Massimo Genchi è un imprenditore milanese di 50 anni, padre di famiglia ed appassionato di jazz.
Massimo Genchi è anche stato uno dei primi ad aver avuto l’intuizione di combinare musica e cibo in un unico locale, assumendo quindi il ruolo di avanguardista nel panorama musicale (ed imprenditoriale) italiano. Eppure, nonostante i colleghi gestori di oggi cerchino di “copiare” quella formula per salvare il proprio locale, Massimo Genchi ha deciso di chiudere la sua “Salumeria della Musica“, locale storico del capoluogo lombardo nato a cavallo tra due secoli.
Alla base di questa decisione c’è un’assoluta consapevolezza. Ed anche felicità che io invece chiamerei “coerenza”. Genchi, come detto, ha sempre amato il jazz ed è stato sempre questo il genere che voleva facesse da colonna sonora alle serate del suo locale. Quando però ha visto che non vi era più spazio per il suo unico amore, ha deciso di fare un passo indietro. Coraggioso, perché avrebbe potuto mandare avanti la baracca ospitando altro, come – a dover di cronaca – è successo e succederà di qui alla fine della programmazione confermata.
Massimo, cosa è successo a “La Salumeria della Musica”? Com’è maturata questa scelta?
E’ una decisione che ho preso negli ultimi sei mesi. Non è successo nulla di tragico o terribile, anche perché il locale sta andando bene. Semplicemente credo che si sia chiuso un ciclo. La nostra “mission”, se vogliamo chiamarla così era un po’ diversa. Siamo partiti facendo jazz, organizzando serate anche 5 volte a settimana, ma questo è un genere che fatica a sopravvivere, che il pubblico ascolta sempre meno e che non si è evoluto negli ultimi anni. Mi sono trovato quindi a fare ciò che non mi piaceva e da unico socio e direttore artistico del locale, ho preso la mia decisione.
Quindi La Salumeria non chiude solo al jazz. Chiude e basta.
Per me non ha senso andare avanti non potendo fare ciò che mi ero proposto dall’inizio.
Si chiude nonostante vada bene?
Sono un imprenditore e dovendo portare avanti un’azienda ho bisogno che i conti tornino. Per fare questo avrei dovuto proporre una musica che non è più quella che avrei voluto proporre anni fa.
Come hanno preso questa decisione gli amici, gli avventori abituali del locale?
Qualcuno c’è rimasto un po’ male. Questo mi dispiace, ma devo pensare al bene mio e della mia famiglia. Sono contento di aver dato a Milano della musica di qualità ed il fatto che a qualcuno dispiaccia fa allo stesso modo piacere, scusi il gioco di parole.
Mi racconta brevemente la storia del suo locale?
La Salumeria è nata il 31 dicembre 1999, nella notte tra un millennio ed un altro. Ho sempre avuto la passione per la musica, per il jazz in particolare. Ho quindi aperto un locale che offrisse un buon jazz accompagnato da un contorno di salumi. Ho amplificato questo concetto: c’è un vero e proprio banco salumeria e chi viene può degustare, bere vino o birra e godersi il concerto.
Però, mi scusi: molti locali stanno cercando di arrivare proprio a questa formula per andare avanti; lei lo ha fatto prima di tutti ed ora chiude. Perché?
Io chiudo per una scelta di cuore. So che molti gestori stanno puntando sul cibo perché la gente fa fatica a pagare un biglietto di ingresso, a spendere magari 35 euro per un concerto. Chi ha uno stipendio medio ed è un grande appassionato, a queste cifre, può farsi due concerti al mese. Quindi si punta sul cibo per far tornare i conti perché questo è il propulsore maggiore del terziario di oggi.
A me questa formula non mi ha fatto diventare miliardario. Ho una famiglia, ho cinquant’anni, non me la sento di fare le 2 tutte le sere. Preferisco andare da altri che organizzare qualcosa che non mi piace.
E’ dunque una decisione definitiva?
Decisione definitiva e presa con felicità.
Fino a quando è confermata la programmazione?
Abbiamo concerti confermati fino a marzo, ma credo andremo avanti fino a fine aprile 2018.
C’è un artista che le piacerebbe avere per la serata di chiusura?
Stevie Wonder, senza pensarci due volte.
Beh, da qui ad aprile c’è tempo per intavolare una trattativa. La vedo determinato…
Sì è vero, sono molto determinato, ma conosco anche i miei limiti! Per portare un artista di quel calibro dovrei fare biglietti d’ingresso a 4000 euro l’uno… E non credo sia il caso!