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Rhapsody+Temperance+Ancient Bards: live and photo report da Roma

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L’entusiasmo di un tour che parte, un nuovo album da portare in giro per il mondo.
Bisogno, necessità di sentire il contatto con il pubblico ed attingere da ogni singolo sguardo l’energia necessaria per andare avanti ed essere sempre carichi, anche dopo 1600 km di viaggio tra un concerto ed un altro.
La prima parte del tour dei Rhapsody di Luca Turilli è terminata. Il “Prometheus” ha illuminato gran parte dell’Europa, proprio laddove il richiamo del Cinematic è diventato canto delle sirene per chi ha scelto di non fermarsi al sinfonico per provare delle emozioni.
Bologna, Roma, Milano: le ultime tre date.
Si è giocato in casa nell’ultima parte del tour ed è stato questo pensiero ad aver tenuto alto il livello di adrenalina affinchè, proprio dinanzi al pubblico italiano, i Rhapsody riuscissero a far sentire tutti un po’ orgogliosi di essere italiani.
Anche perché, per quanto si voglia parlare di esterofilia, di mega produzioni all’americana, di attinenza ad atmosfere di altri luoghi e tempi, il concetto del “valorizzare le realtà italiane” è stato espresso dalla scelta di Turilli e soci di essere affiancati da una band italiana per metà del tour (Temperance) e da due ( con l’aggiunta degli Ancient Bards) per le date nel BelPaese. Se solo anche il pubblico riuscisse ad entrare in quest’ottica sarebbe già un gran bel risultato per la musica italiana.
Il concerto all’Orion di Ciampino (Roma), quello al quale siamo stati (18.02), meritava sicuramente di più in termini di presenza. Peccato per chi non c’era perché gli altri si sono divertiti. Già solo vedere Turilli fare piroette con la chitarra in mano, maneggiata come se fosse quanto di più prezioso ci sia la mondo, valeva il costo del biglietto, perché è da quei particolari, da quei gesti che capisci quanto amore per la musica ci sia all’interno di un essere umano.

L’apertura della serata è stata affidata ai romagnoli Ancient Bards (a breve vi proporremo l’intervista fatta a Sara Squadrani e Daniele Mazza). Un plauso innanzitutto alla loro destrezza nel sapersi muovere su un palco che ospitava strumenti e scenografie di tre gruppi. E contando che loro sono in 6 è facile intuire che non vi fosse molto margine di movimento. Ma loro ce l’hanno fatta. Sara ce l’ha fatta. Lei, leggera e potente, ha tastato il polso del pubblico romano, capendo quanto la piazza ami il gruppo e quanti hanno avuto voglia di saperne di più.
Un momento di pura magia c’è stato nel momento in cui gli AB hanno intonato il loro ultimo singolo nonché pezzo meraviglioso “In My Arms”: dopo il secondo inciso l’applauso è partito spontaneo dalla platea, persone completamente assuefatte da quel momento che il gruppo (e naturalmente la voce di Sara) è riuscito a creare.

Cotto a puntino, il pubblico è stato quindi preparato ad accogliere l’energia del metal moderno dei Temperance. E’ il sound che piace e che crea quella giusta sintesi tra le orchestrazioni degli Ancient Bards e quelle cinematografiche dei Rhapsody. C’è un aneddoto: poco prima del concerto, nel parcheggio dell’Orion, una residente della zona ha chiesto ad una ragazza incappucciata cosa ci facesse lì e se poteva spostarle le transenne per passare. Le ha chiesto: “Lei cosa ci fa qui?”.
“Io veramente dovrei cantare questa sera”… le ha risposto Chiara Tricarico.
Chissà se poi quella signora ha avuto modo di sentire la ragazza incappucciata cantare. Ne saebbe rimasta sbalordita dalla duttilità vocale, dall’eleganza e dall’energia dei suoi compagni. Marco Pastorino, dai vocalizzi a mo’ di animatore turistico per coinvolgere il pubblico, ai virtuosismi su “Deja Vu” è il chitarrista che tutte le band vorrebbero, anche se lo stesso Pastorino ha chiesto un applauso per il suo (probabilmente) chitarrista preferito: Claudio Pietronik degli Ancient Bards. “C’è lui, tutti a casa”.

Turilli non lo ha sentito. Ma non ne avrebbe avuto a male. Anche perché Turilli non è solo un chitarrista.
Un perfezionista, un artista che non si ferma fino a quando la sua idea di resa scenica non è curata nei minimi dettagli. Ecco perché i concerti dei suoi Rhapsody sono accompagnati da videate, proiezioni, omaggi televisivi e cinematografici. E’ un lavoro di insieme. Non è solo musica.
Alle Conti sale sul palco dopo aver scelto la mise: top coat che copre momentaneamente l’outfit utilizzato per i due video rilasciati dalla band (“Prometheus” e “Cigno Nero”).
Turilli è una scheggia impazzita sul palco ed è grazie ad i suoi movimenti ossessivi che riusciamo a decifrare le componenti on stage che danno vita allo show.
Pochi gli smartphone in aria. Ed è una delle soddisfazioni migliori per un gruppo che si esibisce. Vuol dire che si è lì per cantare e sentir cantare, per fotografare con il cuore quanto di bello si stava materializzando dinanzi ai propri occhi.
Lo stesso Alle lo ha confessato al momento della presentazione di “Land Of Immortals”. “Avevo 17 anni e mi gasavo un casino quando cantavo questa canzone”. L’acuto nel finale di pezzo è memorabile.
Così come il duetto con il soprano Emilie Ragni o il drum solo dedicato a Game Of Thrones.
C’è spazio per tutti. Anche per qualche pecca a livello fonico. Dettagli che comunque non hanno intaccato il concetto di bellezza che “Prometheus” ha cercato di creare.
E se è vero come è vero che Turilli e soci torneranno in Italia prima della fine del 2016, siateci. E’ la musica italiana.


Photo Report a cura di Stefano Mastronicola:

Ancient Bards
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Temperance
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Luca Turilli’s Rhapsody
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