Home Interviste Plakkaggio: la band che parla attraverso Pazuzu. “Tutto una merda, tutto stupendo”

Plakkaggio: la band che parla attraverso Pazuzu. “Tutto una merda, tutto stupendo”

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Marco “Cinghio” Mastrobuono ha definito Gabriele Calvano, voce e chitarra dei Plakkaggio, una delle persone più geniali che esistano. E gli dobbiamo dar ragione!
La band ha da poco pubblicato “Ziggurath” (la recensione), album ricco del più sano punk hardcore, ma che regala sorprese dal sapore adolescenziale…

L’intervista:

Ciao Gabriele, benvenuto sulle pagine di Metal In Italy! Prima di iniziare la nostra chiacchierata ti chiedo di introdurre i Plakkaggio, citando le tappe salienti delle vostra carriera, a beneficio di chi ancora non vi conoscesse…
Ciao Stefano! Grazie per lo spazio che ci concedi su Metal In Italy!
I Plakkaggio, all’epoca “Plakkaggio HC” si formano quasi per gioco nel 2004, in una formazione a quattro che dopo alcuni mesi di saletta ci portò alla nostra prima uscita “non ufficiale”, ovvero un Demo dal titolo “Liar”. Per quanto fosse semplicemente un CD-R che girava all’interno del circuito romano HC riuscì a farci suonare in diversi contesti capitolini, questione per noi importantissima perché, come ben immaginerai, era la prima volta che uscivamo dal nostro bunker di provincia, Colleferro, nostra città d’origine. Dopo 3 anni di concerti nei posti più malfamati riusciamo, tramite una coproduzione di svariate etichette DIY, a dare alle stampe “Il Nemico”, nostro primo disco. Da lì in poi non abbiamo fatto altro che suonare e scrivere pezzi, mutando il nostro hardcore abbastanza furioso delle origini verso una formula a mio modo di vedere più personale, a cavallo tra l’Heavy Metal e il punk Oi! Britannico, recuperando così le nostre influenze giovanili. Nel 2009 esce “Fronte Del Sacco”, a oggi il nostro lavoro più apprezzato anche grazie a testi parecchio diretti, e nel 2012 “Approdo”, disco al quale teniamo tantissimo anche perché è l’ultimo con la nostra vecchia formazione originale (che negli anni però si è stabilizzata come trio, io, Chris e Alessandro).
Seguito partenza per luoghi remoti del nostro batterista storico Alessandro nel 2014 accogliamo tra le nostre fila Valerio, nostro vecchio amico col quale avevamo coverizzato tutto il Metal possibile tra i 14 e i 18 anni. Così ripartiamo togliendo il suffisso “HC” dal nostro nome, per lasciare intatto in primo periodo con Alessandro, e viriamo verso quello che oggi amiamo definire “New Wave Of Black Heavy Metal Oi!”, definizione tanto paradossale quanto corretta. Con CDG (7” uscito per Hellnation) e Ziggurath (nuovo disco, sempre per Hellnation) l’intenzione è traghettare il sound verso l’incontro improbabile tra Iron Maiden e Cock Sparrer, ma se l’operazione sia riuscita o meno non sta di certo a noi a giudicare!


“Ziggurath” è l’ultimo capitolo dei Plakkaggio, perché avete scelto di pubblicarlo in vinile con Cd gratis? Chi ha curato l’artwork e cosa rappresenta?

Ziggurath intanto è, per me, il disco al quale tengo di più fino a oggi, ci rappresenta in ogni singola nota. La scelta del formato è da addebitarsi al nostro stampatore di fiducia, il grande Roberto Gagliardi di Hellnation Records che con questa impostazione LP+CD ha risolto l’eterno dibattito al banchetto “ma perché non fate il CD? Non ho il piatto” vs “ma perché non fate il vinile? Il CD è da sfigati”. Quindi ci si porta a casa due piccioni con una fava e si ha un gran pezzo da collezione, peraltro limitato a 666 copie.
L’artwork, come tutti i nostri precedenti, è stato curato da Riccardo Parenti, nostro grande amico ma soprattutto grandissimo grafico, che ha diretto i nostri sbandamenti mentali dal Giappone con la solita maestria. Le illustrazioni in copertina però sono state realizzate dal nostro batterista Valerio, fumettista per passione.
L’idea dell’artwork è molto semplice: rifacciamo il verso a Powerslave, personalizzandola.
La questione divertente è che gli Iron Maiden, sul loro nuovo Book Of Souls, hanno inserito svariate ziggurat mesoamericane dentro al libretto. Ditemi voi se non siamo mentalmente connessi con loro in un totalizzante patto di sangue, siamo predestinati in eterno al culto della Vergine di Ferro!
Oltre al citazionismo, in generale siamo molto legati ai temi storici e mitologici, questione abbastanza lontana dai dettami del punk hardcore, ma assolutamente vicina al nostro immaginario medio. Per questo abbiamo scelto questa immagine evocativa della Ziggurath, cercando di creare una connessione simbolica tra i nostri testi solitamente altisonanti, una decisa passione per la Mesopotamia e un apparato lirico ondeggiante tra l’iconico, il nostalgico e lo stradaiolo.

Siete i rappresentanti della New Wave Of Black Heavy Metal Oi!, ma in parole povere… cosa c’è dentro la vostra musica? Quali sono le maggiori influenze? Non potevate suonare semplicemente Metal o Punk?
Assolutamente no. Per noi suonare è puro divertimento. Già il Demo del 2004 era un frullatore completamente impazzito di hardcore, metal, punk, grind e chi più ne ha più ne metta. Negli anni sono venute fuori, alla lunga, le influenze principali: tutta la New Wave Of British Heavy Metal (Iron Maiden in primis ma anche Grimreaper, Tank, Tokyo Blade, Virtue, Satan, Diamond Head, Angel Witch, Demon, Holocaust) e l’intero scibile del punk Oi! Inglese ma anche italiano.
Dentro i pezzi ci sta solo la voglia di scrivere musica per piacere senza alcun paletto prefissato, anzi state attenti che magari finiamo a fare pagan folk ambient apocalittico dall’oggi al domani!

Una domanda a bruciapelo, che ne pensi dell’ultimo album degli Iron Maiden? Ricordo che hai scritto un track by track fenomenale con finale a sorpresa…
Ho avuto modo di digerire abbastanza bene il lunghissimo nuovo capitolo della saga maideniana in questi mesi e devo dire che sono soddisfatto. Ovvio che non mi spertico in parole quali “capolavoro” o “pietra miliare” ma indubbiamente ho apprezzato molti dei pezzi presenti su Book Of Souls, in particolar modo The Red And The Black e la lunghissima Empire Of The Clouds.
Purtroppo parli con uno che annualmente organizza una rassegna casalinga denominata “Iron Maiden Day” durante la quale noi Plakkaggio e qualche altro amico storico si martoriano le orecchie dal mattino alla notte ascoltando per intero la discografia dei Maiden votando singolarmente ogni pezzo per avere una classifica ogni anno aggiornata del nostro gradimento “track-by-track” dell’universo maideniano. Quindi il mio giudizio è sicuramente parziale.
Ma il rito di andare al negozio di dischi a comprare l’album in originale, scartarlo, ascoltarlo e giudicarne ogni singolo passaggio è per me linfa vitale con la quale poi discutere all’infinito per mesi con i compari al baretto o al biliardo. Che faremmo senza gli Iron Maiden!?!
Devoti a vita (purtroppo)

Torniamo a noi. L’album contiene undici brani, ad eccezione dell’opener strumentale, il resto è sostanzialmente un massacro con qualche accenno di melodia. Come componete di solito? Seguite un percorso ben definito?
La composizione avviene come segue: per circa 3 anni registro riff e parti vocali a casa (anticamente trascrivevo le tablature su un bloc notes, poi è arrivata la tecnologia, per fortuna? Purtroppo? Il Black Metal non approverebbe). Poi su 666 riff, strofe e ritornelli decido i pochissimi che arrivano in saletta e iniziamo a lavorare tutti e tre sulla struttura e sugli stacchi. Dico 3 anni perché secondo me è un giusto tempo per suonare molto i nuovi pezzi e capire dove aggiungere e dove tagliare qualcosa, in questo la nostra ottica punk ci viene sempre in soccorso e quanto di superfluo viene eliminato, quindi da parte nostra non avrete mai pezzi di 6 minuti ma solo proiettili da 2/3 minuti massimo, salvo rarissimi casi (Il Vascello, per esempio, ma è la nostra Rime Of The Ancient Mariner).
Quindi direi che sì, il percorso è decisamente definito ma ha una regola: dobbiamo essere convinti al 100% che il nuovo materiale ci piaccia altrimenti rimane nel dimenticatoio. Per questo aggirerò qualsiasi domanda su “progetti discografici per il futuro?”, capace che il prossimo disco, se mai esisterà, esca nel 2020!

Credi che i testi possano avere ancora un valore sociale? Ho notato che ponete una grande attenzione alle parole, cercate di veicolare un messaggio. Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?
Assolutamente sì. Potrei riassumere tutto il concept dietro a Ziggurath equamente diviso tra rievocazione storica e volontà di ritorno a una socialità ormai perduta. E questo su tutti i piani, dal personale legato ai ricordi della nostra gioventù passata in giro con gli amici a far casino, a un piano anche politico ormai degenerato verso liberismo e individualismo portati agli estremi.
La ricomposizione di un quadro sociale coeso che sappia rompere la attuali logiche di potere per me è alla base di qualsiasi ragionamento sul futuro delle nostre esistenze, quindi questo pensiero/intento è presente lungo i pezzi più punk di Ziggurath e continuerà ad esserlo in eventuali prossimi pezzi. Anzi a tal proposito segnalo l’uscita di un nuovo inedito sulla compilation “Kidz Against Renzi” in arrivo proprio a Dicembre che chiarisce ancor di più molte delle nostre posizioni (prodotta da Rudeness Records).

Voi siete di Colleferro, quindi Valle Del Sacco, una zona altamente inquinata, con falde acquifere contaminate; si sta facendo qualcosa per migliorare la situazione? Voi tra l’altro siete legati alla vostra terra… E al rugby!
La Valle Del Sacco è riuscita nell’impresa di far fallire il suo polo industriale (attorno al quale nasce la nostra città, decisamente “giovane”) e contemporaneamente di distruggere l’ambiente circostante, davvero rimarchevole.
Speranze per il futuro sono poche, molto è irrimediabilmente compromesso ma si sa che senza lottare difficilmente si avranno risultati quindi la nostra soluzione è rimanere saldatamente trincerati nel nostro avamposto provinciale senza darci alla fuga e cercando di resistere nei limiti del possibile alle difficoltà croniche legate al lavoro; per quelle ambientali si spera possano essere almeno ridimensionate nel tempo, con l’aiuto un po’ di tutti. Anche perché come sostenevamo in Fronte Del Sacco alla fine la Natura si vendica sempre, e lo fa con modi brutali.
Arriviamo però alla seconda parte della domanda: per noi Colleferro è una bandiera, la difenderemo sempre e ovunque. Campanilisti fino al midollo, una delle poche regole che abbiamo dato alla band è che per suonarci bisogna risiedere nel nostro amato borgo post-industriale. Città che oltre al disagio ci regala, e ci ha regalato, tante emozioni al seguito della prima squadra del Colleferro Rugby (massima serie nell’anno 1996/1997) e al nostro progetto amatoriale legato alla palla ovale che abbiamo portato avanti per anni in scalcinati prati della Provincia. Colleferro è odio e amore, ma con l’avanzare dell’età si propende sempre più verso la seconda impostazione!

Ho cercato durante l’ascolto dell’album di trovare un brano che vi rappresentasse al meglio, sicuramente la titletrack riesce nell’intento, voi invece a quale brano vi sentite più legati?
Certo Ziggurath (il brano) è un po’ il nostro delirio citazionista, quindi può far capire il nostro spirito goliardico su come affrontiamo la musica in fase di composizione o semplicemente di come la intendiamo nella nostra vita di tutti i giorni. Parimenti New Wave Of Black Heavy Metal Oi! eleva ancor di più questo discorso, diventando contemporaneamente un manifesto ma anche un “fumettone” di quanto andiamo propagandando. Però a essere sincero se dovessi scegliere in assoluto il passaggio al quale sono e siamo più legati del nuovo disco è il ritornello di “Missione Disagio”, quello sì autentico riassunto di 11 anni di Plakkaggio ma in generale di 15 anni di concerti, trasferte, serate e deliri lungo la penisola.

Voi siete sulla scena da diversi anni, come è cambiata dai vostri esordi ad oggi? E voi come siete cambiati? Che tipo di insegnamenti avete tratto dall’esperienza musicale?
Sinceramente la “scena” è un concetto in continuo mutamento, davvero difficile da inquadrare. In finale io credo che negli anni abbiamo conosciuto tantissima gente valida che continua a sbattersi per costruire una realtà completamente autogestista e autosufficiente e noi nati al suo interno non potremo che continuare a dare il nostro contributo per sostenerla. Se c’è stato un cambiamento è in positivo, nel senso che noto che in molte situazioni c’è una professionalità che in passato mancava, ma sicuramente ci si è arrivati grazie a un percorso partito molti anni fa in situazioni di completo abbandono e in assoluto contrasto con tutto e tutti. Noi sinceramente non mi pare che siamo cambiati molto, cioè qua stiamo ancora a parlà se sia meglio Paul Di Anno o Bruce Dickinson e del perché all’IN’s non vendano più la Birra Hollandia… Ma in finale voialtri che avete di tanto meglio di cui discutere?
L’insegnamento tratto dall’esperienza musicale è: finché ti diverti suona, se hai secondi fini di lucro o se questo debba essere un viatico per spararsi due pose e stampare quattro magliette di merda stattene a casa che è meglio. Quando mancano il sangue, il sudore e le lacrime si vede sempre, sappiatelo.

L’album si chiude con un rivisitazione di un brano degli 883…perché avete scelto proprio loro?
Gli Iron Maiden? Certo. I Metallica? Di sicuro. Gli Slayer? In eterno. Ma qual è il gruppo che più di ogni altra cosa ci ha fatto radicalmente mutare giudizio sul concetto di musica in tenera età? Gli 883. Per questo il tributo al duo Pezzali Repetto era assolutamente necessario e per questo, lateralmente ai Plakkaggio, io e Chris ci siamo riuniti con Alessandro (batterista originale dei Plakkaggio HC) e il nostro amico chitarrista Valerio formando i 666, band tributo degli 883 con la quale rivisitiamo in chiave Metal, o in chiave Punk a seconda del pezzo, pezzi dai primi quattro dischi del gruppo. Ogni canzone fa riaffiorare ricordi ormai sopiti di gioventù e da uno studio sommario delle armonie siamo giunti alla conclusione che è più metal un pezzo come Sei Un Mito che tanta immondizia che gira oggi nel circuito. Quindi per chi vuole c’è “I Nostri Anni” su Ziggurath da ascoltare, invece per chi è intenzionato a ritirare fuori l’armamentario anni 90 reduce dall’avvento dei pavesi ci si vede sotto al palco con i 666!

Bene Gabriele, l’intervista è conclusa e ti lascio l’arduo compito di concluderla nel migliore dei modi… lascia un messaggio ai nostri lettori, ai vostri fans ed anche a Pazuzu!
Intanto grazie a te Stefano per l’intervista e a Silvia per quanto fate con Metal In Italy supportando tantissimi gruppi validi del nostro paese che difficilmente troverebbero spazio su altri canali.
Pazuzu in questo preciso momento mi sta possedendo e mi dice di dirvi:
“TUTTO UNA MERDA / TUTTO STUPENDO”
Missione Disagio. MISSIONE COMPIUTA.