Un concept cromatico per i Syne (ex Synesthesia), e-rock band di Milano, alla prova del mercato con “Croma“.
Un album dove ogni singolo colore evidenziato nei titoli delle tracce è bensì uno stato d’animo, una condizione mentale più che fisica.
Lo stile di cui si è appropriata la band è un e-rock, vale a dire un genere che dosa elettronica, prog e rock.
Ormai le band moderne ci hanno abituato alle sperimentazioni. C’è chi fallisce miseramente nel mash-up, chi unisce ingredienti a caso e pretende di essere chiamato comunque “chef” perchè ha avuto coraggio…
Certo, ci vuole coraggio quando si sperimenta, ma ci vuole anche intelligenza nel capire se il piatto così concepito possa funzionare oppure no.
Nel caso dei Syne ci troviamo dinanzi ad una band che ha coraggiosamente sperimentato. E lo ha fatto anche con intelligenza, facendo in modo che nessuna delle componenti del proprio e-rock prenda il sopravvento rispetto ad un’altra, dando così a “Croma” un’impronta omogenea.
La linearità è però contaminata dalla decisione di non offrire un disco monolingua. I Syne infatti confezionano i primi brani in italiano ed i restanti in inglese, anche se l’impressione è quella che la lingua madre sia quella in cui Marcello Grilli (voce) si esprima meglio.
L’album si apre con “VerdeMente”, brano piacevole e dalle sfumature un po’ old (italian) school: l’utilizzo del synth incornicia un sound moderno ma allo stesso tempo dai richiami psichedelici anni 80.
“I sogni son desideri ed i desideri sono incubi”… canta Marcello in “Sono Rosso”.
In “B.L.U.” i motivi si fanno più agressivi e sottolineo, in questo come negli altri brani, il lavoro alla batteria e alle pecussioni di Guglielmo Valenti: i ritmi sapienti e veloci di cassa e tom conferiscono profondità ai pezzi, regalando atmosfere quasi dark progressive.
Dopo la strumentale “Birds” i Syne si concedono alla lingua inglese: in “Aerie”, un brano di libertà che strizza l’occhio all’electro rock; prima ancora c’è “Witches”, brano che segna una melodia proprio da danza delle streghe.
Ed infine menzionerei “Yellow” (e non “Giallo”… proprio perchè è cantato in inglese): forse il pezzo più spinto dal punto di vista delle caratteristiche strumentali che ha però la pecca di durare troppo poco.
In effetti l’intero “Croma” non brilla per lunghezza, nonostante si menzioni il genere prog che, normalmente, concede agli artisti gli spunti giusti per allungare il brodo.
I Syne sono concisi, sintetici, forse un po’ troppo schematici. Il consiglio è quello di credere nelle proprie potenzialità per il futuro.