Home Interviste Reverber: “L’occasione giusta te la devi creare, non aspettarla!”

Reverber: “L’occasione giusta te la devi creare, non aspettarla!”

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A distanza di quattro anni dall’ultimo album i Reverber sono tornati nel 2024 con “The Satan Creation”, un album devastante che ha accolto il favoro di pubblico e critica. Non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione per approfondire l’argomento con la band e parlare dell’evento che ci sarà a febbraio, sicuramente da non perdere.

Ciao ragazzi, benvenuti sulle pagine di Metal In Italy! La vostra ultima creatura “The Satan Creation” è uscita da poco, come è stata accolta dai vostri fan?

Ciao Stefano! La creatura è stata accolta molto bene, abbiamo moltissime richieste di album e maglie e tantissimi commenti positivi sui social e su YouTube. Abbiamo deciso di fare un video lyric per ogni canzone proprio per aumentare le interazioni con i fan in tutto il mondo. Che dire, finora va alla grande!

Immagino siate soddisfatti per il risultato finale ma, con il senno di poi, avreste cambiato qualcosa? C’è qualche traccia che avete escluso e che magari avrebbe meritato di esserci?

Con il senno di poi non ragioniamo mai, quello che abbiamo registrato è quello che in quel momento avevamo bisogno di sputare fuori. Probabilmente il prossimo album, che è già fase di composizione, avrà un sound più naturale e delle strutture più libere.

“The Satan Creation”…qual è il significato di questo titolo e perché lo avete scelto? Suppongo che i Reverber non siano diventati “satanisti”, ma c’è un significato allegorico.

Esattamente. Il tema del disco è il male che l’uomo fa, che viene troppo facilmente accreditato all’altro, a Satana, al potere. Si tratta di una mera deresponsabilizzazione. In realtà il male fa parte dell’uomo dal giorno in cui la prima cellula si è formata sulla terra. Non possiamo sfuggire al male, ma possiamo combatterlo e la prima battaglia nasce dentro di noi. Sta a noi decidere se creare il male, se nutrirlo e allevarlo, o esserne la creazione, appunto, la creazione di Satana, che rappresenta il male puro e primordiale.

Quali sono le tematiche trattate? C’è un filo conduttore che unisce i testi?

Se l’approccio concettuale è quello di cui parlavamo prima, il risvolto reale che collega le tematiche dei brani è ciò che abbiamo vissuto negli ultimi anni, quelli della pandemia. Non potevamo non parlare di ciò che è accaduto e di ciò che ci siamo fatti a vicenda. Abbiamo visto la cattiveria umana arrivare a livelli che non si vedevano, almeno nell’occidente “civilizzato”, dai tempi della guerra e delle dittature.
C’era gente che gioiva quando qualcun altro perdeva il lavoro, chi si scagliava con livore contro chi liberamente sceglieva cosa fare del proprio corpo. Segnalazioni, violenze, emarginazioni. Musicisti che segnalavano i locali che rimanevano aperti cercando di sopravvivere alla crisi. Follia pura. Il senso civico e il “buon senso” sono diventati una scusa per prevaricare i nostri fratelli, i nostri amici, persone che fino all’altro giorno non avevano fatto del male a una mosca. Molti sono stati addirittura travolti da un senso di colpa immeritato. Le ripercussioni psicologiche su molti sono state devastanti, soprattutto sui più giovani; per non parlare di quelle fisiche, delle quali ancora si può dire poco ma che speriamo tra qualche anno possano essere messe in luce.
Ma negli ultimi anni non è successo solo questo, c’è ancora la guerra e non solo in Ucraina e Palestina. Dopo decenni ancora stragi, genocidi, governi fantoccio, miliardi guadagnati dalla vendita di armi sulla pelle degli innocenti.

Sono trascorsi quattro anni dal precedente “Sect Of Faceless”. Cosa è cambiato in questo lasso di tempo?

Molte cose. Sicuramente l’entrata di Emanuele al basso ha cambiato radicalmente l’approccio al sound e alle strutture ritmiche, che sono diventate più serrate che mai. Ha uno stile completamente diverso dai bassisti che abbiamo avuto in precedenza e questo ci ha spronato a sperimentare cose differenti.
Abbiamo imparato a registrare in autonomia e questo ci ha permesso di lavorare a distanza con il leggendario ’Hertz Studio in Polonia, che ha fatto un lavoro magnifico. Stesso vale per gli artworks della copertina e del booklet, che abbiamo prodotto autonomamente.
Sect of Faceless ci ha permesso di ampliare il nostro pubblico e di entrare in contatto con realtà più grandi, ma soprattutto abbiamo iniziato a suonare all’estero, con la conseguenza di avere una migliore consapevolezza della band e del suo potenziale.

Qual è il vostro approccio nella composizione dei brani?

Nella maggior parte dei casi le canzoni e i testi vengono scritti da Marco, che porta inizialmente lo “scheletro” della canzone in sala, vale a dire riffs principali e linee vocali. Dopodiché se notiamo che il brano ha un certo trasporto, tutti cominciano a scrivere le loro parti, aggiornando di volta in volta le tablature sul drive, che riteniamo molto utili per focalizzare tutta la struttura ritmica e melodica. Finito il brano, viene scritto il testo definitivo. A volte capita anche che un componente della band porti un riff o un’idea valida e che da lì si inizi a costruire intorno una struttura adeguata che rispecchi l’intento del musicista.

Quando avete pubblicato la traccia “Kill The Clown” c’è stata una “dedica” molto piccata ad agenzie, etichette, organizzatori, manager… Non voglio nomi e cognomi, ma potreste spiegarmi il perché di tale dedica?

Siamo stufi di avere a che fare con persone incapaci e disoneste, sono pagliacci che non hanno alcun rispetto per le band e per il metal. Noi in quello che facciamo ci mettiamo impegno e fatica come ormai quasi nessuna band fa più e proprio per questo non accettiamo determinati trattamenti.
Il problema è che molte band ci cascano ancora, sono contenti di pagare fior di quattrini per suonare negli scantinati nel buco del culo del mondo, per avere dei servizi scadenti ed essere illusi. La maggior parte delle cose preferiamo farle da soli proprio per questo motivo. Per noi quello che facciamo è sacro e nessuno si deve permettere minimamente di intaccare la nostra missione. Se fai lo stronzo sei fuori.
Chiaramente ci sono ancora professionisti del settore che operano in maniera onesta e professionale, che sicuramente hanno la coscienza a posto e non si sentiranno tirati in ballo da quello che stiamo dicendo.

Quest’anno avete festeggiato anche i 15 anni di “Serial Metal Killer”. Oltre ai cambi di line-up, come sono cambiati i Reverber negli ulti tre lustri?

Diciamo che per troppo tempo i Reverber sono rimasti nell’ombra, aspettando sempre l’occasione giusta; ci siamo resi conto che l’occasione invece dobbiamo crearcela, migliorando sempre di più e acquisendo competenze trasversali, come la grafica digitale, il funzionamento delle piattaforme streaming e dei distributori digitali, la produzione di merch adeguato e lo studio del marketing musicale, soprattutto sui social media.
In generale in questi anni abbiamo affrontato tante situazioni, molte di queste spiacevoli, che ci hanno permesso però di avere una visione più chiara di noi stessi e del mondo musicale che ci circonda. Siamo molto più determinati e coesi, con la convinzione che arriveremo sempre più lontano.

Capitolo live: avete annunciato una data a febbraio, potreste parlarci di questo evento? Ci sono altre attività in programma?

L’evento di febbraio è organizzato interamente da noi senza nessuna intermediazione. Abbiamo deciso di fare le cose in grande, inserendo nel bill due band come Helligators e Southern Drinkstruction, che non hanno bisogno di presentazioni. Siamo molto contenti inoltre di dare la possibilità di esibirsi ai Phantom Menace, una band di giovanissimi che abbiamo preso sotto la nostra ala perché è quello che avremmo voluto anche noi alla loro età e perché hanno un ottimo potenziale.
Non vediamo l’ora che arrivi quel giorno, perché oltre al fatto che presenteremo il nuovo album, avremo la possibilità di incontrare molti vecchi amici e nuovi fan, per i quali sarà disponibile per la prima volta tutto il nuovo merchandise (compresi i famosi perizomi dei Reverber e la mitologica Merch Machine ahahah). Poi diciamocela tutta: fantastico suonare all’estero, ma suonare a Roma ogni tanto ci vuole!

Bene ragazzi, vi ringrazio per l’intervista e lascio a voi le ultime parole…un messaggio per i nostri lettori. A presto!

Grazie a te Stefano e a tutto lo staff di Metal in Italy! Ai lettori diciamo questo: se una band vi piace, supportatela il più possibile, sia in termini finanziari, sia in termini di visibilità: cliccare mi piace o condividi sui social non costa nulla, ma può essere determinante.