Con 20 anni di attività sulle spalle, i No More Fear hanno accumulato tanta esperienza, osservato la “scena” italiana e plasmato il loro Death Metal attingendo dalla tradizione musicale nostrana. Abbiamo approfondito queste tematiche anche in relazione al loro ultimo album “Malamente”.
Ciao ragazzi, benvenuti sulle pagine di Metal In Italy. I No More Fear festeggiano nel 2017 ben 20 anni di attività. Quali sono gli eventi principali che hanno caratterizzato la vostra carriera?
Un saluto a voi di metal in Italy. Che dire, in un arco di tempo così lungo ne abbiamo viste e passate diverse, dai cambi di line up a momenti molto intensi e altri più rilassati. Sicuramente ci sono state esperienze molto stimolanti come suonare con grandi band internazionali e conoscerne gli artisti di cui sono composte, incontrare e lavorare con produttori come Jens Bogren, il calore e le buone vibrazioni che ti trasmettono i fans… Insomma, diverse esperienze, a volte anche negative, che ad oggi rifarei tutte molto volentieri.
Nel corso di due decenni avete avuto modo di osservare la scena estrema italiana, in che modo è cambiata dai vostri esordi ad oggi? Credete sia cambiata in meglio o gli aspetti negativi hanno preso il sopravvento?
Il discorso live è sempre stato un po’ complesso per noi, nel senso che abbiamo scelto fino ad ora di non entrare nel carnaio delle booking e quindi in quei meccanismi di pagare pur di suonare a tutti costi. È anche vero però che una band debba investire un minimo su se stessa, ma, ieri come oggi, a fare la differenza è il famoso “pubblico”, più misticamente conosciuto come “scena”. Questa cosa, oramai, penso esista solo on line perché sono sempre meno le persone che si incontrano dal vivo. Qualche anno fa, vuoi o non vuoi, dovevi muovere il culo per sentirti qualche band underground, ora dal divano raggiungi chiunque… Probabilmente ad oggi l’offerta supera di gran lunga la domanda e quindi, salvo rari casi, più che supportare, si va a “sopportare” la scena. Poi c’è il discorso locali che fanno fatica a rimanere in piedi per mille motivi, vuoi per incompetenza gestionale o, appunto, per una scena che non si manifesta fisicamente, altre volte perché mutano la loro vocazione visto che le cover band suonano molto meglio dei così detti “originali” che, magari, avrebbero bisogno di passare qualche mese/anno in più in sala prove. Per il resto si galleggia come gli stronzi in questa Italia alla quale, della musica live in generale, molto poco glie ne frega.
Veniamo al vostro ultimo album “Malamente”. L’ho ascoltato tante volte, ma ad ogni ascolto ho “scoperto” qualcosa di nuovo, è come se ci fossero diversi piani di ascolto, livelli separati che si uniscono per formare una struttura coesa. Siete d’accordo con questa mia osservazione?
Ti ringrazio, mi fa piacere che tu abbia provato questa sensazione! In effetti il nostro processo di composizione è sviluppato su diversi livelli, acustici, distorti, lenti o veloci. Se un pezzo nasce in acustico lo elettrifichiamo per vedere il risultato e viceversa, non seguiamo schemi precisi e non ci preoccupiamo mai che ad esempio un mandolino non possa suonare su di un blast beat, o che uno scacciapensieri faccia da contorno ad un riff suonato con una elettrica 7 corde. Per noi la cosa fondamentale è la melodia, ogni pezzo, anche il più brutale, ne nasconde una.
Com’è nata l’idea di introdurre strumenti tradizionali, folkloristici, nella musica dei No More Fear? Ritenete sia una scelta funzionale alla proposta musicale, che rappresenta anche un forte legame con la vostra Terra?
Già sul precedente mad(e) in Italy ci eravamo cimentati nell’utilizzo di alcuni strumenti diciamo così impropri per il genere metal. Da un po’ di anni ci siamo avvicinati alle sonorità tipiche italiane, con la conseguente scoperta di nuovi strumenti. E poi, diciamo la verità, siamo Italiani… Facciamo parte di un paese permeato di una cultura talmente caratterizzante, radicata, riconoscibile e ineguagliabile che qualsiasi altro tema suonerebbe come una cover stonata. Abbiamo un patrimonio musicale molto importante che non può e non deve essere sottovalutato, anche da band che fanno un genere, apparentemente inconciliabile con esso, come il metal. Per essere credibili cerchiamo di parlare di cose di cui siamo culturalmente competenti, storicamente formati (e deformati), musicalmente plasmati, prendendoci la responsabilità di riarrangiare il tutto secondo i nostri gusti.
Pur essendo molto strutturati i brani sono comunque di facile assimilazione. Come siete riusciti a raggiungere il giusto compromesso tra composizioni articolate, melodie tradizionali ed aggressività tipica del Death Metal?
Mah, di preciso non saprei dirti come abbiamo fatto a creare questo “mostro”. Con il death metal ci siamo nati e formati musicalmente, siamo affascinati dal prog anni 70 italiano ed estero e da qualche anno, come ti dicevo prima, ci siamo avvicinati al suon folk italiano. Sicuramente abbiamo sperimentato molte soluzioni differenti dal punto di vista musicale, sempre alla ricerca del giusto equilibrio. In questi casi è semplice scivolare da una parte o dall’altra… Noi stiamo cercando di restare in bilico tra il death metal più tradizionale ed il folk… Per ora sembra che la cosa funzioni… vedremo come evolverà.
I No More Fear sono facilmente riconoscibili, dal momento che l’impronta lasciata è molto personale. Pensate che per ottenere questo risultato sia necessario essere originali a tutti i costi, o è possibile raggiungerlo anche rimanendo entro confini ben definiti?
L’originalità fine a se stessa non penso abbia molto senso. Ci sono band che magari offrono una proposta canonica ma fatta da paura e che, sicuramente, valgono molto di più di altre che ostentano originalità ma spesso con il risultato, a mio avviso, che la loro musica non ha né capo né coda. Noi, quando abbiamo approcciato a questo sound, non cercavamo l’originalità ad ogni costo, volevamo suonare e raccontare il metal all’italiana… Non trovo credibile, ad esempio, un italiano che parli di foreste e mitologie nordiche, quando, attingendo dalla nostra cultura, sono tanti gli episodi da cui trarre spunto. Anche noi, in passato, abbiamo composto una song intitolata “Odino”, ma era, consapevolmente, un tributo fine a sé stesso… È come se una band norvegese trattasse nei suoi testi di mafia siciliana…..
Mi piacerebbe saperne di più in merito alle tematiche trattate nei testi, dal momento che si tratta di liriche impegnate e sono chiari i riferimenti alla malavita del nostro Paese.
Dei testi di solito me ne occupo io e non ho particolari riferimenti letterari, almeno non consapevoli. Mi interessa sia la narrativa che il giornalismo come approccio. Ad esempio, “Mare Mortum” è un racconto di attualità sulla vicenda profughi/malavita, per “Lady ‘ndrangheta” ho cercato di romanzare un personaggio realmente esisitito su cui ho letto diversi reportage giornalistici. “I tre cavalieri” parla della nascita delle tre organizzazioni criminali più potenti, mafia, ‘ndrangheta, camorra per mano di tre cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i quali, secondo la leggenda, fondarono le regole sociali e scrissero le leggi d’onore parzialmente riportate nel testo… Il testo di “Conferimento della santa”,invece, è costruito intorno ad una intercettazione ambientale fatta ad un gruppo di persone mentre stavano “battezzando” un nuovo affiliato. Tutto materiale rigorosamente made in Italy heheheh.
Comporre musica dovrebbe essere un atto puramente artistico, dettato dall’ispirazione del momento. Secondo voi in giro, non solo in Italia, ci sono più band che compongono mantenendo fede alla loro vocazione o sono in numero maggiore quelle che buttano un occhio al mercato per capire qual è il trend del momento?
Penso che nella storia della musica questo sia sempre esistito, ovvero chi compone per ispirazione e chi per mercato… Poi magari il risultato è che l’ispirazione paga e il prodotto confezionato ad arte si rivela un disastro. Rimane il fatto che oggi io avverto troppa spettacolarizzazione dell’artista rispetto alla musica che poi realmente produce. Qualche decennio fa diventava famoso il brano, non il suo autore. Sarebbero mai potuti venir fuori i Led Zeppelin da una cosa tipo X Factor?… Non scherziamo. Una band deve, a mio avviso, formarsi per creare la migliore musica possibile. Non so dirti se ci sono in giro più band genuine o costruite ma comunque il mercato è talmente scarno che non penso basti seguire un trend per fare la differnza.
Prima di lasciarci vorrei sapere quali sono i vostri piani per il futuro, quali iniziative vi vedranno protagonisti in questo 2017?
Tra qualche giorno sarà pronto il nuovo video sul pezzo “Mare Mortum”, poi cercheremo di fare più date possibili, alcune sono già fissate, le altre arriveranno…
Vi ringrazio per il tempo che mi avete concesso, come di consueto lascio a voi il compito di concludere l’intervista con un messaggio per i nostri lettori. A presto!
Grazie a voi per questo spazio e per tutti i vostri lettori il consiglio è quello di procurarsi quanto prima il nostro MALAMENTE…..
Baciamo le mani…