The End is Near, questo è il titolo scelto dagli Slayer per annunciare al mondo che la loro carriera si avvia verso la fine. La notizia impazza sui social e crea sconforto e nostalgia, giustamente aggiungerei. Ma in pochi avvertono la sensazione di “fulmine a ciel sereno” perché c’era da aspettarselo prima o poi.
Ci sono cantanti e band nettamente più longeve, gente che fa ancora la sua “porca figura” dal vivo e cantanti che ormai dimenticano persino i testi. Perché allora questa decisione? Perché non continuare visto che gli Slayer potrebbero ancora dare tanto? Semplice: perché sono gli Slayer e quel nome è una garanzia, quel nome vuol dire tutto.
Che vuol dire Slayer?
In primis: essere la band più estrema del mondo. Il male assoluto fatto musica, prima ancora che qualcuno iniziasse ad imbiancare la sua faccia per sembrare più truce! Angel of Death ha squarciato tutto, ha rotto qualsiasi equilibrio, ha frantumato tutto quello che di estremo c’era prima: l’urlo di Araya ha ricordato al mondo intero che l’essenza primordiale del metal è minimale e animale. E poi negli anni un percorso umano e musicale unico, poca vita mondana, dichiarazioni alla stampa sempre lucide e corrosive come l’acido. Gli omaggi al punk/hardcore, la violenza sonora sempre e comunque. Le provocazioni, il sangue, i tatuaggi, satana e svastiche. Sempre da capostipiti, sempre da leader. Impossibile immaginare una band del genere sul palco a 70 anni. Lo abbiamo sempre saputo questo. Lo abbiamo iniziato a percepire 10 anni fa quando Araya iniziò ad avere i primi problemi alla schiena (vederlo dal vivo è pur sempre una goduria, la voce non è più potente come una volta ma è sempre maligna ed efficace); abbiamo iniziato a pensarlo seriamente 5 anni fa quando Jeff Hanneman ci ha prematuramente abbandonato. Superare lo shock di perdere un fratello non è cosa da niente ma loro hanno continuato, imperterriti. Un monumento andrebbe fatto a Gary Holt per la sua dedizione e determinazione, sostituire Jeff non era facile. Tuttavia la sensazione era quella: una band del genere non può arrancare, non ci si può aspettare l’inerzia; “il male non ha confini” quindi è giusto bruciare questa ultima tappa perché l’unico confine che può avere il male degli Slayer è solo l’avanzare del tempo.
Slayer è il moniker che da sempre è sinonimo di violenza e coerenza. Quest’ultimo tour è il giusto commiato ad una carriera straordinaria. Ci lasceranno da leader indiscussi, si faranno accompagnare da band che nel corso dei decenni hanno sempre guardato dall’alto (che siano gli Anthrax o i Lamb of God) e, cosa più importante, hanno dato corpo e significato alla parola dignità. Eternamente, grazie!