parlarne con i Temperance, non avrei mai preso questa decisione senza il loro benestare, ma al contempo sognavo davvero da anni di entrare a far parte di una realtà “estera” per potermi mettere in gioco sotto tantissimi aspetti. Mi è stato poi chiesto di registrare 4 brani (che gli ho consegnato il giorno successivo…) e poi il “provino” vero e proprio sono state 4 date dal vivo in supporto a Leaves’ Eyes e Kamelot nel Settembre 2018! Alla fine di quelle quattro date ricordo che nel van Thomas mi ha detto “Michele allora, ufficializziamo?”
In Italia tendiamo ad essere esterofili, mentre dall’estero hanno scelto una voce italiana. È evidente il valore dei “nostri” musicisti, che non hanno nulla da invidiare ad altri. Qual è il tuo punto di vista in merito?
Siamo pieni di musicisti bravissimi, è una verità assoluta. Il mio non è il primo e non sarà l’ultimo caso di italiani in band estere. Mi vengono in mente gli ultimi ingressi di Alessandro Conti nei Twilight Force e Giorgia Colleluori nei Sinner, ma i nomi sono tantissimi: ci sono italiani in band di spessore, vedi i Whitesnake, Doro, i Dragonforce e molti altri. In tutta onestà però, soprattutto ora che sto avendo la fortuna di poter guardare al nostro paese dall’esterno, mi rendo conto che se dal lato musicale andiamo davvero forte, ci sono tanti aspetti che sottovalutiamo e nei quali dovremmo essere più autocritici. Quello che noto maggiormente è che siamo in pochi a prendere DAVVERO la musica come un lavoro, capendo i sacrifici e gli impegni necessari per una band. All’estero è raro che la band sia un hobby o un complemento: chi suona sa a cosa va incontro dall’inizio e imposta le proprie priorità attorno alla musica, non solo nel suonare, ma nell’intero concetto di “fare il musicista”. Dalla proprietà linguistica (e ahime’ le nostre scuole non aiutano) che è un aspetto che davvero STRA-sottovalutiamo credendo che un buon inglese scolastico sia sufficiente per affrontare la realtà fuori confine…all’impegno a livello manageriale e gestionale. Spessissimo ho sentito alcuni dei nostri ragionare su come arrangiare il futuro della propria band con progetti di “qualche data e magari un tour ogni tanto” ma la realtà è che fare questo mestiere richiede un mettersi al servizio completo della musica e l’essere pronti a tutto in qualsiasi momento perché le occasioni più importanti possono saltare fuori da un momento all’altro. Questi concetti per la mia esperienza sono davvero quelli che “all’estero” sono molto chiari mentre “in Italia” tendiamo a prendere sottogamba…
In base alla tua esperienza, come vengono visti i musicisti italiani in una band straniera?
Siamo molto apprezzati credimi! È raro sentire parlare male di noi senza motivo per quello che ho sentito, e anzi, spesso siamo un po’ vittimisti nel credere che all’estero ci considerino malamente! Per quelle che sono state le “voci di corridoio” che ho sentito, mi è capitato di avere feedback molto positivi così come altri molto negativi assolutamente indipendentemente dalla nazionalità dei soggetti. Ancora una volta se devo per forza trovare qualcosa in cui sicuramente le voci non sono positive su di noi…si torna alla questione relativa all’inglese. Purtroppo praticamente ovunque nell’Europa centrale, che è il cuore del mercato “metallico” parlano molto meglio di noi in inglese e questo ci penalizza. Basta guardarsi qualche intervista dal vivo a band straniere per comprendere la proprietà linguistica a cui faccio riferimento…su questo aspetto dobbiamo lavorare meglio, anche perché è una cosa che non riguarda solo la pronuncia nei brani, ma anche la gestione dei contatti con promoter, label, fan…
Come detto in precedenza, il tuo primo approccio con i Visions Of Atlantis è stato in sede live, poi in studio per il nuovo album. Qual è stato il tuo contributo alla release? Era già tutto pronto o hai partecipato al processo di composizione?
La maggior parte dei brani erano pronti, si, ed erano in lavorazione già a settembre quando sono entrato nella band a dirla tutta, ma in ogni caso ho avuto modo di poter contribuire in maniera attiva al disco! Ci sono due pezzi, “A life of our own” e “At the end of the world”, che ho scritto per intero che con entusiasmo sono stati inseriti in Wanderers esattamente come li avevo preparati se non per qualche leggera modifica strutturale o a livello di “suoni”, ma queste sono cose normali che si fanno sempre in studio. Per me è stato davvero un piacere anche perché questo ha significato per me poter lasciare qualcosa di mio già dal primo studio-album con la band…una soddisfazione non da poco, che rimarca ancora quanta integrazione c’è stata fin da subito.
Per quanto riguarda il repertorio della band, qual è stato il tuo approccio ai brani? Preferisci rimanere fedele alle linee vocali originali, o ci metti del tuo?
Io di mio sono uno che ci tiene davvero moltissimo al rispetto per le versioni studio. Mi piace essere fedele ai brani originali perché credo sempre (magari a volte sbagliando) che se si è incisa una determinata parte in una certa maniera, ci sia stato un ragionamento e siano state provate delle soluzioni che hanno poi portato alla scelta finale in fase di incisione. Se una linea vocale in studio è stata registrata in quella particolare maniera, insomma, penso sia stato fatto perché è la migliore resa che quel brano può avere. Capisci che con questa mentalità la risposta è inevitabilmente “mi attengo alla linee vocali originali”. Questo vale veramente per il 90% delle mie esecuzioni. Poi ci sono delle parti che di base la band aveva già deciso di modificare rispetto alle studio prima del mio arrivo o delle piccole variazioni di arrangiamento dove si è deciso di “osare di più” o di modificare, ma anche queste sono piccole sezioni che non stravolgono i brani e che praticamente ogni band modifica tra live e studio. Credo che, sopratutto da cantanti, “metterci del proprio” non significhi modificare le linee, ma sia qualcosa di insito nella scelta interpretativa, nella variazione dei colori vocali, delle intenzioni e delle espressioni…sicuramente ascoltando la mia “Words of War” o la mia “Return to Lemuria” si sentirà un’interpretazione totalmente differente da quella di Siegfried, per quanto la linea vocale sia esattamente identica
Kaledon, Temperance, Ship Of Theseus, Visions Of Atlantis, insegnamento…come riesci a far conciliare tutti gli impegni, tour compresi?
Con tanta, tanta, tanta organizzazione! E pensa che in questa lista non stai menzionando i live con ERA, che prenderanno praticamente tutti i mesi di novembre e dicembre ed il mio lavoro in studio, dove quest’anno ho avuto modo di produrre e produrrò un bel po’ di lavori (ManaM, Eternal Silence, The Roxin, Sandness, Bad As sono solo alcuni dei nomi che ho prodotto quest’anno). Va comunque detto ad ogni modo che le realtà che davvero impegnano dal punto di vista live sono i Visions of Atlantis, i Temperance ed ERA. Nel 2018 credo di aver fatto qualcosa come 70/80 date ed è più o meno la stessa quantità di live del 2019, significa in sostanza che in media suono (o meglio canto) un giorno ogni 4. Per altri 3 giorni posso tranquillamente lavorare in studio ed insegnare quindi ahahahah. I Kaledon negli ultimi anni hanno fatto davvero poche date e ultimamente il progetto sta puntando molto sull’esibirsi con tutti i vocalist per poter riproporre anche i brani più vecchi con le voci originali…è capitato che mancassi ma questo ha permesso comunque alla band di suonare con Marco, Anthony e Claudio alle voci. Gli Ship of Theseus sono e probabilmente rimarranno uno studio-project anche perché trovare un giorno libero tra me, JT e Paolo Crimi è raro quanto vincere una schedina…
L’estate 2019 volge al termine, quali sono i prossimi impegni? Ci sono altre release in arrivo dopo l’uscita di “Wanderer” del 30 agosto?
Il calendario è davvero pienissimo! Con i Visions abbiamo da poco confermato altre 2 date, il Metal Hammer Paradise in Germania e la data del 7 Settembre in apertura agli Evanescence e a Tarja in Slovakia! Oltre a questo già confermati ci sono gli show da headliner di release del disco in Austria e Germania dal 28 Agosto al 2 Settembre ed il tour di supporto ai Freedom Call in Ottobre. A questo seguiranno molte, molte altre date promozionali e probabilmente l’anno prossimo cercheremo di capire se possiamo togliere le rotelle dalla bicicletta e camminare da soli in un tour da headliner…poi stiamo valutando un sacco di cose. Il feedback in Sudamerica lo scorso anno è stato davvero strepitoso, per cui dubito non ripeteremo l’esperienza per promuovere anche Wanderers. Chi vivrà vedrà ma i VoA sono davvero una band attivissima dal vivo! Da non dimenticarsi anche che abbiamo registrato lo show con l’orchestra Sinfonica al Bang Your Head (che verrà ripetuto anche il prossimo anno al Metal on the Hill a Graz, Austria) per un DVD/Bluray live che programmiamo per l 2020…
Per quanto riguarda me personalmente poi come avrete letto, a breve si inizierà anche a parlare di promozione per il nuovo album dei Temperance che è bello che finito dal lato produzione, abbiamo perfino già girato un videoclip quindi scalpitiamo dalla voglia di rilasciare qualcosa…ed anche coi Temperance non mancheranno live…
Michele grazie per la chiacchierata, lascio a te l’ultima parola, un messaggio per i nostri lettori. A presto!
Io approfitto come mio solito per ringraziare davvero di cuore chi ha avuto la voglia, l’interesse e la pazienza di arrivare in fondo a quest’intervista e sopratutto a voi di Metal in Italy che continuate a supportare il metallo nostrano con passione e in una maniera unica ed inimitabile!!! Grazie di cuore, lo dico spesso ma mai abbastanza: senza webzines e senza la visibilità e diffusione che ci date, noi band non saremmo nulla!
A prestissimo!
Pic by Emilie Garcin – Music photographer
Per Visions of Atlantis