I Sawthis sono una delle più belle realtà del panorama Metal italiano, dopo aver pubblicato “Youniverse” hanno girato buona parte del nostro bel Paese, si apprestano adesso a partire in tour con i Decide, tour che toccherà diversi Paesi europei. Abbiamo approfittato dell’occasione per parlare con Michele Melchiorre, batterista talentuoso della band, non solo dei Sawthis, ma anche del musicista, dal momento che uno degli scopi di Metal In Italy è quello di far conoscere le “persone” che si celano dietro gli strumenti.
Ciao Michele, innanzitutto benvenuto sulle pagine di Metal In Italy, è per noi un piacere fare due chiacchiere con un grande musicista come te. Iniziamo subito tastando il terreno. I Sawthis hanno pubblicato il loro ultimo full length “Youniverse” già da un po’, siete soddisfatti per i risultati ottenuti in questi mesi?
(Michele/DRUMS) Grazie a voi per l’accoglienza e in bocca a lupo per questa vostra nuova iniziativa!
Si, alla luce dei mesi trascorsi, posso confermare che “YOUniverse” ha avuto indubbiamente un buon responso. Questo ci onora molto, oltre ad aver dissipato l’ansia, i dubbi e le paure che, fisiologicamente, caratterizzano i periodi pre-release di ogni album. Noi ce la mettiamo sempre tutta e, essere accolti con un tale entusiasmo, ci ripaga ampiamente delle innumerevoli notti insonni passate a perfezionare le nostre idee. La produzione di un album è l’anticamera della pazzia!!! Ha Ha Ha…
Ci puoi descrivere il concept, o meglio le idee fondamentali che si celano dietro il titolo dell’album? So che si tratta di un tema abbastanza complesso.
(M) Si, dietro il titolo “YOUniverse” c’è un concept basato sulla sindrome da personalità multiple. Non siamo dottori ne psicologi quindi il tema trattato è un’allegoria. Questi sono anni caratterizzati da un individualismo spinto in cui sono saltati tantissimi meccanismi aggreganti e tutto si è conformato ad un unico obiettivo: il “mi piace”. Ma il paradosso è questo: si ha tanto più successo quanto più si risulti stereotipato, anonimo, conformista. “YOUniverse” è una reazione a tutto questo: un album in cui la “diversità” che tanto emargina chi la esprime, torna ad essere vista come “unicità”: qualcosa di cui non vergognarsi quindi ma da proteggere e coltivare come l’unica cosa che ci rende realmente irripetibili: non sei “malato”, sei “unico”!
Questo è il messaggio positivo di cui “YOUniverse” si fa manifesto.
Dal punto di vista stilistico, quali sono le differenze rispetto alle composizioni del passato?
(M) Una maggiore capacità di sintesi ed una minore stratificazione delle idee. Direi che “YOUniverse” è un album più diretto e “live” rispetto ad “Egod” che era un album viscerale e iper-prodotto: quasi un esperimento da studio. Ovviamente i due album sono profondamente legati perché, se è vero che “YOUniverse” reagisce al visceralismo di “Egod”, è anche vero che beneficia di tutti i suoi frutti: non saremmo ma arrivati ad una formula così sintetica senza prima aver sperimentato una molteplicità di soluzioni. “Egod” quindi è l’embrione di quello che in “YOUniverse” è diventato il nostro trademark.
Negli ultimi mesi avete avuto modo di girare un po’ l’Italia, ho ascoltato i vostri pezzi dal vivo e devo dire che l’impatto è ancora più devastante, quanto conta per voi la dimensione live?
(M) E’ assolutamente fondamentale!
Se comporre un album è un esercizio di esplorazione in cui si riportano alla luce tutte le suggestioni che si hanno dentro, il live è il momento in cui queste hanno un ruolo attivo, sia per chi le fruisce che per chi le esegue. Il live è sicuramente l’ultimo stadio, il più primordiale e contemporaneamente il più evoluto, di un percorso artistico completo. Noi sul palco sembriamo dei pazzi e credo che questa nostra attitudine sia definibile in un solo modo: sincera. Amiamo farci attraversare dalle emozioni che la nostra musica ci provoca. Altrimenti non staremmo qui.
Prossimamente sarete impegnati in un tour che vi vedrà condividere il palco con i Deicide in giro per l’Europa, siete carichi? E’ per voi motivo di soddisfazione avere questa possibilità, anche se in passato avete già supportato band di caratura mondiale, vero?
(M) Si, quello con i Deicide sarà il nostro quarto tour europeo (in altre occasioni siamo stati open-act di band come Seputura, Chidren Of Boddom, Vader, Korn…), e sarà presto seguito da un altro tour come headliner. Le motivazioni sono sempre le stesse, anzi, direi che sono cresciute, come quando percepisci che una cosa sia spettacolare e poi ne hai la conferma: non vorresti smettere mai! Speriamo che i ragazzi/e sotto il palco si divertiranno quanto noi. Nei tours precedenti questo si è verificato sistematicamente quindi spero accada anche questa volta.
Dopo aver toccato a grandi linee l’argomento “Sawthis”, noi di Metal In Italy vorremmo conoscere meglio Michele Melchiorre come musicista. Cominciamo dal principio: perchè suonare la batteria e non un altro strumento?
(M) Questa la so!!! Ha ha ha…
Guarda, ti do una risposta che è proprio “politically uncorrect” (così tutti i chitarristi mi odieranno ha ha ha ) ma inattaccabile: perché la ritmica è il primo archetipo della musica: senza una metrica ed una ciclicità, nessuna melodia può essere concepita. Per questo la batteria è lo strumento più primitivo e liberatorio: il più razionale ed irrazionale contemporaneamente. Lo amo per questo.
Nell’economia di una band, a mio avviso la batteria è lo strumento fondamentale, sebbene io sia un chitarrista (ahimè), perché chi sta dietro le pelli ha il compito di scandire il tempo, fornire i giusti accenti per definire la struttura di un brano, ti senti un po’ “il capitano” della squadra sotto questo punto di vista?
(M) Guarda, senza arrivare a gerarchizzazioni, direi che quello che dici tu è indubbiamente vero, specialmente nel metal, genere in cui la batteria ha un ruolo enorme. Diciamo però che un buon batterista, un buon bassista ed un buon chitarrista ritmico, fanno fare il salto di qualità in sede live. Questo secondo me, per quanto possa sembrare paradossale, può prescinde anche dalla tecnica individuale ma non dalle ore in sala prove!!! Quando una band suona veramente “insieme” fa il salto di qualità rispetto a degli ottimi strumentisti che eseguono perfettamente una partitura senza amalgamarsi vicendevolmente.
La tua formazione è avvenuta da autodidatta o ti sei rivolto ad un “maestro” per apprendere i segreti di questo strumento?
(M) Si, ho iniziato a suonare la batteria tardissimo, avevo 18 anni, dopo anni passati a distruggere ogni cosa assomigliasse ad un tamburo. Sono assolutamente autodidatta e quindi sarei sicuramente la disperazione di un maestro di batteria che mi vedesse eseguire un brano. Ovviamente di questo me ne frego e, più che concentrarmi sull’accademia, ho sempre cercato di raggiungere una preparazione tecnica che non limitasse la mia versatilità. Non sono abituato a considerare la batteria come uno strumento a se stante: per me è una porzione del tutto e deve armonizzarsi al resto della composizione con discrezione e pertinenza.
Molti musicisti eseguono ogni giorno degli esercizi di routine, per mantenersi in allenamento, per affinare la propria tecnica, anche tu fai parte della schiera di stakanovisti o preferisci sederti e picchiare senza preavviso?
(M) Come direbbe Quelo: “La seconda che hai detto”! Ha ha ha
Per me, suonare è una scarica di adrenalina: non riuscirei mai ad eseguire con lo stesso groove le partiture del nostri brani stando solo in una stanza. Ho bisogno del live per liberare totalmente la mia energia, ed è quella stessa energia che mi permette di eseguire le canzoni con la giusta carica. Non mi sono mai esercitato se non nel primo anno in cui iniziai a suonare, ma quella la considero più una crisi di astinenza!!! Ha ha ha…
Sia chiaro: chi passa ore sul proprio strumento ha tutta la mia stima ed è sintomatico dell’amore che prova per la musica, solo che io vivo la musica in modo puramente emotivo ed esercitarmi non mi provoca alcun piacere. Lo strumento è solo un mezzo: il fine è toccare il cielo!!!
Rimanendo in tema “formazione tecnica”, cosa ti senti di consigliare a chi si avvicina allo studio della batteria? Seguire lezioni, ascoltare molta musica, guardare tutorial su Youtube?
(M) Credo che tutto quello che hai elencato sia utile, io non ho mai fatto altro che esercitarmi su album che ho amato, ma erano altri tempi. Ma la cosa che un batterista non deve mai perdere di vista, è lo “scopo” del proprio strumento: la ritmica! Un buon batterista ha un groove personale e questo dipende da come mixa le varie componenti del suo strumento: lasciate perdere assoli e menate varie quindi e concentratevi sull’indipendenza degli arti e sulla resa dell’esecuzione. Quando un batterista è naturale e carico il sound di tutta la band ne beneficerà. Andare a settemila km orari ma avere dei colpi che sembrano carezze di farfalle è inutile.
Sebbene non siamo qui per fare pubblicità ad una marca piuttosto che un’altra, tu che batteria usi e perché?
(M) Come tutti i thrasher anni ’80/’90 posso solo dirti una marca: Tama!
E’ vero però che, negli anni, i miei gusti sono molto cambiati e oggi apprezzo suoni acustici e puliti rispetto a qualche anno fa in cui puntavo a suoni da festa di capodanno.
Alcune marche sono sempreverdi, altre invece sono caratteristiche di un sound specifico ma oggi, più che scegliere uno strumento per il suo suono, preferisco valutare il tipo di risposta che ha rispetto alla mia esecuzione. Come sempre, partendo dal principio che la perfezione non esiste, credo che la soluzione migliore sia quella di trovare la marca che meglio valorizza il proprio stile.
Ogni strumento presenta delle variazioni in termini di configurazione, quali sono gli elementi che costituiscono il tuo drumset? E come vengono posizionati di solito?
(M) Anche il mio drumset è cambiato moltissimo negli anni: all’inizio avevo un drumset alla Lombardo, con 400 tom tom e doppia cassa; adesso, dopo centinaia di serate alle spalle (in cui la batteria va montata e smontata), il mio drumset si è circoscritto ad una batteria standard che conto di semplificare ulteriormente!!!
“La salute prima di tutto”!!! Ha Ha Ha…
Solitamente il cantante è l’unico che porta sempre con sé il proprio strumento, il batterista in questo senso è il più penalizzato: è il primo ad iniziare il montaggio e l’ultimo a lasciare il palco. Da uno a dieci, quanto ti fa girare le scatole essere il più ingombrante?
(M) Ma il batterista è “sempre” il più penalizzato!
Dato che quest’intervista mi sta piacendo moltissimo adesso la butto un po in ciaciara e ti faccio una domanda:
hai idea di cosa si provi ad essere “parte dello sfondo” (perché nessuno ti riconoscerà a fine live), incastonato tra due testate valvolari che raggiungono i 900 G° e creano un effetto serra allucinante mentre gli altri della band stanno belli freschi di fronte al palco? Ha Ha Ha…
Dici che questo mi fa “girare le scatole”? No, no: mi rode proprio!
Però, anche questa rabbia può essere utile per comporre: non si butta via niente, nemmeno un po di sano odio!!! Ha Ha Ha…
Siamo quasi in dirittura di arrivo, vorrei concludere tornando a parlare dei Sawthis, oltre al tour con i Deicide, cosa dobbiamo aspettarci in futuro?
(M) Un altro tour!!! E poi, speriamo, un altro ancora… Nel frattempo stiamo componendo del nuovo materiale che mi pare cattivo al punto giusto pur essendo estremamente musicale. Questo ci stimola molto: sia le pre-produzioni che la resa in sala prove paiono già di buon livello quindi credo che ci siano tutti i presupposti per fare un buon lavoro.
Ovviamente: ispirazione permettendo ma, un album dei Sawthis, deve essere perfetto!!! Compatibilmente con i nostri limiti. Vedremo.
Pur avendo altre cento domande da porti, concludiamo qui la nostra chiacchierata. Vorrei che l’ultima parola fosse la tua, lasciando un messaggio ai fans dei Sawthis, ai musicisti in erba del nostro Paese, ai nostri lettori, un messaggio urbi et orbi insomma.
(M) M’hai preso per il papa?? Che, tra ‘altro io odio! Ha Ha Ha…
Va bene, tenterò: prima di tutto ringrazio te, Stefano, e tutta la redazione di “MetalInItaly”: in bocca al lupo per questa graditissima iniziativa editoriale!!!
Poi, saluto tutti i ragazzi/e che seguono i Sawthis o si sono imbattuti in questa intervista/delirio a cui dico: fate cose inenarrabili, divertitevi, bevete birra, fate l’amore e ascoltate la musica: che poi è la stessa cosa! Buttate un orecchio sul nostro nuovo album “YOUniverse”: magari troverete una quarantina di minuti di musica che vi farà stare bene. Per il resto ci vediamo on stage o di fronte ad uno spillatore!