La morte rappresenta l’ultimo capitolo della vita umana, così tutti tendiamo al raggiungimento di questo traguardo, non possiamo sottrarci a tale realtà. È così che le SaturninE traducono in musica la disperazione del genere umano e danno vita al loro esordio sulla lunga distanza “Mors Vocat”.
Il titolo trae ispirazione da Ovidio, che in uno dei suoi componimenti scrive “Omnia sub leges mors vocat atra suas”, frase che viene sussurrata nell’intro “Mors Vocat”, brano che segna l’inizio del viaggio attraverso un mondo oscuro, pesante e melmoso. Gli stessi aggettivi possono essere utilizzati per descrivere il sound del quintetto tutto al femminile, che non lascia un attimo di respiro e si abbatte come una scure sul malcapitato ascoltatore. Doom, Sludge, Crust, sono termini che facilmente possiamo accostare alla natura musicale delle SaturninE, le quali prediligono ritmiche cadenzate e sulfuree, merito delle chitarre di Giulia e Samantha, che affondano colpi mortali, come nella seconda traccia “Moloch”, ma arricchiscono il tessuto musicale anche con passaggi dalle melodie sinistre.
A sottolineare il carattere imperioso del combo ci pensa la sezione ritmica, con il basso martellante di Jex e la batteria di Angelica, la quale con il suo drumming essenziale, ma perfettamente in tono con il mood generale, scandisce i ritmi di tracce che sembrano sospendere il trascorrere del tempo, lasciandoci in preda ad una perenne disperazione. Da rimarcare anche le linee vocali di Laura, sofferte e cavernicole, sembrano provenire direttamente dal cuore pulsante e marcio degli inferi, anche se adesso la singer non fa più parte della band, al suo post c’è Katrien.
Non c’è bisogno di far riferimento ad acts più blasonati appartenenti al genere, dal momento che le ragazze hanno comunque una loro personalità che si evolve attraverso tutti i brani. Così, nonostante il minutaggio elevato, scorrono via velocemente “Fangs In The Flesh”, “Crimson Sand”, “Empire Of Guilt”, le cui melodie portanti catturano l’attenzione ed ipnotizzano tutti i viaggiatori che decidono di avventurarsi in questo cammino che conduce verso l’annientamento dell’esistenza terrena.
I suoni di “Mors Vocat” sono sporchi e rabbiosi, non c’è delicatezza, com’è giusto che sia in una release di questo tipo. Si tratta di un album ben fatto, nonostante necessiti ancora qualche limatura in particolare su alcune scelte nelle parti (poche) soliste di chitarra, ma possiamo ben sperare per il futuro.