Abbiamo deciso di parlare di batteria con Andrea Fedrezzoni (a.k.a. Andrew Gunner), uno dei più quotati batteristi emiliani, che ha iniziato nel lontano 1994 con i thrasher Blackage (prima di allora solo un paio di esperienze seminali), per arrivare ad oggi in cui è impegnato in due progetti paralleli, i Rain e i Blue Hour Ghosts (in attesa di sviluppi futuri che ci svelerà in seguito).
Allora cominciamo dal tuo setup attuale, che poi approfondiremo sezione per sezione.
Attualmente utilizzo una batteria Pearl Master Maple Complete. Come set base, uso 2 casse da 22”x18” con doppio pedale e 2 timpani, un 16” a destra e un 18” a sinistra; con i Rain uso un rack tom centrale da 13 pollici, con i Blue Hour Ghosts e altre situazioni che necessitano di maggiori voci e dinamiche uso 2 rack tom centrali da 10’ e 12’ e in studio a volte anche il set completo classico, quindi 3 rack tom frontali, 10”, 12” e 13”; come piatti uso piatti Zidjian, principalmente delle serie A heavy, Z3 e A Custom; come charleston alterno il new beat della serie A, nel mio set da tanti anni, con un nuovissimo A Custom Mastersound Hihat da 15” che ha un suono magnifico; come pedale uso un Pearl Eliminator Red Line. Utilizzo bacchette Art Beat Drumsticks, che trovo davvero valide e ben bilanciate. Come pelli uso Remo e anche Evans, non ho particolari preferenze: in generale avendo fusti in acero piuttosto squillanti uso pelli abbastanza consistenti per ridurre un po’ gli overtones… adesso uso principalmente remo pin stripes e sul rullante dipende, uso evans o remo.
Come si è evoluto il tuo setup nel tempo?
All’inizio sono partito con un 5 pezzi classico, una Premier bianca di cui ho ancora grandissimi ricordi, poi pian piano sono passato alle due casse, tre rack tom e un timpano che ho usato per tantissimo tempo; successivamente sono passato a una cassa da 26”x20” con doppio pedale, tre rack tom, due timpani e una gong drum, set che ho tenuto qualche anno senza però che mi avesse mai soddisfatto appieno, soprattutto in sede live, quindi sono tornato alle due casse da 22”x18” che sono più versatili e come suono hanno un pochino più di punta e di attacco, anche nella risposta al battente, cosa che preferisco per i generi che suono oggi. Quindi, ricapitolando, in generale a livello di fusti il set con 2 casse, tre tom e timpano a destra è sempre stato un po’ il mio set base, che, nel tempo, è variato in minima parte perché è strutturato in modo tale da essere versatile e coprire diverse esigenze. Relativamente alla disposizione dei piatti oggi sono tornato ai due china in alto, uno a destra e uno a sinistra, che è anche molto bello visivamente perché da simmetria al kit, 2 crash frontali, due crash laterali, ride e hihat, più vari splash o effetti, a seconda della situazione.
Queste scelte dipendono più dal tuo modo di suonare o dai generi che fai?
Diciamo che mi adatto ai diversi generi sempre chiaramente in ambito rock, hard rock e metal e molto dipende anche da cosa richiede il pezzo: ad esempio con i Blue Hour Ghosts il genere è un po’ più elaborato e necessita anche di più effetti e di più di più “colori”, mentre con I Rain gli obiettivi sono l’impatto la potenza e la pacca, di fatto quindi gli Splash sono abbastanza inutili. Lo stile rimane sempre quello, cerco di dare il mio contributo al pezzo, ma senza esagerare, perché l’obiettivo è accompagnare, dare un valore aggiunto, ma non eccedere.
Partiamo adesso dalle bacchette: cosa usi, perché e come sei arrivato alla tua scelta attuale
In questo momento utilizzo bacchette della tedesca Artbeat Drumsticks. Essendo un loro endorser suono con bacchette personalizzate, fondamentalmente delle 5B, con un peso distribuito in modo funzionale al mio feeling.
Ho provato 5B di tantissime marche, prima usavo delle 2B o delle 2B più lunghe; ho usato anche tipi più pesanti però poi negli anni mi sono reso conto che alleggerire un po’ la bacchetta non va a discapito della pacca, tutt’altro, e questa 5B Artbeat Drunsticks mi piace molto perché è molto dura ed il peso è distribuito come piace a me.
Come materiali, hai preferenze?
Quelle che uso sono del classico noce. La cosa importante è la distribuzione del peso, ci sono i batteristi che amano di più il peso verso la mano e chi ama di più peso verso la punta; è importante anche la forma della punta, chi la preferisce più rotonda, chi più ovale; io non ho particolari esigenze mi piace quando sento la bacchetta in mano un po’ come il prolungamento del corpo, deve assecondare il movimento del braccio e della mano, ed essere della lunghezza giusta rispetto a quanto un batterista ami avere un set raccolto oppure aperto.
Un consiglio che posso dare è che dal momento che la bacchetta si consuma in modo diverso tra la destra e la sinistra, occorre cercare di alternarle in modo tale che si consumino più o meno nello stesso modo, finché le senti con il peso giusto e il giusto bilanciamento, dopodiché si cambiano: meglio non aspettare che si rompano mentre si suona (cosa che comunque accade!), soprattutto in live. In passato ho provato anche bacchette in carbonio, che hanno il corpo in carbonio e la parte terminale in materiale plastico che si può cambiare quando si usura. Sono esteticamente belle, senza dubbio, ma sono molto dure in mano, non ho avuto un buon feeling, ero costretto ad utilizzarle con i guanti o il tape perché diversamente non avevano un buon grip.
Iniziamo con i fusti: la cassa
Attualmente utilizzo 2 casse 22”x18” che, dopo tanti anni di esperimenti vari, penso sia il setup che fa per me, sia come risposta del battente che come corposità e punta del suono. Ho usato delle 24”x18” Tama, una 26”x20” DW, altre 22”x18” in passato e ho usato una 20”x16” quando ho iniziato, ma la 22”x18” è quella con cui mi trovo meglio in assoluto. Uso il doppio pedale su una sola cassa, la seconda è solo per questioni estetiche: ho usato per anni la doppia cassa con due pedali singoli, ma attualmente, anche per velocizzare situazioni di cambio palco con poco tempo per curare i suoni, mi trovo bene con il doppio pedale su una cassa sola.
Continuiamo con Tom e Timpani
Mi piace il suono profondo dei timpani grossi quindi ho un 18”x16” a sinistra e un 16”x16” a destra. Ho avuto in passato una gong drum DW che era molto bella da vedere ma era molto scomoda da usare e trasportare dal vivo quindi l’ho eliminata. Come rack tom con i Rain uso generalmente un tom centrale da 13” che ha un suono molto profondo, con altri progetti come Blue Hour Ghosts uso un 10” e un 12” per avere una scala tonale più completa, diverse volte utilizzo il classico trittico 10” 12” 13”, ma il setup varia a seconda anche dei periodi e dell’umore: i batteristi lo sanno c’è il periodo che vuoi un tom e basta, il periodo che vai in fissa con le rullate e vuoi tutto il possibile! Per me è così, ho periodi dove sento il bisogno di essere essenziale e periodi in cui voglio avere un set il più esteso possibile.
Finiamo di parlare di fusti con il rullante
Ho diversi rullanti, un Pearl in acero, un Dixon in betulla, un altro Pearl in acciaio, un Ludwig Supraphonic, tutti da 14”. In passato ho avuto anche rullanti da 13”, un rullantino molto sottile che usavo per alcuni effetti, tenendolo scordato, un po’ come un timbale. Il mio rullante principale è un Ludwig Supraphonic in acciaio, ottimo sia dal vivo che in studio; adesso che tengo il timpano a sinistra, tengo fisso il Ludwig in acciaio che penso sia il miglior rullante che abbia mai provato. In passato ho provato rullanti in bronzo, in ottone e in rame, ma quello che mi piace del Ludwig è che è un rullante che suona grosso ma con il timbro della nota tipico dei rullanti in acciaio, ha una grande sensibilità, potenza e versatilità; tra l’altro è uno di quei rullanti che non ti mollano mai, l’ho preso vent’anni fa che era già vecchio, ed è ancora li!
Passiamo adesso ai piatti…
Io sono un grande fan da tanti anni di piatti Zidjian che ritengo abbiano il suono più adatto al mio modo di suonare e al mio gusto. Alterno un hihat da 14” new beat, della serie A, con un hihat da 15” Mastersound della serie A Custom. Come ride alterno un 22” molto duro e con un ping molto pronunciato della serie Z3 e un 21” della serie A che è un ride da usare in modo più arioso più aperto quasi in modo crashy; come china ho un A custom da 20” e un Oriental china trash da 18” che uso a destra e sinistra; crash ne ho diversi, un 17”, un 18” e un 20” della serie Z3, e due 19” della serie A Heavy, che ha sostituito appunto la Z3 che non è più in produzione: sono piatti molto potenti ma che hanno una bellissima nota e sono abbastanza dinamici pur restando piatti di diametro e peso importanti. La cosa importante nei piatti secondo me è la dinamica, da come ti risponde quando lo suoni piano piuttosto che forte, l’attacco, il corpo del piatto, la nota timbrica che ottieni, che è quello che distingue i piatti di alta gamma da quelli di medio livello, in cui manca proprio quella nota centrale, quella tonalità completa calda, che per me è irrinunciabile.
Argomento pedali: cosa ci puoi raccontare?
Ho due doppi pedali, un classico Tama Iron cobra, che utilizzo come spare, per ogni esigenza particolare; il mio pedale principale è invece un Pearl Eliminator Redline. Di pedali ce ne sono di tantissimi tipi e non è detto che, ad esempio, il DW9000, uno dei pedali di riferimento, sia quello che fa per te: magari ti trovi meglio con un pedale che costa un terzo… Non ci sono scorciatoie, un pedale va provato, va suonato, vanno provati vari settaggi a livello di inclinazione del battente, risposta, ritorno quindi dipende da tante cose: io mi trovo benissimo con il Redline, tra l’altro ha il pedale di sinistra dotato di clamp che si aggancia alla seconda cassa e quindi non ho quel problema che a volte capita ai doppi pedali quando usi una cassa sola in cui il sinistro si muove inspiegabilmente anche se i puntali sono regolati bene, ma te lo trovi più avanti o più inclinato.
Negli ultimi anni ci sono state innovazioni importanti, nel mondo della batteria?
Non mi intendo molto di elettronica applicata alla batteria, non avendo mai avuto la necessità di approfondire la cosa. Solo per un breve periodo ad inizio anni 2000 avevo integrato nel mio set acustico un pad elettronico per la cassa e un pad che fungeva da rullante, ma nulla di più. Sono molto incuriosito dai drum pads multipli commercializzati da Roland, Alesis e altri…non appena avrò la possibilità senza dubbio ne esplorerò le potenzialità e valuterò se inserirli nel mio set
A livello di batteria e ci sono tantissime piccole novità interessanti: adesso sto usando dei piccoli supporti per piatto con dei cuscinetti a sfera di una ditta americana che si chiama Spinball, che ti permettono di far ruotare il piatto praticamente all’infinito: visivamente è molto bello, ha anche dei risvolti a livello di groove, perché se usi un piatto con una superficie molto ruvida, puoi, tenendo premuta la bacchetta mentre gira il piatto, dare una “strisciata” e far sentire questa specie di scratch che inserisci nel tuo groove. Poi ci sono tanti piccoli accessori per stoppare le pelli piuttosto che i led intorno al tamburo che con l’impulso si illuminano… quasi tutte le innovazioni sono a livello estetico mentre a livello prettamente musicale vengono sempre sperimentati nuovi legni e nuove combinazioni di fusti, ma questi ultimi sono argomenti che non mi interessano più di tanto.
Come vedi il processo di digitalizzazione che sta investendo la musica, ormai da tanti anni? Quanto è impattante sulla batteria? Penso ad esempio agli ormai sempre più diffusi silent stage, che non sono proprio congeniali per tutti…
Con i Rain suoniamo un po’ alla vecchia maniera, classiche spie acustiche (ad eccezione del cantante), testata cassa e via; con i Blue Hour Ghosts invece abbiamo un sistema rack e ho la spia in ear dove sento tutto, sento il click e ho la possibilità di gestirmi in autonomia, con un mixaggio personalizzato, tutto quello che voglio sentire. Ma siamo in un campo molto soggettivo, c’è chi si trova bene in un modo e chi in un altro, e ogni diverso modo ha i suoi benefici, sarebbe una domanda interessante da porre a un tecnico del suono…personalmente la possibilità di potere gestire tutti gli strumenti da un piccolo mixer durante il concerto mi piace molto, d’altronde il batterista è quello che beneficia meno dei lati positivi dei silent stages, dal momento che è sempre e comunque in mezzo al frastuono che lui stesso produce!
Relativamente all’uso dei trigger mi dichiaro indifferente…ho avuto ottimi suoni con il microfono e ottimi suoni con trigger, pessimi suoni con microfono e pessimi suoni con trigger (con ritorni di colpi indesiderati); penso dipenda dalla qualità di trigger e microfoni, dell’impianto, e dalla competenza dei tecnici che riprendono lo show.
Cosa ti senti di dire a chi ha iniziato a suonare la batteria, o pensa di iniziare a farlo?
Come prima cosa, cercare sempre di comportarsi nel modo più professionale, serio e preparato possibile, sia alle prove che in studio e in live. Cercate di mantenere sempre la voglia di ascoltare e di guardare i video di altri batteristi. Quando ho iniziato ho studiato prima al C.S.B.M. (dove sono passati tantissimi batteristi modenesi), e successivamente ho frequentato l’Accademia di Musica Moderna, dove mi sono diplomato: ai tempi ti formavi sullo strumento andando a scuola e studiando, al massimo circolavano VHS didattici o metodi cartacei: oggi ci sono delle community davvero molto valide, dove si può studiare e approfondire online con insegnanti di tutto il mondo (penso ad esempio a Drumeo), anche se la lezione frontale con un insegnante dal vivo resta secondo me sempre la situazione migliore dove imparare, soprattutto all’inizio. Cercate di avere un approccio “curioso” verso lo strumento sia a livello tecnico che a livello didattico, non smettete mai di suonare, fossero anche solo 5 minuti al giorno su un cuscino del divano perché mantiene viva la mente e la passione. Il batterista ha bisogno di una band secondo me, più degli altri strumentisti. Io studio su una batteria muta nel mio garage oppure in sala prove, ma suonare con la band è un’altra cosa! Quando posso cerco sempre di studiare da riguardare anche i video di altri batteristi, di cercare di imparare cose nuove: non smettete mai di guardarvi intorno, di osservare chi ne sa più di voi e di rimanere umili.