Come una macchina da guerra ben rodata, i The Juliet Massacre tornano a mietere vittime con il loro secondo full length “Human Abuse”, successore del già promettente “Pray For An Afterlife”.
Possiamo inquadrare il genere proposto dalla band abruzzese nel filone Death Metal brutale con sfumature core decisamente velate, a favore di un’ossatura che fa dell’assalto violento, scatenato a suon riff di tecnici e dalla melodia ansiogena, il trademark ed il perno intorno al quale ruota il songwriting. Da rimarcare la presenza di due cantanti, Antonio ed Alessandro, che giocano entrambi un ruolo da protagonista, debitamente supportati dalle chitarre di Claudio e Sabatino, oltre che dalla sezione ritmica costituita dal basso di Luchino e dal drumming possente di Andrea.
Il sound dei nostri nel corso degli anni ha subito un progressivo imbastardimento, incrementando velocità e brutalità, elementi che si traducono in intransigenza ed assenza totale di compromessi nei confronti di quelle che potrebbero essere le mode del momento. Dal discorso introduttivo dell’opener e title track “Human Abuse”, i The Juliet Massacre iniziano subito a pestare sull’acceleratore e l’irruzione di “Earth Annihilation” ne è la prova lampante. Scuola americana ed europea del Death Metal fanno parte delle influenze della band, con nomi che spaziano dai Dying Fetus ai Decapitated, soprattutto nel riffing articolato, passando per Job For A Cowboy nelle parti più rallentate e cadenzate.
In “Chocking The Las Breath” troviamo il primo ospite dell’album, ovvero Alessandro Falà dei Sawthis, il quale si inserisce in un contesto vagamente melodico, seppur circondato dal growling dei colleghi di microfono. “The Tragedy Of The Guns” vede invece la partecipazione di Julien Truchan dei Benighted, il quale si unisce ai sei ragazzi per dar vita all’ennesimo viaggio all’inferno. L’ultima guest appearance è di Radim degli Spasm in “Slam Against The Injustice”, brano che precede la conclusiva “Gli Anni Di Piombo”, con liriche cantate in italiano…una vera e propria bomba anche in lingua madre. Soprattutto in questa traccia vengono messe in risalto le doti dei musicisti in questione, essendo essa costituita da lunghe parti strumentali che denotano una maniacale cura dei particolari.
“Human Abuse” è un album autoprodotto, ma che non ha nulla da invidiare ad altre produzioni appartenenti allo stesso filone. Bisogna per questo esaltare l’impegno che i nostri hanno profuso per dar vita ad undici tracce violente e destabilizzanti, che denotano un grande affiatamento e le idee ben chiare su quello che è il sound della band. L’efferatezza sprigionata da ogni singola nota fa sì che gli amanti del genere non possano non apprezzare questo disco, che consigliamo vivamente a chi mangia pane e brutalità ogni giorno. Defend Pig squeals!