I Profiles In Terror hanno da poco pubblicato l’Ep “A Painful Birth” (qui la recensione), un concentrato di violenza esplosiva allo stato puro. Dietro a tanta “pazzia” ci sono personalità altrettanto estroverse, come farsi sfuggire l’occasione di conoscerli meglio?
Salve ragazzi, benvenuti sulle pagine di Metal In Italy, iniziamo subito con le presentazioni di rito: chi sono i Profiles In Terror e come nascono?
Ci siamo formati nel 2009 da un nucleo iniziale formato da Matteo, Federico e Emiliano provenienti da una precedente avventura comune. Inizialmente il progetto era un’altro e si basava su un ipotetico gruppo a tre che facesse del sano Thrash Bay Area. Poi abbiamo deciso di complicarci la vita ulteriormente e il gruppo è diventato a cinque. Dopo alcuni inevitabili cambi di line up che hanno visto l’uscita del precedente vocalist, un paio di anni fa finalmente abbiamo trovato la quadra del cerchio, anzi della botte…
Definite il vostro sound come Thrash Metal, Death Metal, Heavy Metal e “Quellochecepareanoi Metal”, potreste illustrarmi quelle che sono le vostre maggiori influenze?
Qui il discorso si potrebbe protrarre davvero un bel po, siamo una band che comunque si è consolidata relativamente da poco, ma non essendone i componenti proprio di primo pelo, ciascuno ha messo al servizio un bagaglio musicale differente che ha maturato nel corso della propria “carriera”, influenzato dai propri gusti che spaziano anche ben oltre i confini del metal. Partendo comunque da una solida base di metal duro, diciamo che etichettarci dietro una singola sigla non può rappresentarci del tutto.
Dopo qualche anno di duro lavoro ed impegno siete giunti alla pubblicazione di “A Painful Birth”, un Ep di sei brani, com’è avvenuto il processo compositivo?
A dire il vero la scrittura dei brani inseriti nell’Ep di per se non è stata particolarmente complessa, è fluito tutto anzi con una certa celerità, al massimo ci siamo a volte scontrati/scannati nel raggiungere un punto di mediazione nel percorso di arrangiamento, ma niente che poi non si risolvesse di fronte a un cinque/sei birre in compagnia. Le vere magagne sono saltate fuori in sede di registrazione…
Quali sono state le maggiori difficoltà che avete incontrato tanto in fase di composizione che di registrazione? Ho letto che in un certo senso il titolo “A Painful Birth” fa proprio riferimento al parto travagliato che vi ha condotti alla pubblicazione dell’Ep…
Fidarsi è bene non farlo è meglio dice l’adagio… E purtroppo di adagio ci siamo beati abboccando, come fessi, facendoci seguire nella produzione dell’EP da uno studio di registrazione romano, di cui per pietà non faremo il nome e che per lo stesso motivo non compare neanche nei crediti di copertina. Qui i tempi di lavorazione biblici si sono sommati alla davvero scarsa vena professionale del produttore che ha seguito il lavoro. Senza raccontare tutta l’odissea durata quasi due anni diciamo che siamo riusciti grazie a mezzi di fortuna, tanta pazienza, utilizzo massivo di psicofarmaci e soprattutto il sobbarcarsi daccapo di tutto il processo di lavorazione, dalla registrazione a distanza, all’editing e al mastering da parte di Roberto Romano, che da Los Angeles dove vive e lavora, infine ci ha fatto pervenire le tanto agognate 6 tracce master. Cogliamo l’occasione per ringraziarlo, in quanto il caro Roberto inizialmente si doveva occupare solo del mastering, ma resosi conto della situazione, senza colpo ferire e lontano migliaia di chilometri si è messo all’opera per consegnarci un lavoro che, visti i presupposti, ha di gran lunga superato le nostre aspettative.
Dal punto di vista concettuale quali sono i temi trattati nei vari brani? Si tratta di episodi singoli o vi è un filo conduttore che li lega?
Allora qui va fatta una piccola premessa. I Profiles in terror volevano entrare in studio di registrazione già circa tre anni fa, ma, e fortunatamente a posteriori a ripensarci, il vecchio vocalist decise di dare forfait. Seguito un periodo di buio di un anno, durante il quale si cerca il sostituto, secondo consuetudine della band lo si trova in fratellanza alcolica, ovvero quando Emanuele, l’attuale vocalist, accetta la proposta e viene reclutato, approcciato da Matteo il chitarrista, è un momento di sbronza per entrambi. Comunque quando poi in seguito si affaccia al suo provino l’incipit non è dei migliori; nel presentarsi ai membri della band ruzzola a terra inciampando. Nell’imbarazzo generale si pensa al peggio. Si rialza e iniziamo a provare i pezzi, a lui completamente sconosciuti. Bastano due minuti per capire che è fatta, era la voce che cercavamo. Gli va dato atto che nel giro di pochissimo ha fatto suo il repertorio stravolgendo interamente metriche e timbriche inventandone di sana pianta delle nuove così come pure per i testi. Questi seguono un filo conduttore in un senso lato però, in quanto l’intero Ep è basato sul flusso di coscienza; vorrebbe essere la rappresentazione dei deliri di un pazzo o di una persona in preda a stati allucinatori. Il filo che li lega è quindi il nonsense. E questo è abbastanza rappresentativo oltre che del nostro sound ahi noi anche delle nostre personalità.
Parliamo dei live, avete avuto modo di suonare dal vivo i brani del vostro primo lavoro, che responso avete avuto dai vostri fans?
Con la vecchia formazione abbiamo fatto alcuni live nei (pochi) locali in cui si esibisce il metal a Roma. Ancor meno con la nuova, che mentre affrontava il calvario delle registrazioni si occupava al contempo di mettere sul fuoco nuovo materiale… Abbiamo dato in pasto al pubblico ufficialmente “A painful birth” durante il release party, che abbiamo tenuto al Traffic Live Club di Roma lo scorso 30 gennaio, in una serata che ci ha visti in compagnia di altre due band capitoline veramente “cattive” come Ade e Blind Horizon; pensiamo di aver ottenuto un buon riscontro da parte di un pubblico che speriamo di soddisfare ad ogni occasione sempre di più.
Ho visto che siete ancora in cerca di una etichetta discografica, pensate che sia attualmente difficile riuscire ad ottenere un contratto? Faccio ovviamente riferimento a quella che è una situazione comune a tante band italiane…
Tralasciando il solito piagnisteo da band emergente, e gli argomenti triti e ritriti che si tirano fuori sempre in questi casi, si può però comunque dire che probabilmente il mercato musicale è ormai talmente cambiato che non ha più senso affidarsi ancora alla speranza che “qualcuno” ti noti in un fumoso pub di periferia e ti venga a prendere sotto al palco con il contratto in una mano e i soldi nell’altra. Non si tratta di realtà italiana o meno, è un fatto generalizzato. Se quindi per contratto si intende quanto detto sopra, non è esatto dire che stiamo cercando un’etichetta discografica. Per quanto riguarda la distribuzione sulle maggiori piattaforme online (iTunes, Amazon, Spotify etc etc) e i comunicati stampa, ci siamo organizzati con un amico che ha una piccola distro, chiamata “La Simbiosi”, Giulio Cecchini, che gentilmente ci offre questo servizio. Per il resto, quindi, più che un’etichetta al momento cerchiamo occasioni per esibirci live, in cui distribuire il nostro EP e farci conoscere.
Rivolgendo lo sguardo al futuro, il sound dei Profiles In Terror deve essere considerato come in continua evoluzione o pensate di proseguire lungo il percorso che avete intrapreso?
Pensiamo che per forza di cose il nostro prossimo lavoro sarà diverso da questo che abbiamo appena terminato per diverse ragioni: principalmente sono intervenuti nuovi personaggi in fase di composizione, inoltre le sei tracce di “A painful birth” sono si rappresentative al 100% della band ma al contempo hanno già un po d’anni e noi intendiamo questo progetto come un continuo cantiere aperto, il materiale nuovo su cui siamo attualmente a lavoro, che speriamo veda luce quanto prima, ne è la riprova. Secondo noi ciò non vuol dire snaturare il proprio modo di far musica, ma senz’altro di affinarlo, evolverlo e perché no, raffinarlo.
Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi? State già lavorando a date live o magari un video?
Nell’immediato futuro abbiamo fissato alcune scadenze che prevedono, per quanto possibile, la promozione dell’Ep e del nostro brand in diverse maniere oltre i canonici concerti. Stiamo studiando la possibilità di girare un video, avendo messo al vaglio alcune opportunità per renderlo un prodotto di sicura originalità, e varie idee un po pazze ma ancora embrionali e da sviluppare. Di sicuro ci piacerebbe uscire un po da canoni statici che spesso fanno da cornice al metal, non sputando nel piatto dove si è mangiato, per carità, ma per volontà di innovazione.
Bene, l’intervista è conclusa, vi ringrazio per l’attenzione che ci avete dedicato, lascio a voi il compito di lasciare l’ultimo pensiero per i nostri lettori ed i vostri fans.
Ma vi ringraziamo noi per l’opportunità che ci date e augurandoci che ce ne concediate altre in futuro salutiamo i lettori di Metal In Italy! Speriamo di avervi ospiti dei nostri live quanto prima!